Le ombre sulla morte di Rocchelli e Mironov nella guerra in Ucraina

 di Valentina Stella Il Dubbio 2 settembre 2020


Presentato ieri in Senato un approfondimento tecnico investigativo di 34 minuti che il team giornalistico di “The Wrong Place” ha realizzato sulla morte del fotografo italiano Andrea Rocchelli e del giornalista e attivista russo per i diritti umani Andrei Mironov, avvenuta il 24 maggio 2014 a Sloviansk durante la guerra dell'Ucraina orientale, nonché sul caso giudiziario del soldato italo- ucraino Vitaly Markiv, condannato in primo grado per la morte dei due giornalisti. Il film- inchiesta uscirà in autunno. Durante una sosta in prossimità di una barricata filo russa, il gruppo di giornalisti, composto da Rocchelli, Mironov e dal francese William Roguelon, insieme all'autista e a un civile, vengono coinvolti in un conflitto a fuoco e si rifugiano in un fossato. Il tiro mirato, quasi sicuramente colpi di mortaio, che uccide Mironov e Rocchelli e ferisce il fotoreporter francese Roguelon, secondo le autorità italiane, proviene dalla collina di Karachun, a circa 1700 metri di distanza, dove erano attestate le forze governative ucraine. Un tiro che è stato riconosciuto come non accidentale dalle autorità investigative italiane. Nel luglio 2017 viene arrestato Vitaliy Markiv, un militare ucraino con doppia cittadinanza, mentre rientra in Italia per trovare la madre. Markiv viene inizialmente accusato di essere stato

l'organizzatore dell'agguato mortale. Nel 2019 a Pavia si apre il processo di primo grado che si conclude con una condanna a 24 anni per omicidio volontario in concorso con altri per il soldato ucraino, difeso dall'avvocato Raffaele Della Valle. L'appello è previsto per il prossimo 29 settembre.

Il progetto giornalistico presentato ieri è patrocinato dalla Fidu - Federazione Italiana Diritti Umani e da Open Dialogue Foundation ed è stato realizzato grazie anche al contributo economico della fondazione internazionale Justice for Journalists. «Una democrazia sta in piedi se c'è il diritto alla conoscenza, se c'è per i cittadini la possibilità di capire, grazie anche a questa inchiesta giornalistica che non si è fermata alla superficie, non ha accettato la soluzione più semplice» ha detto il senatore dem Roberto Rampi in apertura.

Eleonora Mongelli, vicepresidente della Fidu, ha aggiunto: «Quello che chiediamo è che si riapra il dibattito su questa vicenda, di cui si è parlato troppo poco e in maniera inesatta. Inesattezze che ritroviamo purtroppo anche nelle carte processuali». Cristiano Tinazzi, giornalista e regista del documentario “The Wrong Place”: «Questo documentario non è contro Rocchelli e Mironov, ma è per capire come sono andate veramente le cose e non incarcerare un colpevole a caso». Come ci racconta Tinazzi: «Markiv nella richiesta di custodia cautelare viene indicato come l'organizzatore di un agguato che ha portato alla morte dei due colleghi. Durante il dibattimento, cade la teoria dell'agguato, e non si può provare che il soldato abbia sparato. Viene così condannato per essere

stato l'osservatore che da 1785 metri di distanza ha visto arrivare la macchina con i colleghi, ha segnalato la loro posizione ai suoi superiori, i suoi superiori hanno quindi comunicato con l'esercito, che ha poi attivato il fuoco dei mortai. Sulla collina però c'erano più o meno altri 140 soldati». E aggiunge: «Ci sono troppe ombre su questa vicenda, gli inquirenti non hanno effettuato alcun sopralluogo sul luogo del delitto, e il soldato era l'unico processabile in quanto aveva la doppia cittadinanza. Markiv inoltre aveva sempre mantenuto buoni rapporti con i giornalisti italiani, sia prima del fatto che dopo».

I Radicali italiani hanno avviato una campagna per evidenziare le storture di un procedimento giudiziario considerato non equo e inquinato da propaganda filo russa: ad intervenire Silvja Manzi, membro della direzione di Radicali Italiani: «Esattamente un anno fa in questa sala, all'indomani della sentenza di primo grado, da segretaria di RI avevo organizzato un incontro insieme a Emma Bonino e al presidente dell'Ucpi Caiazza per evidenziare come questo sia un caso molto particolare ed eccezionale in cui si intersecano i problemi della giustizia, della politica e della propaganda russa».

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