Assolta De Girolamo: Fatta a pezzi da politici e stampa

 di Angela Stella Il Riformista 11 dicembre 2020

 

«Ha vinto la giustizia, io però ho perso 7 anni di serenità. Sono stati anni difficilissimi. Ogni mattina al risveglio e ogni sera prima di addormentarmi il mio pensiero era il timore di poter essere condannata da innocente. Mi  sono dimessa da ministro, pur non essendo indagata, per difendere la mia dignità»: sono le prime parole che Nunzia De Girolamo, ex ministro delle Politiche Agricole del governo Letta, ha rilasciato al Riformista dopo aver saputo che il Tribunale di Benevento l'ha assolta perché il fatto non sussiste dall'accusa di associazione per delinquere, concussione e utilità per ottenere il voto elettorale. Il pm Assunta Tillo aveva chiesto 8 anni e 3 mesi di carcere. L'ipotesi accusatoria era quella  di una gestione della sanità pubblica come affare politico, ma anche come strumento per dispensare consulenze ben pagate a una cerchia ristretta di professionisti. L'inchiesta era partita nel 2012 e prese il via da una denuncia presentata dall'allora direttore generale dell'Asl Michele Rossi contro l'ex direttore amministrativo Felice Pisapia. I conti, secondo Rossi, non tornavano e decideva di consegnare agli investigatori  un dossier che avrebbe dovuto rivelare una gestione opaca delle risorse. I magistrati cominciavano, con la Guardia di finanza, a spulciare i conti dell'azienda sanitaria. Nel 2013 arrivarono i primi provvedimenti cautelari. Finirono nel mirino lo stesso Pisapia, ma anche Rossi e  l'allora ministro Nunzia De Girolamo. La parlamentare veniva indicata come l'apice di un direttorio politico che a Benevento gestiva nomine, consulenze, affari. Interrogato per giorni, Pisapia consegnava agli inquirenti anche due cd contenenti registrazioni audio che aveva fatto nella villa di famiglia della De Girolamo in occasioni di riunioni di quel direttorio, come verrà poi definito dal gip di Benevento Flavio Cusani. Le riunioni avrebbero avuto lo scopo, secondo le indagini del pm Giovanni Tartaglia Polcini, di decidere  nomine nella sanità, gare d’appalto e allocazione di presidi sanitari sul territorio, tramite criteri di spartizione politica e clientelare. Il rinvio a giudizio per gli otto indagati arriverà a settembre 2016 e il processo comincerà due mesi più tardi.Ieri l'assoluzione per tutti gli imputati: la De Girolamo, gli ex collaboratori Luigi Barone e Giacomo Papa, l'ex direttore dell'Asl Michele Rossi, l'ex direttore amministrativo Felice Pisapia, l'ex direttore sanitario Gelsomino Ventucci, l'ex responsabile del budgeting Arnaldo Falato e il sindaco di Airola Michele Napoletano. «Devo ringraziare mia figlia - prosegue la De Girolamo al Riformista -: il suo sorriso, oltre alla vicinanza di tante persone compresi i miei avvocati, in questi anni sono stati l'unica cosa che mi ha permesso di non aprire una finestra della disperazione. Prima di accusare con pregiudizio un personaggio pubblico, prima di mandare la sua vita in frantumi,  credo che la magistratura requirente debba fare una accurata riflessione». Ma l'ex Ministro, ora giornalista, si rivolge anche a quei suoi ex colleghi politici e a certa stampa che l'hanno crocifissa: «hanno scritto e detto cose terribili su di me dimenticando i principi basilari del diritto, della Costituzione, tra cui la presunzione di innocenza. Una indagine non rappresenta una condanna. Oggi mi chiedo cosa diranno queste persone, se mi ridanno le prime pagine che mi hanno dedicato ad apertura dell'inchiesta». Ad assistere la De Girolamo l'avvocato Gian Domenico Caiazza: «è una vicenda tutta basata sulle registrazioni di riunioni politiche,  fatte da un funzionario  che per il timore di essere coinvolto in alcune vicende si è fatto collaboratore  di giustizia. La sola lettura, sin dal primo momento,  di quelle stesse registrazioni avrebbe convinto tutti che ci si trovava di fronte a comportamenti politici più o meno condivisibili ma di nessuna rilevanza penale». La conclusione a cui giunge il penalista è che «chi si assume la responsabilità di adottare iniziative investigative con conseguenze così gravi nei confronti di personaggi pubblici, e che poi si manifestano totalmente prive di fondamento, dovrebbe in qualche modo rispondere a qualcuno di questo operato.  Il fallimento di una inchiesta dovrebbe costituire oggetto della valutazione di professionalità del magistrato. Oggi invece accade che una vita politica venga spezzata e né un organo di autogoverno della magistratura né i capi degli uffici giudiziari possiedono il ben che minimo strumento per chiedere conto ai magistrati del loro disastroso risultato». Del collegio difensivo fa parte anche l'avvocato Domenico Di Terlizzi: «si è instaurato un processo non su un quadro indiziario serio ma su un mero teorema accusatorio. L'assoluzione perchè  "il fatto non sussiste" da tutti i reati e per tutti gli imputati significa che il processo non doveva iniziare. Invito a fare questa riflessione: esiste una patologia nel nostro sistema giustizia ossia una totale assenza di controllo dell'iniziativa dei pubblici ministeri da parte dei gip e dei gup. Il legislatore deve eliminare questa patologia, potenziando il controllo sulle iniziative infondate dei pubblici ministeri». 


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