Presunto pestaggio dei poliziotti: si faccia appello

 di Valentina Stella Il Dubbio 18 maggio 2021

« Il Sig. Torre Paolo Rino è stato vittima di gravissimi episodi di abusi e violenze perpetrati ai suoi danni da membri della Polizia di Stato, a fronte dei quali ha dovuto battersi con resilienza e determinazione, poiché, oltre ad essere stato vittima di un vile pestaggio mentre si trovava ingiustamente in stato di fermo presso il Commissariato di Acireale, lo stesso ha dovuto difendersi dalla falsa e calunniosa accusa di aver minacciato, insultato, opposto resistenza e sinanco aggredito un agente della Polizia di Stato»: inizia così la lettera che l'avvocato Giuseppe Lipera, legale di Torre, ha inviato a Roberto Saieva, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania, e per quanto di competenza a Giovanni Salvi, Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione e al Ministero della Giustizia Marta Cartabia per chiedere che la Procura generale non rinunci all'Appello. Ma facciamo un passo indietro: «tutto ha inizio nella sera del 18 febbraio 2012 ad Acireale, quando Rosario Rapisarda, allora Agente Scelto della Polizia di Stato, in servizio presso la Sottosezione della Polizia Stradale  di Courmayer si recava presso il bar di cui Torre è titolare, in compagnia di alcuni suoi amici e presso il quale Rapisarda, per futili motivi (un prodotto da banco fatto pagare per puro 20 centesimi di euro in più del dovuto), inscenava una assurda ed inspiegabile pantomima, pretendendo chissà quale spiegazione dai gestori del locale, contattando persino la Guardia di Finanza per denunciare chissà quale illecito e spingendosi sinanco a contattare dei colleghi della stazione di Acireale riferendo di essere stato oltraggiato, minacciato e persino fisicamente aggredito da Torre». Tutto è stato ripreso da una telecamera del bar e mandato in onda anche durante una puntata di Chi l'ha visto su Rai 3. Ma continuiamo il racconto, così come descritto dall'avvocato Lipera: « Sebbene il Torre fosse stato ingiustamente e falsamente accusato dal Rapisarda, i colleghi poliziotti di Acireale decidevano, senza se e senza ma, di trascinarlo via dal suo locale e di condurlo presso il Commissariato di Acireale, ove veniva trattenuto per più di un’ora, fino a quando due agenti spazientiti decidevano di picchiarlo brutalmente con pugni e calci - successivamente identificati negli agenti Giovanni Brischetto e Aurelio Paratore – perché lo ritenevano responsabile di aver offeso ed aggredito “u picciriddu”, riferendosi al Rapisarda, ragazzo che avevano visto crescere perché figlio di un collega. La furia dei due agenti si interrompeva bruscamente solo perché il Torre, nell’intento di discolparsi dalla falsa accusa e di far cessare il folle pestaggio, riferiva che nel proprio locale era installato un sistema di videosorveglianza e che avrebbero potuto appurare con i loro occhi che il Sig. Rapisarda non era stato vittima di violenza alcuna da parte del Torre». Se non ci fosse stata quella telecamera oggi Torre sarebbe rappresentato come un delinquente e l'agente di polizia come una vittima finita nelle grinfie del disonesto e violento barista. Invece al povero Torre, recatosi subito in ospedale, furono diagnosticate lesioni per 10 giorni di prognosi con proposta di ricovero. La fortunata circostanza della video ripresa ha permesso che, «a seguito di specifico esposto, il Dott. Salvatore Scalia, all’epoca Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Catania, disponesse l’avocazione delle indagini preliminari a carico del Rapisarda, e che revocasse, altresì, la richiesta di archiviazione proposta dalla Procura della Repubblica, ordinando ulteriori attività di indagine, ed acquisendo elementi sulla base dei quali fondare l’accusa in giudizio tanto a carico del Rapisarda  quanto degli agenti Brischetto e Paratore, a loro volta indagati per il reato di lesione ai danni del Torre». I procedimenti penali vengono riuniti in uno solo nel quale confluisce anche quello contro il barista e sua moglie per i reati di rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale e oltraggio a pubblico ufficiale. Il Tribunale di Catania, in composizione monocratica ha riconosciuto Rapisarda colpevole del reato di calunnia e falso ideologico e lo ha condannato alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione, oltre il risarcimento dei danni a favore di Torre, il quale, al contrario, unitamente alla moglie, è stato assolto dai reati a lui ascritti “perché il fatto non sussiste”. Invece gli altri due poliziotti sono stati assolti «poiché, malgrado i numerosi elementi positivi, riteneva non raggiunta la prova della loro responsabilità per le lesioni riportate dal Torre quella maledetta notte». La Procura Generale fa appello contro queste due assoluzioni. Ma il 12 febbraio 2021, durante la prima udienza dell'appello c'è un colpo di scena: il sostituto procuratore annuncia che nella udienza del 25 maggio avrebbe rinunciato all'appello. «Una rivelazione che ha dell’inconcepibile e dell’assurdo, la quale lascia sgomenti!» sostiene Lipera che aggiunge: « non può non lasciare interdetti una simile rivelazione, stante che proprio grazie all’intervento della Procura Generale  è oggi pendente il procedimento nel quale il Sig. TORRE (ormai assolto dai reati a lui ascritti) è solo persona offesa» e conclude: « non si può accettare che un onesto cittadino che per qualsiasi ragione si trovi in custodia a membri delle Forze dell’Ordine possa essere vittima di atti di violenza immotivati ed ingiustificati, ancor più se tali atti sono posti in essere per amore dei propri colleghi e/o propri interesse personali e non per ragioni di servizio». Per tutti questi motivi l'avvocato LIpera chiede che la Procura Generale insista nel gravame contro la sentenza di assoluzione di primo grado verso i due poliziotti. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue