Intervista a Silvia Albano

 Angela Stella Unità 15 marzo 2024

Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma, presidente di Magistratura democratica, interviene sulla crisi delle carceri, sul presunto dossieraggio alla DNAA e sui rapporti Nordio e Meloni.

Come ha scritto ieri su questo giornale il presidente dell’Ucpi, Francesco Petrelli, ormai in carcere si assiste ad una strage senza fine.

La situazione è intollerabile. A due mesi dall’inizio dell’anno e già ci sono stati 23 suicidi. Si tratta di un grido di allarme e di dolore rispetto alla situazione del carcere. A questa situazione non si risponde con una circolare in cui si dispone che i detenuti devono stare chiusi in cella e non uscire. Questo crea disperazione, in violazione della funzione che la Costituzione attribuisce alla pena, ossia un fine rieducativo. Il detenuto deve essere messo nelle condizioni di poter rientrare in società. Questo significa fare percorsi riabilitativi e lavorativi in carcere. Ma in questo momento tutto ciò non avviene: le carceri sono talmente sovraffollate che non ci sono neanche gli spazi per praticare le attività e in più mancano gli operatori. D’altro canto gli istituti di pena saranno sempre più sovraffollati.

Perché?

La politica penale del Governo si è caratterizzata fino a questo momento solo per l’aumento di pene per determinati tipi di reati, creare nuove fattispecie di reato – ma quanto nel frattempo ne abroga altri, come l’abuso di ufficio -, e per provvedimenti come quello Caivano che sta comportando l’aumento dei minori in carcere. E i nuovi reati e l’aumento delle pene riguardano per lo più fasce di marginalità sociale, per cui se non ci sono strutture in grado di accogliere questo tipo di persone è difficile prevedere pene alternative. E poi c’è il problema delle donne incinte o con figli molto piccoli.

Proprio qualche giorno fa avete diramato una nota su quest’ultimo punto.

Una giovane donna, tratta in arresto a novembre per possesso di stupefacente, è stata sottoposta a custodia cautelare presso la Casa circondariale di Sollicciano, in stato di gravidanza. Dopo quattro mesi è stata costretta ad abortire per motivi di salute. Leggi del 2001 e del 2011 prevedono, per le donne in stato di gravidanza il rinvio dell’esecuzione della pena (art. 146 c.p.) e l’applicazione della custodia cautelare in carcere solo in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza (art. 275 c.p.p.). In ogni caso, alle detenute in stato di gravidanza deve essere assicurato l’accesso all’Icam.

 

 Carcere che voi avete visitato insieme ad Antigone e alle Camere Penali.

 Già nel novembre del 2022 denunciavamo le gravi carenze strutturali del carcere di Sollicciano, tra cui oltre al sovraffollamento, la mancanza di acqua calda e le infiltrazioni d'acqua nelle celle. Dopo più di un anno nulla è stato fatto, non sono stati fatti investimenti per allestire nuovi Icam né per migliorare le condizioni di vita delle detenute e dei detenuti. L’unica proposta di intervento che riguarda le donne in gravidanza e le giovani madri è stata di tipo repressivo: quel ‘pacchetto sicurezza’ che ha escluso il differimento della pena ove dal rinvio derivi una situazione di pericolo, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti. Questo non è accettabile.

Siete d’accordo con la proposta Giachetti (Italia Viva) e Bernardini (Nessuno Tocchi Caino) sulla liberazione anticipata speciale?

Non ne abbiamo discusso ma personalmente ben venga qualsiasi strumento che possa deflazionare la popolazione carceraria.

E con quella del deputato di +Europa Riccardo Magi per l’istituzione delle case di reinserimento sociale, strutture alternative al carcere ove scontare una pena detentiva anche residua non superiore a 12 mesi?

Si tratta di una buona proposta. Anche noi diciamo che occorrono strutture esterne al carcere che effettivamente abbiano un ruolo nel consentire il reinserimento sociale dei condannati. Si parla tanto di sicurezza in questo momento e di chiudere la gente in carcere, buttando via la chiave. Ma non si comprende che una maggiore sicurezza è legata ai migliori trattamenti rieducativi durante l’esecuzione penale che servono a scongiurare le recidiva, come dicono le statistiche.

La corrente di AreaDg ha proposto anche provvedimenti di amnistia e indulto. Sareste favorevoli?

È da moltissimi anni che non ci sono provvedimenti di clemenza. Soprattutto per chi ha scontato una parte della pena, l’indulto consentirebbe di far uscire una serie di persone che hanno già fatto un loro percorso trattamentale in carcere. Ora sarebbe il caso di attuarle per evitare altre condanne dall’Europa, come già avvenuto in passato.

Il presidente dell’Anm Santalucia durante l’ultimo parlamentino ha detto: “Tutti i gruppi associativi si sono espressi sui problemi delle carceri. Questo argomento meriterebbe più attenzione rispetto a quello dei test psico-attitudinali”.

Il carcere sicuramente deve essere una priorità per il Governo che dovrebbe cambiare rotta rispetto alle politiche che ogni qualvolta c’è una emergenza rispondono creando nuovi reati o aggravando le pene. Sentivo a Porta a Porta un esponente del Governo che sulla riforma del fisco diceva che la politica repressiva non funziona a differenza di una premiale rispetto all’evasione fiscale. Quindi questo vale solo per gli evasori e non per gli altri tipi di reati? In realtà la politica repressiva non aiuta a diminuire la criminalità e la delinquenza. E paradossalmente diminuiscono i reati e aumenta la popolazione carceraria.

E per quanto riguarda i test?

La proposta ha alla base una sfiducia nella magistratura che viene delegittimata. E non può neanche essere inserita nel decreto attuativo perché non rispetterebbe i parametri della delega.

Si parla di un Nordio commissariato. Tanto è vero che lunedì scorso per parlare di giustizia la Meloni lo ha convocato a Palazzo Chigi, dove c’era anche il sottosegretario Mantovano e il presidente delle Commissioni Giustizia di Senato e Camera. Che idea si è fatto di questo?

Non conosco tutti i retroscena e neanche mi interessano molto. Quello che vedo dall’esterno è che la politica sulla giustizia è accentrata alla Presidenza del Consiglio e non delegata a Via Arenula.

Che idea si è fatta invece del dossieraggio su cui sta indagando la Procura di Perugia. Striano è solo una mela marcia?

Si tratta di una vicenda molto delicata e ci sono delle indagini in corso. Devo dire che ho condiviso il tono e i contenuti del comunicato del Procuratore generale Sottani (in una nota aveva scritto di voler verificare il rispetto della presunzione di innocenza a proposito dell’audizione in Commissione Antimafia del capo dei pm del capoluogo umbro e aveva definito “inusuale” la richiesta di Cantone e Melillo di essere sentiti dalla bicamerale antimafia, ndr). Quando i due hanno chiesto di essere auditi anche dal Csm e dal Copasir mi aspettavo che ci fossero grandi rivelazioni.

Invece?

Allo stato non sembra che dietro Striano ci sia una organizzazione strutturata impegnata a fare accessi abusivi, non è stata contestata neanche l’associazione a delinquere. Non ho capito perché si sia sentito il bisogno di rendere subito pubblici nel pieno delle indagini i risultati ad oggi ottenuti. Comunque questa indagine non può essere il pretesto per gettare a mare le Sos e il giornalismo d’inchiesta.

Ultima domanda: la Corte di Giustizia europea dice no alla procedura d’urgenza in merito al ricorso delle Sezioni Unite sul ddl Cutro: il progetto Albania ora rischia di saltare.

In effetti se non cambiano le norme che ora sono all’attenzione della CGUE è difficile che il protocollo Italia Albania possa essere applicato. Dinanzi al fatto che anche le Sezioni Uniti dubitano della compatibilità delle norme con la direttiva dell’Unione diventa difficile convalidare i trattenimenti delle procedure di frontiera. 


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