Avvocato aspetta di parlare in aula ma trova la sentenza già scritta

 di Angela Stella Il Riformista 25 maggio 2021

«Quello che è successo è una umiliazione per il ruolo che noi avvocati ricopriamo: a che serve esercitare il diritto di difesa se le sentenze vengono scritte prime che noi possiamo discutere in aula?»: è questo lo sfogo che l'avvocato Gerardo Rocco di Torrepadula ci offre nel raccontare quanto accaduto qualche giorno fa. È il 19 maggio, udienza dinanzi alla IV sezione penale della Corte di Appello di Napoli; l'avvocato assiste per la prima volta un imprenditore, già condannato per aver riprodotto cover di telefoni recanti marchi registrati contraffatti: «se in primo grado il difensore d'ufficio aveva prestato il consenso ad acquisire tutti gli atti del pm, in appello avevamo tutti gli elementi tesi a dimostrare l'innocenza del mio assistito. Pertanto mi accingevo a discutere, presentando una memoria difensiva a sostegno della richiesta di rinnovazione di istruzione dibattimentale». Prima della trattazione dell'udienza, mentre la Corte si ritirava in camera di consiglio per la decisione di altro procedimento, l'avvocato chiedeva al cancelliere di accedere al fascicolo processuale: «con sorpresa vi trovavo appoggiata sulla copertina la sentenza - alla quale mancavano le firme - che la Corte avrebbe dovuto emettere all'esito dell'udienza ancora da celebrare. Si trattava di un atto completo di sigillo dello Stato, intestazione "In nome del popolo italiano", delle probabili conclusioni del p.g., della motivazione in ordine ai motivi di appello; del dispositivo di conferma dell'impugnata sentenza; dell'indicazione del termine di deposito per il notevole carico di lavoro gravante sull'ufficio».  L'avvocato segnalava l'accaduto al momento della trattazione del processo al Presidente che «comprensibilmente incredulo, chiedeva dove si trovasse tale scritto, che non rinveniva nel fascicolo. Ho dovuto evidenziare che lo scritto, in quel momento, si trovava tra le mani del Consigliere Relatore, la quale asseriva trattarsi di un proprio appunto personale, riconoscendone la paternità». Ma un altro aspetto che ha sconcertato l'avvocato è che « a fronte della mia richiesta alla Corte di doversi astenere, il rappresentante della Procura Generale ha chiesto il rigetto della richiesta difensiva senza neppure aver visionato lo scritto, affermando, con ostentata sicurezza, che si trattava di mero appunto personale. Per converso, la Corte, pur non ritenendo opportuno di doversi astenere, ha accolto la mia richiesta di rinvio - posticipando la trattazione del processo in attesa che si decida sulla mia domanda di ricusazione - ed il Presidente, con singolare scrupolo, ha disposto l'allegazione al verbale di udienza della sentenza non firmata». Se da un lato l'avvocato Rocco di Torrepadula ha avuto il sostegno della Camera Penale di Napoli che non solo, allertata subito di quanto accaduto, ha presenziato in udienza grazie al tesoriere Errico Frojo ma ha anche proclamato un giorno di astensione, dall'altro lato la giunta distrettuale dell'Anm, con il presidente De Chiara, è stata invece molto critica: «Bisogna fare molta attenzione a parlare di verdetto anticipato, perché degli appunti sui fatti di causa riportati in un foglio recante l’intestazione dell’organo giudicante, ma non firmato e privo dei segni che conferiscano ad esso il crisma dell’ufficialità, non possono essere mai e poi mai scambiati per una sentenza, ma restano dei semplici appunti privi di qualsiasi valore giuridico». Inoltre l'avvocato è stato accusato di aver messo mano in un fascicolo personale del giudice. Replica così: «la posizione dell'ANM è ancora più imbarazzante dell'accaduto, in quanto De Chiara, non presente ai fatti, afferma circostanze smentite dalla verbalizzazione dell'udienza e agli atti depositati con la dichiarazione di ricusazione. Quelli che sono stati definiti semplici 'appunti' in un fascicoletto personale era una sentenza di cinque pagine - carente delle firme - trovata appoggiata sul fascicolo processuale, e che il Presidente ha fatto correttamente allegare al verbale di udienza. Inoltre, il codice di procedura penale non prevede la figura del fascicoletto personale e comunque non si può utilizzare il sigillo dello Stato per appunti personali. Dunque, come si fa a dire che non si trattava di un verdetto anticipato? Era una sentenza che esauriva integralmente l'iter logico, valutativo e decisionale in merito al gravame proposto; mancavano solo le firme. Come si fa a non comprendere la gravità della situazione per cui un giudizio possa essere deciso - con tanto di motivazione - prima ancora che il difensore possa articolare le proprie argomentazioni ovvero addurre nuovi elementi probatori? Sarebbe bastato ammettere un errore, anzichè inventare narrazioni poco aderenti alla realtà».

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