Pasquale Zagaria torna in carcere

 Di Angela Stella Il Riformista 23 settembre 2020

All’alba di ieri le forze dell’ordine hanno bussato alla porta di Pasquale Zagaria e lo hanno tradotto nel carcere di Opera a Milano, la struttura individuata dal Dap come luogo idoneo per la detenzione. Il fratello del capoclan dei Casalesi aveva lasciato a fine aprile il carcere di Sassari, dove era rinchiuso al 41 bis, per andare in detenzione domiciliare a Pontevico, in provincia di Brescia, dopo che il Tribunale di Sorveglianza di Sassari gli aveva concesso la misura per motivi di salute, essendo l’uomo affetto da tumore alla vescica. Questo perché la struttura ospedaliera dove seguiva le terapie non era più in grado di prestargli le cure necessarie, essendo divenuta centro Covid. Il provvedimento del 23 aprile prevedeva cinque mesi di detenzione domiciliare al termine dei quali sarebbe dovuta essere fatta una rivalutazione dello stato clinico. Per questo i legali dell’uomo, Lisa Vaira e Andrea Imperato, si erano rivolti nuovamente ai magistrati di sorveglianza di Sassari per chiedere la proroga della misura ma lo scorso 11 settembre il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha emesso una ordinanza in cui ha reputato “di dover declinare la propria competenza, ravvisando territorialmente competente il Tribunale di Sorveglianza di Brescia, al quale gli atti devono essere trasmessi". Questo perché la competenza spetta al Tribunale del territorio in cui il detenuto ha al momento il domicilio: nel caso specifico, Zagaria si trova appunto a Pontevico, insieme alla sua famiglia. Nell’attesa che il Tribunale di Sorveglianza di Brescia accettasse o meno la competenza delineata dai colleghi di Sassari, gli avvocati di Zagaria hanno presentato qualche giorno fa una richiesta di proroga al magistrato di sorveglianza di Brescia descrivendo un quadro clinico complesso e adducendo le seguenti motivazioni: affetto da neoplasia vescicale, l’uomo necessita di instillazioni chemioterapiche che non potrebbero essere effettuate in sicurezza in ambiente intramurario. Gli avvocati nella richiesta di proroga hanno aggiunto che “difficilmente potranno essere garantite con i medesimi protocolli, con precisa cadenza e con le opportune precauzioni in ambito carcerario, col rischio di pregiudicare lo stato di salute generale del paziente – in particolare rischio di recidive e funzionalità renale”. Inoltre Zagaria è in attesa di un intervento per la ricostruzione dell’uretele sinistro, “giacché causa di reflusso dell’urina verso il rene sinistro, con seguente rischio di danni all’organo”. A proposito di questo ultimo punto ci dice l’avvocato Lisa Vaira “che né il Dap nella propria relazione, né il magistrato di sorveglianza nel suo provvedimento hanno preso in considerazione questo aspetto”. Infatti il magistrato di sorveglianza di Brescia ha respinto la richiesta giustificandola soprattutto con quanto emerso dalla relazione del Dap: "Non si ravvisano, allo stato, le condizioni per la proroga della misura domiciliare, anche concentrandosi esclusivamente sul profilo medico sanitario che appare, in tutta evidenza, tranquillizzante, sia in punto prognostico sia in relazione alla tutela del diritto alla salute, assolutamente preservabile anche in detenzione carceraria". Ne consegue che ‘i trattamenti sanitari possono essere erogati anche in Istituto”. Il provvedimento ritiene "pleonastiche considerazioni in punto di pericolosità sociale, semmai rilevanti in provvedimento con diverso esito finale. È di tutta evidenza - aggiunge il magistrato- che non possa nemmeno accennarsi ad un potenziale conflitto con il senso di umanità nel caso della prosecuzione del trattamento medico" in carcere "con tutte le cautele che i responsabili sanitari riterranno di adottare di volta in volta". Sempre l’avvocato Vaira ci precisa “che la pericolosità sociale del suo assistito è stata già da tempo esclusa e che parlare di Zagaria come di un ergastolano è strumentale perché gli mancano da scontare solo due anni dopo un proficuo percorso riabilitativo”. Intanto nel tardo pomeriggio di ieri  Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, accogliendo le proposte espresse dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha firmato il decreto con il quale viene ripristinata l’applicazione del regime 41bis al boss. L’affaire Zagaria non è però chiuso in maniera definitiva: si attende l’udienza dinanzi al Tribunale di Sorveglianza di Brescia senza dimenticare che a inizio giugno sempre il Tribunale di Sorveglianza di Sassari aveva sollevato questione di legittimità costituzionale sul caso Zagaria su cui la Consulta si pronuncerà a inizio novembre. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue