Quando arriva al relazione al parlamento sulle ingiuste detenzioni?

 Valentina Stella Dubbio 20 marzo 2024

Perché è sempre così difficile conoscere i dati che riguardano l'amministrazione della giustizia? E soprattutto quelli concernenti la detenzione, tema che sempre di più vive nell’oscurità e nell’oblio? Un esempio: l'articolo 15 della legge n. 47 del 2015 prevede che «il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenta alle Camere una relazione contenente dati, rilevazioni e statistiche relativi all’applicazione, nell’anno precedente, delle misure cautelari personali, distinte per tipologie, con l’indicazione dell’esito dei relativi procedimenti, ove conclusi». Su questa disposizione è poi intervenuta la legge n. 103 del 2017 che estende l’obbligo di informativa ricomprendendovi anche «i dati relativi alle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, pronunciate nell’anno precedente, con specificazione delle ragioni di accoglimento delle domande e dell’entità delle riparazioni, nonché i dati relativi al numero di procedimenti disciplinari iniziati nei riguardi dei magistrati per le accertate ingiuste detenzioni, con indicazione dell’esito, ove conclusi». Tuttavia quest'anno, come ogni anno, ancora non è stata resa nota la Relazione, e siamo a metà marzo. L’anno scorso fu presentata addirittura a maggio. Critico sul ritardo il responsabile giustizia di Azione, il deputato Enrico Costa, che su questa tematica si spende da molto: «È indice del disinteresse di questo Governo sul tema delle ingiuste detenzioni. Fanno tanti proclami, poi “bucano” un termine previsto dalla legge.  Questa è conseguenza dell’aver messo il ministero della Giustizia in mano ai magistrati: per loro gli innocenti in carcere sono solo fisiologici effetti collaterali». Abbiamo chiesto lumi al Ministero della Giustizia ma ci è stato risposto, che i «lavori sono in corso e che il 31 gennaio non è un termine perentorio». Nello specifico ci hanno spiegato che la catena di montaggio dei dati procede a rilento per le seguenti ragioni: i numeri che giungono a Via Arenula devono essere aggiornati al 31 dicembre. Essi arrivano sia dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che si occupa materialmente dei risarcimenti sia dagli uffici giudiziari territoriali. Una volta giunti al Ministero vanno integrati con quelli in possesso del Dicastero e confezionati dai propri uffici, operazione che non riesce mai nei tempi previsti. C’è poi da stigmatizzare il fatto che l’analisi non è mai completa perché non tutte le sezioni del Giudice per le indagini preliminari e sezioni Dibattimentali dei Tribunali rispondono. Ad esempio, come abbiamo letto nella relazione dello scorso anno, «per l’anno 2022 il tasso di rispondenza degli uffici giudiziari competenti è stato dell’80%, precisando, ad ogni buon conto, che hanno risposto quasi tutti i 29 Tribunali distrettuali e che i dati degli uffici non rispondenti sono stati stimati». Sempre Costa aveva presentato un emendamento in cui chiedeva al Governo di sanzionare i Tribunali ritardatari ma gli era stato bocciato e a fine gennaio, durante una conferenza stampa, ha illustrato una proposta di legge di modifica dell’articolo 315 del codice di procedura penale per sanzionare sul piano disciplinare il magistrato che ha determinato una ingiusta detenzione. Essa prevede che «la sentenza di accoglimento della domanda di riparazione per ingiusta detenzione sia trasmessa agli organi titolari dell’azione disciplinare nei riguardi dei magistrati, per le valutazioni di competenza. Troppo spesso, infatti, accade che le ragioni che hanno determinato errori, anche gravi, non siano rilevate, come occorrerebbe, sul piano disciplinare o restino prive di conseguenze in sede di decisione sugli avanzamenti di carriera».   Il fatto che il fenomeno sia considerato normale sembra abbia contagiato anche il presidente della Corte Costituzionale, Augusto Barbera, che due giorni fa, durante la Riunione straordinaria della Consulta, ad una domanda di un giornalista che gli chiedeva un parere sui mille casi all’anno tra ingiuste detenzioni e errori giudiziari ha risposto freddamente: «più che il dovuto risarcimento delle vittime degli errori giudiziari, che non sono solo in Italia», «temo che ancora più pericoloso che il bilancio dello Stato debba sopportare la lunga durata dei processi».

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