Toghe e giornali nella bufera per il caso dei politici spiati

 Valentina Stella dubbio 5 marzo 2024

 

Si accende lo scontro politico sull'inchiesta della Procura di Perugia su presunti accessi abusivi agli archivi informatici della DNAA riguardanti esponenti politici e del mondo economico, dello sport e dello spettacolo. Tra i quindici indagati: il tenente della guardia di finanza Pasquale Striano, già al gruppo di lavoro della procura nazionale antimafia che si occupava delle Sos, le Segnalazioni di operazioni bancarie sospette, Antonio Laudati, sostituto procuratore antimafia, tre giornalisti del quotidiano "Il Domani". L'inchiesta nasce da un esposto presentato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, alla procura di Roma dopo un articolo pubblicato dal quotidiano, in merito ai compensi ricevuti dal responsabile di via Venti Settembre per le consulenze svolte, in passato, per la società Leonardo. Essendo coinvolto Laudati, l’indagine passò a Perugia per competenza. Ora il tutto riemerge nella cronaca di politica giudiziaria perché dalla Procura del capoluogo umbro è trapelato, ad indagini ancora in corso, l’invito, coperto da segreto, di 64 pagine a rendere dichiarazioni da parte degli indagati. Una stessa fuga di notizie dalla medesima Procura era partita sull’inchiesta sulla presunta ‘Loggia Ungheria’. Proprio gli uomini di Cantone indagarono sulla violazione che si concluse col patteggiamento di un ex dipendente.  L’indagine odierna si concentra su presunte interrogazioni abusive a varie banche dati (soprattutto la Siva, il Sistema informativo valutario in uso alla Finanza, e Serpico, dell’Agenzia delle Entrate) che sarebbero state effettuate da parte di Striano, talvolta con il presunto avallo di Laudati, per verificare dati coperti da segreto, come redditi ed eventuali operazioni sospette a carico di Crosetto, del figlio Alessandro, dei ministri del Governo Meloni Gilberto Pichetto Fratin, Marina Calderone, Giuseppe Valditara, Francesco Lollobrigida, Adolfo Urso, Maria Elisabetta Alberti Casellati, dei deputati Chiara Colosimo, Andrea Delmastro, Tommaso Foti, Marta Fascina. Ma anche Matteo Renzi, così come il presidente della Federazione gioco calcio Gabriele Gravina, l’imprenditore Andrea Agnelli, l’ex dirigente del Miur Giovanna Boda, l’imprenditore Fabrizio Centofanti (già conosciuto per il Palamaragate), l’ex Ministro Vittorio Colao, l’ex assessore alla sanità del Lazio Alessio D’Amato, il sottosegretario della Lega Claudio Durigon, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, e ancora Claudio Velardi, Tommaso e Francesca Verdini, l’ex vice presidente del Csm Michele Vietti, e molti altri. Tuttavia, come riporta il Domani, «nelle informazioni che Striano avrebbe mandato ai giornalisti non c’è nessun “dossier su politici e vip” ma solamente documenti agli atti delle procure: ordinanze di custodia cautelare e informative delle forze dell’ordine già disponibili ai magistrati inquirenti e alle difese». Comunque le informazioni, tramite wetransfer, sarebbero state inviate per email ai giornalisti Giovanni Tizian, Nello Trocchia, Stefano Vergine -  sotto inchiesta per accesso abusivo, in concorso con Striano, e rivelazione di segreto -  e firme appunto del Domani, diretto da Emiliano Fittipaldi e edito da Carlo De Benedetti. Gli invii coprirebbero un arco temporale di tre anni e mezzo, dal maggio 2018 all’ottobre del 2022. Intanto ieri l’Ufficio di presidenza della commissione parlamentare antimafia, guidata dalla presidente Chiara Colosimo, ha calendarizzato le audizioni del Procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, per mercoledì 6 marzo, e quella del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, per giovedì 7 marzo. I due magistrati due giorni fa, tramite una lettera a doppia firma, avevano chiesto di essere auditi dalla stessa commissione oltre che dal Consiglio superiore della Magistratura e dal Copasir. Da fonti parlamentari si apprende che quest’ultimo procederà parallelamente con l’antimafia, per verificare un possibile detrimento alla sicurezza della Repubblica – essendo coinvolto un ministro - mentre ancora non si hanno notizie dal Comitato di presidenza del Csm. Come ha detto il senatore Enrico Borghi, capogruppo a palazzo Madama di Italia viva e componente del Copasir, «siamo in presenza della più grande fuga di dati sensibili della nostra storia repubblicana. Intervenire sulla formazione di una squadra di governo -ricercando e propagando dati su persone che erano in predicato di essere nominati nell’esecutivo- da parte di un corpo dello Stato è al di fuori dell’ordinamento e delle garanzie. Insomma, inutile girarci attorno: è una cosa grave». Mentre il forzista Maurizio Gasparri chiama in causa direttamente Melillo: «Quello del dossieraggio della Procura Nazionale Antimafia è uno scandalo enorme, che oscura perfino quelli della P2 e delle P3, di tutte le varie vicende precedenti. Vogliamo chiarezza. Il Procuratore Nazionale Antimafia deve risponderne». Di diverso parere il capogruppo Pd in Antimafia, Walter Verini: «l'immediata fissazione delle audizioni richieste dal Procuratore nazionale antimafia Melillo e dal Procuratore Cantone aiuteranno certamente a chiarire e accertare molti aspetti di quella inquietante vicenda, i cui contorni sono ancora oscuri. È interesse di tutti che questo avvenga»; tuttavia, ha concluso il dem, «abbiamo anche ribadito, allo stesso tempo, la necessità assoluta di tutelare e rafforzare ruolo e credibilità degli organi di contrasto alla criminalità organizzata, a partire dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo. È quindi da irresponsabili delegittimare, volontariamente o meno, con dichiarazioni e attacchi i presidi di lotta alle mafie e al terrorismo e i protagonisti dell'impegno per la legalità». Anche perché proprio Giovanni Melillo, da quando è arrivato in Via Giulia, ha cambiato i protocolli e migliorato e reso più sicuro il funzionamento dell’ufficio. Proprio in commissione siede l’onorevole pentastellato Federico Cafiero De Raho: «senza imbarazzo e lungi dall'esprimere giudizi, riteniamo – ha annunciato il vicepresidente della Commissione Antimafia, Mauro D'Attis (FI), sia opportuno che Cafiero De Raho si astenga dal partecipare alle sedute che riguardano l'inchiesta perché all'epoca dei fatti era il Procuratore nazionale antimafia». A puntare il dito contro De Raho anche il responsabile giustizia di Azione, Enrico Costa: «Nessuno ai vertici della Procura Antimafia si rendeva conto di questo enorme numero di accessi alla banca dati? Oppure mancava ogni controllo? Chi può rispondere è un signore eletto alla Camera che dal suo scranno non perde occasione per chiedere conto e fare la morale a tutti».  Il leader del Carroccio Matteo Salvini ha parlato di «Una vergogna di stampo sovietico», mentre il presidente dei senatori di Fratelli d'Italia, Lucio Malan, attacca la sinistra: « FdI vuole che si faccia piena luce su quanto sta emergendo. Qualcuno ha cercato illegalmente dei dati che dovrebbero servire a eventuali indagini per alimentare macchine del fango e ricatti. È preoccupante che qualcuno a sinistra minimizzi o addirittura giustifichi questi metodi da regimi totalitari». 

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