Intervista ad Alfonso Sabella

 di Angela Stella Il Riformista 3 febbraio 2021

L'ex pm e ora giudice al Tribunale di Napoli, Alfonso Sabella, è uno dei tanti (troppi) che hanno pagato la non appartenenza alle correnti, e hanno visto la loro carriera rallentata perché non ha voluto mai alzare il telefono per chiedere a qualcuno un favore. Sul Sistema Palamara avverte: «non fermiamoci alle chat di Unicost, la magistratura indaghi anche su quelle di Mi e Area, troverà le stesse dinamiche»

Parola chiave dell'anno giudiziario: 'credibilità'. Solo operazione di facciata o secondo Lei la magistratura ha preso davvero coscienza che bisogna attuare una vera (auto)riforma?

Magari fosse così. La magistratura non credo che sia in grado di autoriformarsi da sola. Purtroppo il meccanismo delle nomine e delle correnti dell'Anm è un tipico modus operandi della magistratura che va avanti da troppo tempo. La questione è semplice: dalle chat di Luca Palamara  - di cui tutti eravamo a conoscenza e che ora tocchiamo con mano - è emerso il quadro di una magistratura associata che ha preso il controllo di un organo istituzionale, il Csm. O dobbiamo credere che le correnti dell'Anm siano realtà eversive e andrebbero sciolte con un decreto del Ministro dell'Interno oppure occorre interrompere questo circuito vizioso tra le correnti dell'Anm e il Consiglio Superiore della Magistratura per recuperare la funzione di assoluta garanzia di autonomia e indipendenza che deve avere il Csm. L'unico modo per invertire la rotta è un trattamento chemioterapico d'urto, ossia il sorteggio dei componenti del plenum. È una proposta di cui non sono un grande sostenitore ma che ritengo essere un male necessario per porre freno allo strapotere delle correnti. Ciò dovrebbe passare per una riforma costituzionale, per quello dicevo che la magistratura da sola non è in grado di riformarsi.

Ieri Alberto Cisterna su questo giornale poneva sul piatto proprio la possibilità che l'Anm debba autosciogliersi: lei quindi sarebbe favorevole?

Continuo a pensare che la condivisione di idee nella magistratura sia un valore aggiunto all'interno dell'esercizio della giurisdizione. Ammetto comunque di  non provare alcuna simpatia per l'Anm, quindi non mi straccerei le vesti se un giorno ciò accadesse. Il Paese può sopravvivere anche senza di lei. Il problema vero è un altro: mi rendo conto che la politica non vuole affrontare questo discorso e si gira dall'altra parte, tuttavia bisogna non dimenticare che le correnti dell'Anm si muovono fuori da qualunque regola, o norma di legge. E ciò non riguarda solo l'Anm ma anche i partiti politici e i sindacati, appunto come l'Anm. Si tratta di soggetti che determinano il presente e il futuro del Paese ma lo fanno come associazioni private non riconosciute: è tempo di emanare una legge che regolamenti il loro operato. Pensi lei che l'Anm non ha nemmeno una pec. Non sono tenuti a nessun tipo di obbligo. Però c'è una differenza fondamentale tra l'Anm e le altre organizzazione sindacali.

Quale?                       

Le organizzazioni sindacali non decidono né le politiche aziendali né chi deve stare ai vertici delle società. L'Anm invece si arroga questo potere e ciò ha creato il sistema denunciato da Palamara.

Lei intende i capi degli uffici giudiziari, i posti apicali?

Certamente. Se i sindacati non decidono chi deve essere al comando di quella che fu la Fiat, invece le correnti scelgono colui che diventerà il prossimo Primo Presidente della Corte di Cassazione o il futuro Procuratore generale. Il problema fondamentale su cui tutti devono aprire gli occhi, invece di voltarsi e far finta di niente come stanno facendo ora i vertici della magistratura italiana, è un altro: ultimamente si torna a parlare di criteri oggettivi per la nomina dei vertici degli uffici, ma bisogna considerare che oramai i pozzi sono avvelenati: chi ha avuto un incarico direttivo o semi direttivo con il sistema delle correnti oggi si trova 'oggettivamente' in una posizione di vantaggio rispetto a chi quell'incarico non lo ha avuto. Anche qui occorre dunque un trattamento chemioterapico: non dico di tornare alla rigida soluzione dell'anzianità ma almeno utilizzare un sistema oggettivo che tenga conto anche di come sono stati ottenuti determinati incarichi. E quindi si faccia piena chiarezza su quello che è emerso dalle carte di Palamara: abbiamo solo le chat di Unicost, ma vediamo anche quelle di Mi e di Area dove troveremmo le stesse identiche cose. Su questo ci metto la mano sul fuoco.

A proposito di questo, abbiamo aperto una serie di approfondimenti sulla valutazione professionale dei magistrati. L'Ucpi dice: siamo l'unico Paese dove le valutazioni sono al 99% positive.

È verissimo: se non commetti errori grossi, scatta automaticamente la promozione. Ma se non sei particolarmente gradito alla correnti la tua valutazione arriva dopo.

E ciò è quanto è accaduto a Lei.

La mia valutazione è stata l'ultima ad arrivare perché non ho mai alzato il telefono per chiedere favori, in quanto credo profondamente nell'etica del nostro ruolo e, come me, la maggior parte dei magistrati italiani.

Però è anche vero che come denuncia l'Ucpi a «prescindere da una valutazione di merito delle attività in concreto svolte dal singolo magistrato» la sua carriera progredisce.

Certo, perché la propria corrente proteggerà sempre quel magistrato. Io ci tengo a dire questo: non sono assolutamente contrario all'ingresso degli avvocati nei Consigli giudiziari: sentire l'opinione di chi vede l'operato della magistratura dall'esterno è importante. La dialettica professionale tra le varie parti del processo penale è fondamentale che si svolga con la massima serenità. Per questo è necessaria una riforma profonda del sistema giustizia, compresa quella amministrativa, contabile, tributaria.

Sempre ieri da questo giornale Tiziana Maiolo si è chiesta se le posizioni ideologiche di un magistrato possano influenzare l'esercizio della sua funzione. Qual è il suo parere?

 Il magistrato dovrebbe essere per Costituzione autonomo e indipendente. Molti miei colleghi purtroppo, e mi dispiace dirlo, hanno pensato che autonomia e indipendenza fossero un diritto e non un dovere. Io invece li ho sempre considerati come un dovere: qualunque idea politica io abbia, essa non può assolutamente condizionare il mio operato perché ho il dovere di presentarmi autonomo e indipendente dinanzi ai cittadini. Occorre pertanto un recupero etico della magistratura. A tal proposito voglio aggiungere una cosa che manca nel libro di Palamara.

Prego

Riguarda la formazione dei magistrati e la lottizzazione pure dei corsi di formazione. Io non ho le prove ma da quello che so c'è il corso in quota Mi, quello in quota Area, e quello in quota Unicost: è così che vengono formati i nuovi magistrati che decidono sulle vite dei cittadini. Così si fa un danno enorme alla giurisdizione, e non vorrei tirare il ballo Socrate e la corruzione dei giovani. Io sto notando una perdita di senso etico da parte dei nuovi magistrati: persone preparatissime ma prive di afflato etico, del rispetto del principi della giurisdizione, che nessuno ha insegnato loro. Spero di sbagliarmi.

Quindi secondo Lei la priorità è la carriera più che il rispetto dello Stato di Diritto?

Certo, è questo avviene perché vengono cooptati fin da subito. Il meccanismo non lo ha inventato di certo Luca Palamara. Accadde anche a me tanti anni fa, nel 1989, quando ero uditore giudiziario. Il mio coordinatore, elemento di spicco di Mi, la prima cosa che fece è invitare me e gli altri tirocinanti in un convegno a Taormina. L'incontro era finanziato non si sa da chi in due hotel di lusso sul mare, ci fu anche un concerto in un altro prestigioso hotel, fuochi d'artificio a mare, caviale e champagne a pasto: qual era l'obiettivo? Portarci da Mi e con qualche collega ci sono riusciti. Ora forse il meccanismo è cambiato ma la ratio è quella.

Riguardo alcune dichiarazioni contenute nel libro di Palamara, alcuni suoi colleghi hanno invitato Giovanni Salvi e Giuseppe Cascini a smentire o a dimettersi. Che ne pensa?

Io non chiedo le dimissioni di nessuno ma chi esercita pubbliche funzioni ha il dovere di essere trasparente: se ci sono ombre vengano chiarite. E di ombre ce ne sono tante e su molti colleghi, e non mi riferisco solo a quelle che emergono dal libro di Palamara. La magistratura ha il dovere di scavare in tutte le chat.  

Molti suoi colleghi provano il suo stesso disagio, per così dire, ma non si espongono.

Perché il sistema vive ancora. Io sono stato spedito a Napoli da cinque anni, ma la mia famiglia vive a Roma e faccio il pendolare. Mi aveva allettato l'idea di fare domanda per la posizione di sostituto procuratore generale di Cassazione: ho preparato tutta la documentazione ma poi ho rinunciato perché ho capito, parlando con colleghi del Csm, che il sistema è rimasto tale e quale. Con ogni probabilità questi posti saranno oggetto di spartizione tra le correnti.

Il procuratore generale di Cassazione Salvi all'inaugurazione dell'anno giudiziario ha stigmatizzato la mediaticità di certe procure. Lei è d'accordo?

La questione è delicata ed il problema è stato affrontato nel peggior modo possibile dalla riforma che ha dato troppo potere al capo degli uffici. Il discorso non è la mediaticità del pm, io tra l'altro quando ero pm a Palermo non andavo in televisione. La domanda da farsi è: perché impedire ad un magistrato di rappresentare degli elementi che possono essere utili per la collettività? Per esempio è utile per il controllo democratico del suo operato sapere se un pm arresta solo persone di destra o di sinistra. Il problema è come lo si fa: se arriva un pm e presenta come colpevoli persone per le quali vale la presunzione di innocenza ha fatto un cattivo servizio al Paese.

Secondo Lei andrebbe abolita l'obbligatorietà dell'azione penale?

No, ma bisognerebbe fare uno scelta di fondo:l'azione penale andrebbe limitata solo a casi in cui è necessaria la sanzione penale. Noi viviamo in un Paese panpenalistico: occorre una depenalizzazione serissima.

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