"Inchieste di fantasia Ho combattutto Cosa nostra più di certa Antimafia"
di Angela Stella Il Riformista 12 dicembre 2020
«La Corte di Cassazione ha posto
termine alle esercitazioni di fantasia che l'ossessione persecutoria di alcuni
pm ha messo su carta sin dal 1991 in diversi processi nei quali sono stato
sempre assolto. Senza retorica, ma con l'emozione del momento, devo
sottolineare l'importanza e il valore di questa sentenza che ha riconfermato il
verdetto di primo grado e della Corte d'Appello, quest'ultimo presentato in
modo monumentale per precisione, profondità di tutti gli accertamenti e per motivazione»:
sono queste le prime parole dell'ex
ministro e leader della Democrazia Cristiana, Calogero Mannino, in merito alla sentenza di ieri della Cassazione che ha confermato
la sua assoluzione nel processo stralcio sulla cosiddetta trattativa
Stato-mafia.
Senatore Mannino, qual è la sua prima riflessione dopo questa ennesima assoluzione?
«Non ci sarebbe bisogno del mio
commento perché la requisitoria della Procura generale della Cassazione,
demolendo anche con qualche ironia il ricorso della Procura generale di
Palermo, ha chiesto esplicitamente la riconferma delle sentenze di assoluzione,
in particolare di quella della Corte di Appello. Posso dire che la resistenza
opposta dai magistrati della Procura generale di Palermo, che hanno presentato
ricorso contro la mia assoluzione in secondo grado, è stata priva di consistenza
sul piano fattuale e ancor più immotivata se non artificiosa e pretestuosa sul piano
del diritto. Per fortuna che ci sono magistrati liberi che procedono secondo le
regole e rendono testimonianza di verità».
Quella famosa sentenza di appello aveva restituito dignità e valore alla
sua storia, soprattuto nel passaggio: «Non è stato affatto dimostrato che
Mannino fosse finito anch’egli nel mirino della mafia a causa di sue presunte
ed indimostrate promesse non mantenute ma, anzi, al contrario, è piuttosto
emerso dalla sua sentenza assolutoria che costui fosse una vittima designata
della mafia, proprio a causa della sua specifica azione di contrasto a Cosa nostra».
«Si tratta di una sentenza
mirabile, monumentale, inaggredibile sul piano del diritto e su quello
dell'argomentazione dei fatti, che va oltre la vicenda Trattativa. Infatti, oltre
ad essere riconosciuta la mia estraneità alla cosiddetta Trattativa Stato-mafia,
viene soprattutto ricostruita la lunga fase della mia vita politica dal 1979 al
1992 che è stata caratterizzata da un impegno di contrasto alla criminalità e dalla
piena mia adesione alla linea che lo Stato andava apprestando per affrontare il
problema della mafia».
Tra i suoi grandi accusatori ci sono stati, tra gli altri, i pm Vittorio
Teresi, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia ora al Dap. Cosa vorrebbe dire loro?
Io a queste persone non parlo, le
prendo in considerazione soltanto perché in aula indossano una toga. Però se
c'è qualcosa da dire a questi magistrati l'hanno già detta le sentenze, tutte.
Proprio la sentenza della Corte di Appello consente oggi di porre un interrogativo:
ma questi magistrati nel momento in cui Mannino non è stato in tempo utile
colpito da un atto violento, cioè ucciso, va egualmente ucciso ad opera di chi
rappresenta il versante opposto della criminalità?
Si tratta di una frase molto forte.
Certo, e la ripeto con più
chiarezza: Mannino andava processato solo perché non è stato ucciso? Questo è
il paradosso di tutta la vicenda giudiziaria che mi riguarda.E andava ucciso
non per le ragioni che gli accertamenti processuali hanno consentito di chiarire.
Nel processo d'appello, su richiesta dei sostituti procuratori generali, era
stato sentito un collaboratore di giustizia presentato come molto autorevole e
quindi attendibile e credibile che testualmente ha dichiarato: "Mannino
era inavvicinabile e questo in Cosa Nostra lo sapevano tutti da sempre".
Non vorrei servirmi di affermazioni e testimonianze di altri perché a provare
la mia innocenza basto da me con i fatti.
A differenza di certa Antimafia solo di facciata.
La mia lotta alla mafia non è
stata fatta verbalmente, teatralmente, retoricamente secondo un costume che si
è consolidato in questi anni e che ha creato questo grande problema della
cosiddetta Antimafia di Palermo. La mia lotta alla mafia passa per fatti
concreti, senza i quali non sarebbero maturate delle svolte che si sono
rivelate testate d'angolo dell'azione che lo Stato ha prestato contro la Mafia.
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