Intervista a Francesco Petrelli

 Angela Stella Unità 1 marzo 2024

 

Le Commissioni giustizia di Senato e Camera hanno rimandato per l’ennesima votato la votazione sul parere che riguarda lo schema di decreto attuativo della riforma delle toghe distaccate. Eppure il termine scadeva il 28 gennaio. Sembra che ci siano contrasti interni alla maggioranza tra Forza Italia – favorevole al taglio -  e Lega e Fratelli d’Italia contrari. In più ci sarebbero preoccupazione per una disapplicazione delle delega e anche preoccupazioni del Colle per il taglio dei magistrati fuori ruolo. Ne parliamo con Francesco Petrelli, Presidente dell’Unione Camere Penali.

 

 

Il Governo pensa di rinviare al 31 dicembre 2025 l’entrata in vigore del taglio dei magistrati fuori ruolo. Cosa ne pensa?

 

È davvero la fine ingloriosa di una poco gloriosa riforma, anzi di una non-riforma perché il testo licenziato finisce con il fotografare la situazione che si era andata consolidando negli anni senza in alcun modo scalfire il problema della sovrapposizione fra poteri dello Stato e di sostanziale occupazione del ministero della giustizia da parte della magistratura.



La motivazione addotta sarebbe di evitare che “per effetto della riduzione del numero di magistrati collocabili fuori ruolo, le amministrazioni titolari di interventi previsti nel PNRR possano subire contrazioni nella disponibilità di personale proveniente dai ruoli delle magistrature e che, in generale, quella riduzione possa comportare effetti negativi per tutte le amministrazioni e gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, che si avvalgono di personale proveniente dai ruoli delle magistrature, prima che sia stato possibile adeguare l’organizzazione interna di quelle amministrazioni e di quegli organi alla riduzione del numero di magistrati collocabili fuori ruolo”. Qual è il suo parere in merito?

 

Pare davvero una motivazione poco credibile. Ci si chiede come sia possibile immaginare che la riduzione complessiva di soli 17 magistrati, perché tale è a ben vedere la consistenza reale del taglio previsto dalla riforma, possa produrre un qualche rilevante danno alla produttività del Ministero, tale da incidere addirittura sugli obiettivi del PNRR! La verità è che non si vuole rinunziare a quel presidio perché se si volessero salvaguardare quegli obiettivi si provvederebbe a ridurre quella drammatica scopertura di quasi il 15% degli organici, quelli sì fondamentali alla riduzione dei tempi del processo.

Indiscrezioni giornalistiche parlano anche di un intervento del Colle per evitare il taglio fuori-ruolo. Non la riterrebbe una ingerenza inopportuna?

 

Sarebbe inopportuna certamente nel merito perché la questione riguarda proprio il corretto equilibrio fra poteri dello Stato e dunque una questione di natura istituzionale che nel tempo ha determinato una evidente egemonia della magistratura e di alcuni suoi settori sulla intera legislazione penale a detrimento di contributi tecnici alternativi dell’accademia e dell’avvocatura portatrici di altrettante valide visioni del processo e dell’intera materia penale delle quali il Paese intero potrebbe avvantaggiarsi.


Le toghe di AreaDg ritengono “inidonea” “la riduzione numerica dell'organico” “da 200 a 180 unità”. Tuttavia “non perché sia in astratto scorretto rideterminare e, in caso, ridurne il numero, ma perché operare un taglio lineare senza aver prima definito quali e quanti sono le collocazioni che astrattamente richiedono o consentono l'assegnazione di un magistrato fuori ruolo appare previsione irrazionale e demagogica”. Insomma più che puntare ad un generico abbassamento della quota numerica sarebbe stata opportuna una ricognizione degli incarichi, come detto in audizione parlamentare pure dall’Anm. Potrebbe essere un ragionamento condivisibile?

 

Sarebbe condivisibile se applicato a numeri ragionevoli, ma poiché si discute di una sostanziale conservazione dello status quo non si vede di quali collocazioni alternative si dovrebbe parlare trattandosi di “tagli lineari” di alcune unità.

Da un lato il Governo rimanda il taglio dei fuori ruolo, dall’altro prevede i test psicoattitudinali dei magistrati. Come giudica questo atteggiamento da bastone e carota?

 

In considerazione della delicatezza del ruolo ricoperto dai magistrati e del potere straordinario che esercitano in relazioni a diritti fondamentali della persona non c’è ragione alcuna per essere contrari alla introduzione dei test psicoattitudinali nell’ambito del percorso selettivo. Non vedo come questo dovrebbe incidere sulla loro indipendenza. La questione va evidentemente spostata nel merito senza trasformarla nell’ennesimo motivo di conflitto fra politica e magistratura. Non vedo né bastoni né carote ma solo una assenza di visioni laiche con le quali affrontare questioni serissime come quella della leva della magistratura e della valutazione del merito nella progressione delle carriere, sulle quali pesano invece evidenti difese corporative. Ogni volta che si mette mano ad un tentativo di riforma si grida all’attentato all’indipendenza.

Nel 2003 Berlusconi disse: “I giudici sono matti, sono mentalmente disturbati, hanno turbe psichiche e sono antropologicamente diversi dalla razza umana”. Non crede sia arrivato il tempo di superare queste considerazioni?

 

Per fortuna siamo fuori da questo genere di conflitti ma bisognerebbe fare uno sforzo serio per affrontare le questioni della giustizia non solo rinunciando agli slogan ma soprattutto tirandosi fuori da banalizzazioni e demonizzazioni. I mali della giustizia e gli errori della magistratura che indubbiamente ci sono e sono numerosi possono essere denunciati senza ricorrere ad inutili iperboli. Ci si deve confrontare laicamente e dati alla mano. 

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