Virologi: o si cambia o nuovo lockdown

 di Valentina Stella Il Dubbio 23 ottobre 2020 


«Il lockdown generalizzato si può evitare se vengono prese misure rapide, urgenti, forti e adesso», ma «non con quelle prese attualmente»: così Walter Ricciardi, professore di igiene all'Università Cattolica e consigliere del ministro Roberto Speranza, durante la conferenza stampa online di ieri di presentazione del Festival della Salute globale, che si svolgerà dal 9 al 15 novembre. Ad esempio, ha proseguito Ricciardi, «le misure su coprifuoco non si sono dimostrate efficaci in Paesi come Francia e Spagna. Anche perché, come ha ironizzato qualcuno, il Covid non lo portano i metronotte ma le masse di persone che si addensano nei locali e sui trasporti locali». Dello stesso parere Massimo Galli, direttore Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano e professore all'Università Statale, che durante la trasmissione di Rai 3 Agorà ha lanciato un allarme: «se la tendenza non viene invertita nei prossimi 15-20 giorni è molto probabile che saranno necessari poi interventi molto più drastici. È aritmetica più che scienza», tuttavia un «nuovo lockdown generalizzato sarebbe un intervento della disperazione e indice del fallimento di altre azioni di contenimento». Il virologo Fabrizio Pregliasco, intervenuto a Ogni Mattina su Tv8, ha parlato altresì dell'ipotesi di «chiudere altri aspetti, le piscine, le sale gioco, tutto quello che in qualche modo è superfluo. Credo che questo primo step sia stata una decisione difficile per l'equilibrio politico fra la salute e l'aspetto economico. È un primo step. Bisognerà valutare quelli che potranno essere gli effetti che purtroppo vedremo solo dopo una o due settimane». È invece con un richiamo storico che nella medesima conferenza stampa di ieri Stefano Vella, infettivologo e docente di Salute Globale all'Università Cattolica di Roma, ha descritto il momento attuale della pandemia da Covid 19: «condivido quello che disse Churchill dopo la prima vittoria inglese, a metà della Seconda Guerra Mondiale: attenzione, 'questa non è  la fine. Non è neanche l’inizio della fine. Ma forse è la fine dell’inizio'. C'è ancora molto da lavorare con i nostri comportamenti. Speriamo che la scienza ci aiuti, ma occorre capire quali misure concrete adottare per non farci travolgere dalla pandemia». Tra le misure concrete molti sperano nei vaccini, ma occorre cautela come ricordato dall'immunologa Antonella Viola sul suo profilo Facebook: «è dall’inizio di questa terribile pandemia che continuano a indicare il vaccino come quella cosa che istantaneamente ci permetterà di tornare alla vita di prima. C’è una eccessiva aspettativa da parte delle persone e, temo, persino dei politici.  In realtà non sarà così. Prima di tutto non arriverà a fine anno. Se tutto andrà bene, sarà registrato entro fine anno e le prime dosi arriveranno verosimilmente verso marzo o aprile.  Le prime dosi non saranno sufficienti per tutti e quindi la nostra vita non cambierà. Inoltre, serviranno 2 vaccinazioni successive e a distanza di settimane, quindi comunque bisognerà aspettare.  Ma c’è un altro problema: i trial clinici non stanno analizzando la capacità del vaccino di indurre immunità sterilizzante ma di ridurre i sintomi». Sul fronte delle cure invece ieri ha parlato Nicola Magrini, direttore generale dell'Aifa, sempre ad Agorà: «è cambiato molto lo standard di cura rispetto ai primi mesi. Ad esempio i farmaci per Aids abbiamo visto che non sono da utilizzare, perché troppo pesanti per i pazienti; la clorochina non ha mostrato dati positivi». Invece, «il cortisone rappresenta oggi uno dei cardini della terapia: uno studio inglese ha mostrato che riduce la mortalità. E l'eparina è diventato altro pilastro del trattamento», mentre la terapia del plasmaiperimmune «non sappiamo ancora se funziona e in chi». Per quanto riguarda invece la tenuta degli ospedali ha polemizzato all'Adnkronos Carlo Palermo, segretario dell'Anaao Assomed, principale sindacato della dirigenza medica: «con questo andamento avremo un mese di respiro prima della saturazione dei letti in terapia intensiva. I conti sono presto fatti: i letti attivati e disponibili in terapia intensiva sono in realtà 6.600, ne mancano 2.400 per arrivare ai 9.000 previsti. Possiamo dire che qualcuno ha dormito dopo la prima ondata».  Oggi intanto è il secondo giorno del Festival della Scienza che si concluderà il 1 novembre e che ospiterà, tra i vari seminari, anche un ciclo di conferenze dal titolo "L'onda Covid: capire per reagire" con scienziati italiani di fama internazionale.

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