La Consulta contro lo show dei pm "Ledono il principio di innocenza"

 di Angela Stella Il Riformista 14 maggio 2021

Ha esordito simpaticamente con «Io speriamo che me la cavo» il Presidente della Corte Costituzionale Giancarlo Coraggio che ieri, alla presenza del Capo dello Stato e delle più alte cariche, ha prima illustrato la Relazione sulla giurisprudenza costituzionale 2020 e poi si è concesso per  oltre 90 minuti alle domande dei giornalisti. Tantissimi i temi trattati, primo tra tutti la presunzione di innocenza: «non c'è dubbio che venga calpestato il principio della presunzione di non colpevolezza» quando un indagato viene presentato come già condannato durante le conferenza stampa delle Procure. «Quindi era ora che fosse recepita la normativa europea sulla presunzione di innocenza che farà dell'Italia un Paese civile. La gogna, soprattutto mediatica, di chi è sottoposto ad indagine, di chi vede distrutta la propria vita  - tra l'altro da un processo che gli dura mezza vita - è inaccettabile. Io mi auguro, e voglio essere ottimista, che in questa riforma della giustizia si tenga conto di tutto questo: se possibile si fermino i processi inutili fin dall'inizio perché, come dicono i processualisti, è il processo la prima pena. Auspico che si crei un clima ed una cultura  - non sempre tanto diffusa - della presunzione di innocenza effettiva e reale». Sull'ergastolo ostativo, «la Corte ha fatto lo sforzo di  bilanciare i valori in gioco: garantire la conservazione dell'istituto della collaborazione che è fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, ma insieme affermare l'improcrastinabile necessità di prevedere un fine pena anche per l'ergastolo. È un dovere per la Corte, per il Parlamento, per la politica e la società italiana. Non avrebbe senso essere rieducati e rimanere in carcere fino alla morte. L'intervento è di sistema sull'ergastolo e l'intervento del legislatore è fondamentale». E ha però precisato: «attenzione a parlare di lesione dei diritti: gli ergastolani che si trovano in questa situazione, in questo momento di passaggio non sono ancora titolari di un diritto perché le condizioni per la maturazione di una pronuncia immediata di costituzionalità non ci sono ancora. Bisogna attendere una pronuncia definitiva, la rielaborazione di tutto il sistema. Nel frattempo la gestione non può che essere affidata alla saggezza dei giudici [di sorveglianza] se e quando gli arriveranno domande di liberazione condizionale: vedremo come reagiranno. Mai come ora io ho fiducia nei giudici. Forse potrebbero anche sollevare di nuovo questioni di costituzionalità o potrebbero attendere una decisione che non può essere rimandata». Sulla questione carceraria in generale il Presidente ha rilevato nel sovraffollamento la maggiore criticità: «Sono convinto che malgrado la durezza del carcere, malgrado la durezza del 41bis, i limiti dello Stato di diritto sono comunque rispettati. Lo Stato di diritto non resta fuori dal carcere, il cui vero e grosso problema è l'elevato numero dei detenuti rispetto alle disponibilità». In merito agli ex terroristi italiani attualmente in Francia ma sui quali l'Italia ha ottenuto il nulla osta all'estrazione, il presidente Coraggio da un lato ha ribadito la giustezza del rientro nel nostro Paese per scontare la pena: «non si può istituzionalizzare il diritto alla fuga e di sottrarsi alla pena che è stata irrogata in un processo giusto e corretto condotto da giudici indipendenti. Questi signori devono essere soggetti ai principi della nostra Costituzione che non è ispirata alla vendetta, ma alla rieducazione». Dall'altro lato però ha aggiunto: «credo che i procedimenti e i giudici che abbiamo in Italia hanno sufficiente spirito di senso della Costituzione da permettere un trattamento corretto di costoro», aprendo eventualmente a forme anche di semilibertà qualora la persona sia cambiata e se la pericolosità siano venuta meno. Nel corso della conferenza stampa il Presidente Coraggio ha risposto anche a due nostre  domande. Gli abbiamo chiesto un parere sulla parte del libro di Palamara e Sallusti in cui si legge che gli «assistenti di studio dei giudici della Corte Costituzionale [...] sono magistrati ordinari, nominati dalle correnti del Csm, che influenzano in maniera determinante le sentenze della Consulta». Il presidente si è detto «sconcertato» per quanto letto e ha aggiunto: «mi verrebbe voglia di chiamare qui Giorgio Lattanzi a rispondere per le rime a Palamara. Non riesco a capire come si possa pensare che un giudice come Lattanzi, o altri giudici costituzionali, si possa far imporre il proprio assistente dal Csm. È impensabile che qualcuno possa farsi imporre un assistente che non è vicino al giudice dal punto di vista culturale ed etico. E poi quelli che vengono dalla magistratura ordinaria sono circa la metà. Quindi trovo questa accusa assolutamente infondata. Ho letto anche io quel libro: sono rimasto sconcertato per quanto detto sul nostro ruolo e sconvolto per il resto: vedere coinvolti in questa melma colleghi e amici magistrati seri che so quanto hanno impegnato la loro vita nell'attività giurisdizionale». Gli abbiamo anche chiesto se ritenga la Corte un organo giurisdizionale neutro o anche in parte politico: « c'è un ruolo politico della Corte Costituzionale, non però nel senso che ci lasciamo condizionare dalla politica o dalla ideologia. La politica viene inevitabilmente fuori nel momento in cui facciamo le ponderazioni, specialmente quando dobbiamo sostituirci al Legislatore inadempiente. La nostra componente politica a differenza di quella pura deve rispondere ad alcuni principi fondamentali e inderogabili per qualsiasi giudice: ragionevolezza, razionalità, proporzionalità». 

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