Diventato cieco in carcere, chiede i domiciliari

 Valentina Stella Il Dubbio 9 marzo 2023


È legittimo ed umano far rientrare in carcere una persona diventata cieca proprio a causa della malasanità penitenziaria? Questa è la domanda che si pongono moglie e figlio di Salvatore Giuseppe Di Calogero, classe 1975, condannato in primo e secondo grado a 8 anni e 8 mesi per associazione mafiosa. Viene arrestato nel 2019 in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta. Nei successivi undici mesi di detenzione viene trasferito in cinque istituti penitenziari differenti, trasferimenti dovuti al fatto che i vari istituti non fossero in grado di gestire la malattia iper tiroidismo con esoftalmo da “morbo di Basedow”. Dopo i numerosi rigetti alle istanze volte alla scarcerazione per consentire al detenuto di accedere alle cure necessarie, il GIP nel 2020 concede finalmente i domiciliari in provincia di Milano. Solo a quel punto l’uomo è stato operato ad entrambi gli occhi presso il Policlinico Maggiore Cà Granda di Milano, senza poter, purtroppo, recuperare la vista. Ad oggi, è stato dichiarato dall'Inps cieco assoluto. Dopo diciotto mesi di domiciliari a Milano con la sola presenza della moglie e lontano dal figlio minorenne rimasto in Sicilia, nel 2021 viene accolta l'istanza della difesa di trasferimento nella propria abitazione di residenza. Oggi la Cassazione potrebbe confermare la condanna ma la Procura Generale dovrà emettere un ordine di esecuzione e, pertanto, Di Calogero rientrerà in carcere. Gli avvocati Eliana Zecca e Michele De Stefani ritengono questa ipotesi inaccettabile, oltre che inumana, perché la PG potrebbe valutare, data la particolare situazione sanitaria, che Di Calogero possa proseguire i domiciliari in attesa che il competente Magistrato di Sorveglianza decida in via provvisoria l'istanza di differimento pena nelle modalità della detenzione domiciliare. Inoltre, contando i periodi trascorsi tra misura cautelare in carcere e ai domiciliari e considerando anche la liberazione anticipata, gli anni definitivi da scontare sarebbero sotto i quattro. Se è vero, spiega la difesa, che il reato per cui è stato condannato rientra tra quelli dell’art. 4 bis op che vieta benefici, dall’altro lato “l'art. 146 c.p. sancisce che l'esecuzione di una pena detentiva debba essere obbligatoriamente differita se deve aver luogo, tra l'altro, nei confronti di un soggetto affetto da patologia particolarmente grave per la quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione”. Inoltre, il loro assistito, essendo divenuto cieco solo in età adulta e durante i primi sei mesi di carcerazione, sta seguendo da più di un anno un percorso assistenziale-riabilitativo, sia pratico che psicologico, in seno all'Unione Italiana dei Ciechi ed Ipovedenti di Enna, percorso necessario per imparare a vivere la propria nuova quotidianità e per provare ad accettare il suo nuovo e definitivo stato di non vedente. L'entrata in carcere comporterebbe l'inaccettabile interruzione delle sedute riabilitative in quanto in un istituto penitenziario verrebbe chiuso in una cella di pochi metri quadrati completamente nel suo buio, lontano dalle cure della famiglia da cui da tre anni dipende completamente. Pertanto, i suoi legali auspicano che in caso di rigetto del ricorso per Cassazione la PG di Caltanissetta e il Magistrato di Sorveglianza competente possano evitare ulteriori sofferenze ad un uomo che, oggi, sta vivendo un dramma psicologico e fisico che paragona ad una condanna all'ergastolo ponendo fine a una triste storia, nonostante il buio assoluto che avvolge ed avvolgerà per sempre Di Calogero.


 

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