Rita Bernardini: C’è un’epidemia di disumanità contro le persone in carcere
di Valentina Angela Stella Left 18 dicembre 2020
Nel momento in cui andiamo in stampa Rita Bernardini, storica esponente del Partito radicale e presidente di Nessuno tocchi Caino, ha appena sospeso dopo 35 giorni lo sciopero della fame intrapreso per chiedere al governo misure urgenti per svuotare le carceri in questo momento di emergenza sanitaria. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha infatti deciso di incontrarla il 22 dicembre. A lei dal 10 novembre scorso si erano uniti a staffetta circa 3.500 detenuti, 200 docenti di diritto penale, personaggi del mondo della cultura come Luigi Manconi, Sandro Veronesi, Roberto Saviano.
Innanzitutto come sta?
Quando lo sciopero della fame dura da più di un mese, si raggiunge uno stato di grazia, una forza interiore che è difficile riscontrare nella normalità quotidiana. Ho perso circa dieci chili e mi sono nutrita alla Pannella con tre cappuccini al giorno, un paio di caffè e tanta acqua.
Ancora una volta si ritrova a dover intraprendere una iniziativa nonviolenta per i diritti dei detenuti. Cosa chiede alle istituzioni?
Al governo e al Parlamento chiedo di varare urgentemente misure volte a ridurre sensibilmente la popolazione detenuta. Le strade possono essere tante. Da quella che noi, come Partito radicale, privilegiamo perché più efficace: una legge di amnistia e di indulto, o altre misure che comunque facilitino l’accesso alle misure alternative al carcere e che riducano il tempo di permanenza nelle illegali patrie galere italiane.
Che fine hanno fatto le migliaia di braccialetti elettronici che avrebbero potuto mandare a casa in questa situazione di emergenza migliaia di detenuti?
È uno scandalo tutto italiano:
decine di milioni di euro per non avere il servizio previsto a seguito della
gara vinta due anni fa da Fastweb. Sono due settimane che slitta la risposta
all'interpellanza urgente che abbiamo potuto presentare grazie al lavoro del
deputato Roberto Giachetti. Sarà interessante sapere, per esempio, il motivo
per quale ci sia stata l'esigenza di produrre ulteriori 4.700 braccialetti se
alla data di aprile 2020 Fastweb avrebbe già dovuto consegnarne e rendere
operativi tra i 13.000 e i 16.000. Braccialetti del gioielliere “Bulgari”, diceva
il compianto Massimo Bordin, visto che dall'inizio abbiamo speso almeno 200
milioni di euro per non averli a disposizione dei magistrati che intendono
concedere la detenzione domiciliare con il supporto di controllo a distanza.
Qualcuno, come il Garante Nazionale Mauro Palma, sostengono che non ci sono
le condizioni politiche per i provvedimenti di amnistia e indulto.
Mauro Palma è sempre stato
contrario e lo è ancora oggi. Ricordo che quando coordinava la Commissione
carceri istituita dalla Ministra Cancellieri, faticai non poco a fargli
aggiungere nel documento finale quattro righe su amnistia e indulto. Per il
resto, da Garante, fa un ottimo lavoro e comunichiamo spesso fra noi. Sui
provvedimenti previsti dall'art. 79 della Costituzione, se si è convinti, le
condizioni si creano.
Lei dà voce a molti detenuti. Veicolando i loro messaggi, fa scoprire
un'umanità poco conosciuta.
È un'umanità sofferente, e mi
riferisco anche ai familiari dei detenuti che spesso non sanno a chi rivolgersi
per denunciare trascuratezza, abbandono, violazione di diritti umani. Giorni fa
mi sono arrivati via whatsapp gli screenshot di una cella di isolamento per il
Covid a Caltanissetta. Si può credere o meno che il detenuto sia stato lasciato
lì per tre giorni senza mangiare, come afferma la moglie che ha sporto denuncia
ai carabinieri. Ma il vomito del detenuto e l'immondizia sparsa nel corridoio
cosa ci stavano a fare? Dalle carceri ci arriva molta solidarietà e amicizia.
Sentono che qualcuno pensa a loro, mentre sono dimenticati dalle istituzioni.
Però il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sostiene che l'attenzione
sulle carceri è alta. L'ha chiamata sapendo che Lei da oltre un mese è in
sciopero della fame?
Finora ha dimostrato di fregarsene
sia delle carceri sia della nonviolenza che stiamo animando. Ma il dialogo è
anche con lui, soprattutto perché credo non si renda conto di quel che sta
accadendo. Sto per mandare una lettera al Presidente della Repubblica
Mattarella, anch'egli silente: descrive con dati veri e verificabili la reale
situazione delle carceri in generale e, soprattutto, in questa seconda
prolungata fase della pandemia.
Sulla questione delle misure che potrebbero far diminuire la popolazione in
carcere, sembra che il PD non voglia creare uno strappo con i Cinque Stelle.
Sulla “Giustizia” in generale, non
solo sull'esecuzione penale, il PD si muove a rimorchio dei 5 stelle. E ciò è
gravissimo, considerato lo sfascio che stiamo vivendo e che si è aggiunto a
quello dei decenni precedenti. Per il PD, Bonafede ha carta bianca. Meno male
che c'è Roberto Giachetti. Con lui andrò a visitare Rebibbia e Regina Coeli a
Natale e a Capodanno.
Marco Travaglio ha scritto: "Solo una mente disturbata può pensare di
difendere i detenuti dal covid mandandoli a casa".
Avrò una mente disturbata, ma i
dati smentiscono Travaglio e non Bernardini. Il 9 dicembre il tasso di
positività dell'intera popolazione italiana era dell' 1,17%, quello della
popolazione detenuta era dell'1,96%. Travaglio non ha mai messo piede in
carcere, non sa di cosa parla. E poi noi radicali i “pazzi” li abbiamo sempre
amati, in particolare, i dissidenti dell'ex URSS incarcerati negli ospedali
psichiatrici.
Qualcuno, tra politici, giornalisti e società civile ha obiettato: "i
detenuti dentro sono al sicuro e nel Paese abbiamo altre priorità".
Ho già dimostrato che non sono
affatto al sicuro. Quanto alle priorità, vero è che sotto una pandemia
occorrono provvedimenti generali che riguardino l'intera popolazione. Ma è
altrettanto vero che c'è l'obbligo di individuare i punti più deboli del
sistema-Paese, soprattutto per coloro che sono letteralmente nelle mani dello
Stato, come i detenuti, che non possono compiere scelte sul trattamento che
ricevono, in particolar modo sotto l'aspetto sanitario.
Secondo una recente statistica del Censis quasi la metà degli italiani (il
43,7%) è favorevole alla introduzione nel nostro ordinamento della pena di
morte (e il dato sale al 44,7% tra i giovani). Come commenta questi numeri?
Dopo una stagione di populismo
reazionario - ancora, purtroppo, in corso - che ha avuto ed ha una sponda
incredibile sui mezzi d'informazione, quei dati mi sorprendono in positivo.
Vogliono dire che gli italiani riescono – in maggioranza e nonostante tutto - a
resistere al boia, rinnegandolo.
Negli Stati Uniti, nonostante il tasso di carcerazione più alto al mondo,
pene elevatissime, e la pena di morte le persone continuano a delinquere.
L'Italia in qualche modo è su questa strada: visione carcerocentrica
dell'attuale Ministro che vuole costruire nuove carceri, slogan sulla certezza
della pena a sfavore delle misure alternative, pena di morte come abbiamo
appena commentato. Occorre una profonda revisione culturale? Da dove partire
per concepire il carcere come extrema ratio?
Occorre sfidare i populisti
reazionari sul loro terreno, quello della sicurezza; far ragionare le persone,
magari proprio partendo dai dati statunitensi e i risultati che producono
rispetto a quelli dell'Italia o di altri Paesi Europei. Negli USA c'è una
liberalizzazione completa delle armi per la difesa personale che in Italia,
fortunatamente, non c'è. Nel 2017, per esempio, negli USA si registrava un
tasso di omicidi ogni 100.000 abitanti pari al 5,3% mentre in Italia era
notevolmente più basso, cioè pari allo 0,6. Ma le cose stanno cambiando anche
negli Stati Uniti: sono più forti di un tempo i movimenti abolizionisti del
carcere e dell'affermarsi del panpenalismo. E non dimentichiamo che la sola
legalizzazione della cannabis sta influendo positivamente negli USA sul numero
totale dei crimini commessi.
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