Intervista ad Alessandra Maddalena

 Valentina Stella Dubbio 11 marzo 2024

 

Ça va sans dire, la magistratura associata si oppone fermamente ai test-psicoattitudinali. Ne parliamo con Alessandra Maddalena, vice presidente dell’Anm.

 

Lultimo parlamentino dellAnm ha licenziato un documento in cui si scrive che lipotesi del Governo di prevedere dei test psico-attitudinali per i nuovi magistrati sarebbe un'operazione «demagogica». Perché?

 

Perché si è trattata di una sollecitazione priva di contenuti concreti in occasione del parere sull'attuazione di una delega che nulla prevedeva al riguardo. Quale altro significato potrebbe attribuirsi ad una iniziativa del genere? Un annuncio pubblico fatto in questo modo può solo disorientare l’opinione pubblica e minare la fiducia dei cittadini nell’istituzione giudiziaria. Si insinua il dubbio che i magistrati non offrano adeguate garanzie di equilibrio e di imparzialità e per questo se ne debba controllare la capacità mentale ed emotiva attraverso un esame preliminare di tipo psicologico. Questa è demagogia.

 

Siete disposti a sedervi al tavolo con il legislatore per trovare una soluzione accettabile per tutti o siete totalmente contrari?

 

La nostra disponibilità al dialogo è costante. Non ci è stato chiesto di sederci ad un tavolo con il legislatore e non spetta a noi fare le leggi. La magistratura però ha il dovere di parlare per contribuire al buon funzionamento del sistema giudiziario e preservare la fiducia nella giustizia. Non è solo questione di essere contrari. Si tratta, innanzitutto, di spiegare ai cittadini che operazioni di questo tipo servono unicamente a screditare la magistratura e far perdere loro fiducia nella giustizia. I cittadini hanno diritto di vivere in una democrazia sana in cui il potere politico abbia rispetto per l'ordine giudiziario, preservandone autorevolezza e indipendenza.

 

Il presidente dellAnm Giuseppe Santalucia nel punto stampa durante lultimo Cdc ha definito «risibile» il test Minnesota a cui i futuri possibili magistrati dovrebbero essere sottoposti. Si potrebbe obiettare che spetta a chi lo somministra giudicarne lutilità.

 

La magistratura ha la competenza e la responsabilità di far sentire la propria voce su ciò che riguarda il funzionamento della giustizia. I test psicoattitudinali – penso a quelli che si è tentato di introdurre nel 2005, visto che oggi siamo di fronte ad un annuncio vuoto - sono inutili per valutare l'equilibrio e l’attitudine dei magistrati. L’equilibrio di un magistrato si riconosce dalla sua capacità di confrontarsi con i colleghi, con la polizia giudiziaria, con il personale amministrativo, con gli avvocati, dal modo di condurre le udienze, di rapportarsi e dialogare all’interno e all’esterno delle aule giudiziarie. Si apprezza sul campo, insomma, non con un test, e presuppone una solida preparazione che si valuta solo con un concorso serio e rigoroso, proprio quel concorso che si è tentato di mortificare ipotizzando forme semplificate di reclutamento straordinario. Poi non è chiaro come dovrebbe funzionare questa prova e chi dovrebbe individuare il modello di magistrato ‘adeguato’. Qualcuno porta ad esempio la Francia, dimenticando che proprio lì i test sono stati soppressi perché ritenuti inutili e pericolosi.

 

Come replica a quanto detto al Dubbio da Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche dellAusl di Modena e presidente della Società italiana di epidemiologia psichiatrica: «Mi stupiscono molto queste polemiche, soprattutto perché il test viene utilizzato nelle attività peritali che vengono svolte nellambito dei processi. E i magistrati per primi si avvalgono poi delle risultanze di questo test»?

 

Non comprendo il senso dell'osservazione. Certo che ricorriamo a perizie psicologiche e psichiatriche. Lo facciamo nei singoli processi quando particolari situazioni inducano a dubitare della sanità mentale di un soggetto. Non c’entra nulla con l’idea dei test psicoattitudinali per valutare la capacità degli aspiranti magistrati di svolgere la funzione giudiziaria.

 

Il ministro della Giustizia Nordio qualche giorno fa al Foglio ha detto: «il test psico-attitudinale è ormai obbligatorio per chi riveste funzioni importanti. Se lo fanno i poliziotti, perché non deve farlo il pm che dirige la polizia giudiziaria? L'autocertificazione di virtù ed equilibrio da parte della magistratura è irrazionale e persino offensiva verso le altre categorie di operatori, che si sottopongono ai test senza sentirsi umiliati». Come risponde?

Le forze di polizia svolgono un ruolo delicatissimo che le costringe spesso a confrontarsi con situazioni di fortissimo stress e di pericolo estremo. La funzione del magistrato è diversa. Lattitudine alla imparzialità e al senso di giustizia non si misura certamente con un test psicoattitudinale. Non si tratta di autocertificare virtù ed equilibrio ma di valutare i prerequisiti di indipendenza, imparzialità ed equilibrio attraverso le periodiche valutazioni di professionalità, che tengono conto delle concrete modalità di svolgimento della funzione giudiziaria.

 

Spesso, nei discorsi dei magistrati, si tiene a precisare che le contrarietà alle riforme non sono una chiusura di casta. Però dite no alla separazione delle carriere, no al concorso straordinario, no ai test, no a gran parte del ddl Nordio, e potremmo continuare. Il sospetto viene che non accettiate mai un cambiamento.

 

Siamo sempre disponibili al confronto. Ma se il cambiamento deve passare per l'indebolimento dell’indipendenza della Magistratura, per la rinuncia a criminalizzare forme di malaffare, per la previsione di meccanismi processuali disfunzionali ad un rapido esercizio della giurisdizione, non possiamo che dire di no.

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