Ergastolo: il 'trucco' 5 stelle per beffare la consulta

 di Angela Stella Il Riformista 19 maggio 2021

«Una nuova legge contro le mafie» è il titolo della conferenza stampa di ieri durante la quale il Movimento 5 Stelle ha illustrato la proposta di legge sul «Nuovo ergastolo ostativo». Sono intervenuti Eugenio Saitta, capogruppo M5S in commissione Giustizia della Camera, Vittorio Ferraresi, deputato, già sottosegretario alla Giustizia,  Marco Pellegrini, senatore della commissione Antimafia. Le parole scelte sono importanti, segnano la strada che si vuole intraprendere: se la Corte Costituzionale con il comunicato del 15 aprile scriveva che l' «ergastolo ostativo è incompatibile con la Costituzione», il Movimento 5 Stelle con la sua proposta apre appunto ad un «nuovo ergastolo ostativo» perché fissa paletti stringenti per la concessione dei benefici: sia per quanto concerne la liberazione condizionale sia in merito ai permessi premio. Il leitmotiv lo ha spiegato  Ferraresi: « presentiamo la nostra proposta per il contrasto alle mafie nel giorno del compleanno di Falcone.  Lo ricordiamo soprattutto per le sue idee che hanno dato vita, insieme a quelle di altri grandi uomini, ad un sistema di contrasto alle mafie quanto mai attuale nel nostro panorama, ma che è stato in questi anni indebolito.  Quindi noi e il Parlamento abbiamo il dovere di intervenire, nel solco di quanto stabilito dalla Corte, nel dare una risposta celere, forte e concreta di contrasto alle mafie. Sono sicuro che ci sarà unità di intenti con le altre forze politiche. Non voglio pensare che si faccia alcun tipo di barricata su questo tema che è urgente affrontare». Nessun riferimento alla speranza, alla rieducazione che verrebbe vanificata se l'ergastolo restasse un fine pena mai, come ha ribadito il Presidente della Consulta Giancarlo Coraggio nella conferenza stampa di qualche giorno fa: «Non avrebbe senso essere rieducati e rimanere in carcere fino alla morte». Ma vediamo nel dettaglio le tre proposte. La prima prevede che i benefici potranno essere concessi qualora il detenuto «dimostri l’integrale adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato o la assoluta impossibilità di tale adempimento, e fornisca elementi concreti, ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione al percorso rieducativo, che consentono di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, e, comunque, con il contesto in cui il reato è stato commesso, nonché di escludere il pericolo di ripristino di tali collegamenti, tenendo conto delle circostanze personali ed ambientali». Per Ferraresi «non basteranno una dichiarazione o la valutazione della buona condotta o il percorso rieducativo». E ciò varrà anche per il risarcimento dei danni alle vittime, che necessiterà di una prova 'rinforzata' per quanto concerne la disponibilità e la provenienza delle risorse. In sintesi, per Ferraresi «sarà più difficile concedere i benefici penitenziari ai condannati per gravi reati ma sarà anche più facile il controllo e l’eventuale revoca una volta concessi.  La prova diventerà più dura, il controllo diventerà più duro e i paletti valutati dal magistrato più stringenti». La seconda proposta prevede che la magistratura di sorveglianza, prima di decidere, dovrà chiedere un parere non vincolante alle DDA e al Procuratore nazionale antimafia. In ultimo si prevede una delega al Governo per accentrare tutte le decisioni presso il Tribunale di Sorveglianza di Roma, «con una sezione dedicata e un contestuale adeguamento della pianta organica», considerato che lì già convergono tutte le istanze relative ai 41bis. La sezione dovrà decidere collegialmente e con la partecipazione del procuratore nazionale antimafia e del procuratore presso il tribunale del capoluogo del distretto dove è stata emessa la sentenza, entrambi competenti per l’eventuale ricorso per Cassazione. Per Pellegrini si tratta di «un disegno di legge equilibrato», in grado sia di rispondere alle questioni sollevate dalla Consulta sia alle «legittime istanze dei detenuti» e sarebbe « felice se la Ministra Cartabia sottoscrivesse la nostra proposta, se così non fosse useremo argomenti più ficcanti per convincerla della sua bontà. Ma comunque si dovrà esprimere il parlamento».  Per il dottor Marcello Bortolato, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, invece «è un ulteriore atto di sfiducia nei confronti della magistratura di sorveglianza che non viene ritenuta affidabile. È davvero incomprensibile che vengano esautorati tutti i magistrati che non appartengono al Tribunale di Sorveglianza di Roma. Si stravolge così un principio fondamentale dell'ordinamento penitenziario  - art. 70, comma 6 - che esige che sia a decidere della sorte esecutiva del detenuto sempre e solo il magistrato di sorveglianza sotto la cui giurisdizione lo stesso è posto. Cosa può sapere il Tribunale di Sorveglianza di Roma del percorso trattamentale del detenuto che sta ad esempio ad Udine? È una totale alterazione della giurisdizione di prossimità che è il fondamento di quella rieducativa». Come ha spiegato l'onorevole Saitta alla base ci sarebbe il fatto che sulla magistratura di sorveglianza potrebbero verificarsi «pericoli di condizionamento e pressioni  da parte di detenuti condannati per reati gravissimi». Replica Bortolato: « questo vale allora anche per i giudici della cognizione; per lo stesso motivo si dovrebbero accentrare sull'ufficio Gip del Tribunale di Roma tutte le richieste di misure cautelari nei confronti dei mafiosi. Le stesse preoccupazioni dovrebbero valere altresì anche per il giudice di primo grado che emette la condanna». 

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