Fiandaca, carcere: misure inadeguate dal Governo

 

di Angela Stella Il Riformista 4 dicembre 2020

 

Giovanni Fiandaca, professore emerito di diritto penale presso l'Università di Palermo e garante dei diritti dei detenuti della Regione Sicilia, qualche giorno fa insieme al collega Massimo Donini, si è fatto promotore di un appello, sottoscritto al momento da 180 professori,  per aderire "in ideale staffetta allo sciopero della fame di Rita Bernardini, Irene Testa, Luigi Manconi, Sandro Veronesi, Roberto Saviano" e di oltre 2800 detenuti.

 

Professore da cosa nasce questo appello?

 

L'adesione allo sciopero della fame di noi professori di discipline penalistiche di diverse università italiane ha due motivazioni: oltre a sollecitare alle forze politiche e al Governo misure idonee a ridurre il più possibile il sovraffollamento carcerario, auspichiamo che questa emergenza sanitaria possa far riaccendere i riflettori sul pianeta carcere così da indurre il mondo politico a riprendere il cammino delle riforme penitenziarie, soprattutto nel senso di ampliare il ventaglio delle sanzioni extra-carcerarie. Le misure fin qui adottate dal Governo mi sembrano abbastanza timide, inidonee a determinare un rilevante decremento dell'attuale popolazione carceraria. Occorrebbe far uscire qualche migliaio di detenuti.

 

In che modo?

 

Per individuare le soluzioni tecniche non ci vuole soverchia fantasia. Ad esempio: bloccare l'esecuzione delle sentenze definitive di condanna a pena detentiva, a meno che il condannato possa mettere in pericolo la vita propria o altrui; bloccare i provvedimenti di custodia cautelare in carcere laddove non siano strettamente necessari; aumentare da 45 a 75 i giorni per la liberazione anticipata, sempre che il condannato abbia tenuto una buona condotta; aumentare fino a 24 mesi il periodo di pena detentiva in carcere che puà essere permutata in detenzione domiciliare. Come si mette in evidenza in un altro appello che alcuni giorni fa abbiamo lanciato come Garanti territoriali, devono essere misure deflattive ma anche di agevole applicazione pratica, tali da non complicare il lavoro da parte dei magistrati di sorveglianza.

 

Il Partito Radicale chiede provvedimenti di amnistia ed indulto, il Garante Palma spinge a soluzione più fattibili. Qual è il suo pensiero?

 

Anche io non posso che prendere atto che ora non ci sono le condizioni non solo politiche ma direi lato sensu culturali per votare un provvedimento di amnistia o indulto. Non ha torto il Garante Nazionale a mettere in guardia dal proporre misure irrealistiche: occorre prevenire illusioni che provocherebbero scontento tra i detenuti. Ma tra il troppo e il troppo poco ci sono diverse vie di mezzo ragionevoli.

 

Il Ministro Bonafede in una recente intervista ha detto che "il livello di attenzione sulle carceri è altissimo".

 

Non sono nelle condizioni di escludere che il Ministro Bonafede mostri attenzione verso l'universo carcerario. Ma invece di autodefinire la sua attenzione altissima, sarebbe meglio che Bonafede spiegasse come in concreto questa attenzione si manifesta. Non ho peraltro motivo di dubitare che l'attuale capo del Dap, Dino Petralia, spenda tutto  il suo impegno e la sua competenza per affrontare al meglio il problema del contagio nelle carceri. Ma purtroppo la mia esperienza di Garante siciliano mi fa toccare con mano come, al di là dell'impegno dei vertici dell'amministrazione penitenziaria o dei singoli direttori degli istituti di pena, persistono comunque molti e gravi ostacoli ad una efficace attività di prevenzione, derivanti dalle condizioni strutturali di non pochi  istituti e soprattutto dallo stesso modello organizzativo che presiede alla vita carceraria e impedisce un sufficiente distanziamento fisico tra i detenuti.

 

Marco Travaglio ha scritto: " solo una mente disturbata può pensare di difendere i detenuti dal Covid mandandoli a casa". Come commenta?

 

Per me Travaglio non è un interlocutore meritevole di particolare attenzione. Non gli riconosco una competenza adeguata ad affrontare questioni di giustizia penale. Del resto si può facilmente obiettare che lui è affetto da un disturbo mentale opposto, cioè da una ossessione punitivista e carcerocentrica. Ideologicamente è un insuperabile campione di populismo penale.

 

Nell'ultimo mese  la Corte costituzionale ha promosso leggi fortemente volute da Salvini e Bonafede: “decreto antiscarcerazioni”, retroattività del blocco della prescrizione, inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con l’ergastolo. Secondo Lei le valutazioni politiche possono interferire con le decisioni prese dai giudici della Consulta?

 

Non posso in poche battute fare un esame critico della più recente giurisprudenza costituzionale. Una cosa però è certa già in partenza: il bilanciamento tra principi e valori in concorrenza, che la Corte effettua nel valutare la costituzionalità delle leggi sottoposte al suo vaglio, specie nei casi problematici o difficili, non può quasi mai essere del tutto esente da valutazioni politiche in senso sostanziale e lato. Per cui a volte può essere legittima l'impressione che i giudici costituzionali si preoccupino di avallare  - piuttosto che di contestare  - scelte del potere politico governativo. La questione resta molto complessa e controversa.

 

Giorni fa ha suscitato polemiche la rinuncia da parte dell'avvocato Rosanna Rovere di difendere un uomo accusato di femminicidio: " il mio impegno per i diritti delle donne non mi avrebbe permesso di essere serena", ha detto la legale. Alcuni dicono che non avrebbe dovuto rendere pubblica la sua decisione. Lei che ne pensa?

 

Avanzerei anch'io delle riserve sul fatto che l'avvocato in questione abbia reso pubblica la sua rinuncia a difendere l'uomo accusato di femminicidio. Mi limito a ricordare in proposito che la nostra Costituzione non divide l'umanità, ed in particolare gli autori di reato, nelle due categorie contrapposte dei recuperabili e degli irrecuperabili; al contrario la nostra Costituzione è portatrice di una visione antropologica più ottimistica che pessimistica per la quale ogni uomo è potenzialmente rieducabile o recuperabile; insomma una visione vicina più ad un pensiero di Lev Tolstoj che a quello dell'avvocato citata. Infatti, come leggiamo nel suo celebre romanzo Resurrezione "Una delle superstizioni più frequenti e diffuse è che ogni uomo abbia solo certe qualità già definite, che ci sia l’uomo buono, cattivo, intelligente, stupido, energico, apatico eccetera. Ma gli uomini non sono così. Possiamo dire di un uomo che è più spesso buono che cattivo, più spesso intelligente che stupido, e viceversa. Ma non sarebbe la verità se dicessimo di un uomo che è buono o intelligente e di un altro che è cattivo, o stupido. Gli uomini sono come fiumi: l’acqua è  in tutti uguale e ovunque la stessa, ma ogni fiume è ora stretto, ora rapido, ora ampio, ora tranquillo, ora limpido, ora freddo, ora torbido, ora tiepido. Così anche gli uomini. Ogni uomo reca in sé, in germe, tutte le qualità umane, e talvolta ne manifesta alcune, talvolta altre e spesso non è affatto simile a sé, pur restando sempre unico e sempre lo stesso".

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