Scappa dalla Libia e muore in un ospedale italiano

 di Angela Stella Il Riformista 7 ottobre 2020

 

Abou aveva solo 15 anni, era partito dalla Costa D'Avorio perché sognava di raggiungere l'Europa ma il suo viaggio è terminato in uno ospedale palermitano dove ha perso la vita dopo aver trascorso circa un mese in mare, a bordo prima della Open Arms e poi della nave quarantena Allegra. Viaggiava da solo il piccolo Abou; aveva lasciato il suo Paese per cercare una vita migliore da noi ma nel suo tragitto ha trovato forse un centro di detenzione libico e dopo sicuramente la morte. E allora perché e come è morto il piccolo Abou? Ieri intanto è stata formalizzata al commissariato Porta Nuova di Palermo la denuncia presentata da Alessandra Puccio, tutrice di Abou, assistita dall'avvocato Michele Calantropo che ci dice: "noi abbiamo chiesto di capire perché questo ragazzo è morto; la cartella clinica è stata sequestrata e domani (ndr oggi) alle 13:30 ci sarà il conferimento dell'incarico al medico legale per l'autopsia. La relazione autoptica potrebbe essere depositata anche fra 60 giorni. Quindi è presto per fare qualsiasi tipo di valutazione. Spetterà alla procura ricostruire quanto successo e accertare eventuali responsabilità". Ma proviamo a ricostruire questa drammatica vicenda, grazie anche ad una nota di Open Arms ed Emergency: il calvario europeo di Abou inizia il 10  settembre scorso, quando l’imbarcazione su cui viaggiava è stata soccorsa. I superstiti, partiti da Zuara, in Libia,  avevano trascorso tre giorni in mare ed erano stremati. Si presume che abbiano passato prima del tempo in una prigione libica per poi essere venduti ai trafficanti di esseri umani. Secondo il medico di Emergency presente a bordo, al momento del salvataggio, "Abou non riportava sintomi particolari, se non una forte denutrizione, comune alla maggior parte delle persone che erano sulla sua barca. Il 17 settembre, verso le 21, il ragazzo ha iniziato ad avere la febbre e un forte dolore lombare: è stato subito condotto nell’ambulatorio della nave, dove è stato sottoposto al test per il Covid-19 che è risultato negativo. Lo staff medico lo ha reidratato per via endovenosa, gli ha somministrato del paracetamolo e una terapia antibiotica, ipotizzando una possibile infezione alle vie urinarie. Quando il ragazzo ha lasciato l’ambulatorio, la febbre era scesa". C'è da precisare, sottolineano da Open Arms, che "secondo lo staff medico, le cicatrici presenti sugli arti di Abou non sembravano riconducibili a torture o maltrattamenti recenti; sempre secondo quanto riportato da un amico che faceva da interprete, si trattava di lesioni molto vecchie che risalivano al periodo dell’infanzia". Intanto in quei giorni Open Arms, dopo due salvataggi e con 276 persone a bordo, aveva chiesto ripetutamente  - ma invano  - uno sbarco sicuro alle autorità maltesi. Stessa cosa avveniva con l'Italia che però poi il 18 settembre ha concesso il trasbordo dei migranti sulla nave Allegra, in rada a Palermo.  Abou è quindi stato trasferito con ancora la flebo al braccio: "al momento dello sbarco, Abou sembrava stare meglio: era salito sul rhib con le sue gambe e comunicava sia con lo staff, sia con gli altri ragazzi", conclude Open Arms. Cominciava così la quarantena. Il 28 settembre l'ivoriano viene visitato dal medico della Croce Rossa da cui sembra emergere invece un'altra versione, secondo i dettagli di un referto che l'Agi ha avuto modo di leggere: "all'ispezione sono visibili numerose  cicatrici verosimilmente conseguenti a torture subite in carcere in Libia (questo dato viene riferito da un compagno di viaggio)". Se Abou sia stato torturato recentemente sarà quindi l'autopsia a stabilirlo. Quello che pare sicuro è che il 29 settembre "le condizioni generali del paziente appaiono peggiorate. I compagni  - prosegue il documento -riferiscono che si rifiuta di bere arrivando a sputare l'acqua che gli viene offerta. Rifiuta terapia di qualsiasi tipo: il paziente necessita urgentemente di ricovero in struttura adeguata per studio approfondito di apparato urinario e reintegro alimentare per stato di grave malnutrizione e denutrizione volontaria". Il medico chiede lo "sbarco urgente" del ragazzo. Il 30 settembre Abou lascia la nave e viene portato in ambulanza all'ospedale Cervello: i tamponi covid risulteranno nuovamente negativi, ma viene ricoverato per "polmonite" e per un forte stress post-traumatico oltre a un grave stato di denutrizione e disidratazione volontaria. Poi il coma e il trasferimento alla Rianimazione dell’Ingrassia dove troverà la morte. Ieri sera il Forum Antirazzista ha organizzato una fiaccolata a Palermo per " ricordare Abou, manifestare vicinanza a tutte le persone che sono costrette - dopo viaggi ed esperienze terrificanti e dopo le torture e le violenze in Libia - a subire respingimenti, odio e rifiuto da parte della nostra Unione europea".

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