«Sul processo in aula e sui diritti noi penalisti lotteremo sempre»

 di Valentina Stella Il Dubbio 9 dicembre 2020

Esaurita la tornata elettorale, il nuovo direttivo della Camera penale di Roma, istituita presso il Tribunale più grande d’Europa, è pronto a partire per affrontare le nuove sfide che attendono l’avvocatura in questo periodo di pandemia. «Siamo davanti - ci dice il neoeletto presidente Vincenzo Comi - a una esasperazione dei problemi organizzativi che già affliggevano gli uffici giudiziari della Capitale, detentrice già da tempo del triste primato negativo di efficienza e di durata dei processi». Però forse la criticità maggiore è quella prospettata dai decreto Ristori, che hanno preso di mira il giudizio di appello, prospettando un rito cartolare: «A Roma la camera di consiglio da remoto non è mai partita - precisa Comi -. Proprio la fermezza delle nostre convinzioni ha consentito alla Camera penale di Roma di ottenere, sotto la presidenza di Cesare Placanica, un protocollo con la Corte d’Appello che, “nel riconoscere le forti preoccupazioni che il rischio di una normativa emergenziale possa tradursi in una irreversibile lesione dei principi del giusto processo”, ha escluso ogni ipotesi di camera di consiglio da remoto nei processio


di secondo grado. Il protocollo è stato poi sottoscritto da tutte le Camere penali del nostro distretto e apprezzato dall’Unione nazionale, che lo ha proposto a tutte le altre Camere penali come modello da seguire». Però il problema, nel sistema giustizia complessivamente inteso, resta: «Non è possibile accettare che la camera di consiglio si svolga da remoto. Il relatore avrà verosimilmente il fascicolo, ma gli altri due componenti? Come faranno, ad esempio, a compulsare le trascrizioni delle udienze di primo grado che contengono le prove oggetto di critica nell’appello ? Praticamente», nota il presidente Comi, «si introduce il giudizio monocratico in appello in spregio al codice di rito vigente. Inoltre, chi controlla che non ci siano intrusioni in camera di consiglio? L’oralità è un principio a tutela delle garanzie dei cittadini e connaturato al processo accusatorio previsto all’articolo 111 della Costituzione».


C’è oltretutto il rischio che questa modalità si trasformi in una prassi, terminata l'emergenza: «Dobbiamo rivendicare con ogni strumento possibile il rispetto delle garanzie del giusto processo, adottando la linea della fermezza e dell’intransigenza dinanzi ai rischi di dematerializzazione del processo. La giustizia penale deve ripartire in aula, nell'interesse di tutti: solo tale ripartenza contrasterà la pericolosa deriva di un’idea populista che mira ad allontanare il difensore dal Tribunale e, quindi, dal processo». Ci congediamo dall’avvocato


Vincenzo Comi chiedendogli se la necessità da parte dell’avvocatura penalista di occuparsi di questi aspetti abbia fiaccato la capacità di condurre o riprendere altre battaglie, quali il blocco della prescrizione o la riforma penale: «Dall’inizio della pandemia l’impegno di noi penalisti è stato costante nel rivendicare i diritti fondamentali degli accusati. Nessun passo indietro rispetto alla tutela delle garanzie e nessun passo indietro rispetto a tutti i diritti degli accusati. Quindi ferma contrarietà alla riforma della prescrizione e a ogni legge liberticida, perché il giusto processo non può essere affievolito né oggi né mai. Stiamo lavorando, e ne sono testimonianza tutti i documenti che in questo periodo abbiamo realizzato come Camera penale, e che continueremo a produrre».


Domani la Camera penale sarà impegnata a eleggere il vicepresidente, il segretario e il tesoriere. E due di queste cariche potrebbero - secondo quanto risulta al Dubbio essere assunte da donne. Sarebbe la terza volta, dopo la presidenza di Cinzia Gauttieri e la vicepresidenza di Paola Rebecchi, che una donna ricopra un incarico di rilievo nella Camera penale capitolina.

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