Sequestro all'Hemp Club: vogliamo andare a processo

 di Angela Stella Il Riformista 21 luglio 2022

 

Sabato scorso, nel tardo pomeriggio, gli agenti del commissariato Comasina di Milano al termine di un blitz hanno sequestrato 17 piantine di cannabis terapeutica con un thc oltre i limiti di legge e altre 17 piantine neonate presso la sede del noto The Hemp Club (il club della canapa, ndr). Ispirato a Marco Pannella, The Hemp Club - per richiamare l'acronimo Thc - è il primo cannabis social club del capoluogo lombardo, nato due anni fa quale presidio sul territorio per aiutare i pazienti che ne abbiano necessità a reperire farmaci a base di cannabinoidi. All'interno del club i cittadini che ne avevano bisogno potevano effettuare un teleconsulto con i medici che predisponevano per loro un piano terapeutico e ricette per farmaci a base di cannabinoidi. "Il club resta aperto, però non sappiamo ancora se riprenderemo la coltivazione delle piantine - ci dice il presidente Raffaello D'Ambrosio - stiamo valutando con il nostro legale". D'Ambrosio è stato denunciato per coltivazione a fini di spaccio (art. 73 del Testo sugli stupefacenti), reato che prevede la reclusione da sei a vent'anni e una multa da 26 mila a 260 mila euro. "Faremo comunque un processo, nessun patteggiamento perché vogliamo sollevare in Aula tutte le contraddizioni e i vulnus della normativa vigente". Ma qual è lo scenario entro cui ci muoviamo?  "Con il decreto 25 giugno 2018 dell'allora ministra della Salute Giulia Grillo - ci spiega sempre  D'Ambrosio - tutti i medici possono prescrivere cannabis e la platea di coloro che vogliono essere consumatori legali si è allargata moltissimo". Per questo "una parte della nostra attività consiste nel fare da intermediari tra i pazienti e le farmacie per accorciare i tempi, anticipare loro i soldi  ed evitare, a chi già ha un problema, di girare in lungo e in largo per la città in cerca del farmaco che gli è stato prescritto da un medico". Questa attività è del tutto legale. Poi c'è l'altro filone, quello della coltivazione, che ricade in una azione di disobbedienza civile in pieno stile radicale. "Ogni piantina corrisponde a un paziente che delega  la coltivazione al club e poi, una volta pronta, passa a ritirare le infiorescenze a un prezzo più basso, circa 5 euro al grammo rispetto ai 12 della farmacia dove comunque è difficile reperirla. Un paziente che ha bisogno di un grammo al giorno si troverebbe a dover sborsare anche 350 euro mensili, a cui vanno aggiunti quelli della visita medica. Diventa così una 'terapia di classe'". Il paziente che vuole aderire all'iniziativa "firma un atto di disobbedienza civile, quindi un modulo dove c'è richiamato l'articolo 32 della Costituzione, quello sul diritto alla salute appunto, ma anche precedenti giuridici come l'assoluzione di Walter De Benedetto (il malato di artrite reumatoide finito sotto inchiesta e poi assolto per aver coltivato in casa cannabis a scopo terapeutico, ndr) e la sentenza della Cassazione per cui non è reato la coltivazione domestica destinata all'uso personale del coltivatore avente ad oggetto due sole piante di cannabis".  Il club in pratica è stato denunciato perché venderebbe le piantine ad altri: "non è  così - conclude D'Ambrosio - perché le piantine da quando nascono a quando vengono restituite hanno sempre un padrone che non è l'associazione ma un associato paziente con ricetta medica". Ma se c'è la ricetta, qual è il problema chiediamo a Raffaello. "Bella domanda, questo è il nostro grande dilemma. Per questo abbiamo intrapreso questo tipo di attività, cercando di andare a processo per capire se vale di più la Costituzione italiana o le leggi che sono in conflitto tra di loro". Accanto al club si è schierato l'onorevole Riccardo Magi, Presidente di +Europa:  "L'operazione di polizia effettuata sabato scorso presso The Hemp Club di Milano e che ha portato al sequestro di piante di cannabis e all'indagine nei confronti del presidente Raffaele D'ambrosio per violazione dell'art. 73 della legge sugli stupefacenti ci mostra ancora una volta la follia della legge italiana", ha dichiarato il parlamentare. "L'associazione milanese a cui sono iscritto - ha proseguito - offre un servizio di facilitazione ai malati che hanno bisogno di una terapia a base di cannabis e al contempo offre ai malati il supporto tecnico logistico nella autocoltivazione in forma associata di cannabis.  Un'attività del genere andrebbe riconosciuta, sostenuta e incentivata e le forze dell'ordine impiegate in operazioni sensate e non in operazioni che danneggiano la possibilità di accedere alla cannabis per cittadini che ne hanno bisogno. Anche episodi come questi sono responsabilità di un Parlamento immobile e insensibile che non modifica norme sbagliate e controproducenti", ha concluso il deputato Riccardo Magi. 

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