«Nessuno ha la ricetta magica per poter sconfiggere il Covid »

 di Valentina Stella Il Dubbio 27 ottobre 2020

«Bisogna essere umili e ammettere che di questa pandemia ci sono ancora molte cose che non conosciamo: nessuno ha la ricetta magica per sconfiggere il virus, e chiudersi in lockdown a tempo indefinito non può essere una opzione praticabile. Senza l’impegno individuale e collettivo anche le misure più drastiche si riveleranno del tutto inutili». Sono questi i pilastri per fronteggiare il Covid- 19 secondo l'opinione del professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma e membro del Comitato tecnico- scientifico ( Cts), in libreria con ' Cosa sarà. Come cambierà la nostra vita dopo la grande epidemia. La sanità, il lavoro, la scuola, la politica', scritto con Salvatore Curiale per Mind Edizioni.

Cento professori e scienziati hanno scritto qualche giorno fa al premier Conte e al presidente Mattarella per chiedere subito misure drastiche per contenere l'impennata dei contagi da Covid. Domenica è arrivato il nuovo dpcm. Qual è il suo parere in merito?

Come componente del Cts posso dire che il comitato ha fatto e continua a fare un lavoro enorme nella valutazione dei rischi e nell’elaborazione di linee guida per le varie attività economiche e sociali. Dico anche che va rispettato il ruolo della politica nel fare la sintesi tra le ragioni della scienza, dell’economia e della società. Dobbiamo però uscire tutti dalla logica di chiedere a qualcun altro di fare qualcosa di più: il contenimento dell’epidemia inizia dai comportamenti di ci\\ ascuno di noi, dall’impegno individuale a fare la nostra parte per tutelare la salute nostra e degli altri. Senza l’impegno individuale e collettivo anche le misure più drastiche si riveleranno del tutto inutili.

Secondo lei l'attuale situazione era evitabile mantenendo misure restrittive durante l'estate?

Non so rispondere a questa domanda. Se guardo però la carta epidemiologica dell’Europa ad oggi, non vedo onestamente Paesi con dimensioni e struttura economico- sociale simili al nostro che si siano salvati da questa seconda ondata. Allora dico che bisogna essere umili e ammettere che di questa pandemia ci sono ancora molte cose che non conosciamo: nessuno ha la ricetta magica per sconfiggere il virus, e chiudersi in lockdown a tempo indefinito non può essere una opzione praticabile.

A suo giudizio la riapertura delle scuole ha pesato sull'aumento dei contagi?

Molto poco. Vorrei aggiungere che ci siamo assunti in primavera l’enorme responsabilità di sottrarre ai nostri ragazzi la scuola e tutte le attività che promuovono la socialità e la crescita umana tra i giovani, in primo luogo lo sport. Abbiamo dunque un grande debito nei loro confronti, e dobbiamo fare ogni sforzo per tenere aperte queste attività.

Il Sistema Sanitario Nazionale è pronto ad affrontare adeguatamente questa seconda ondata?

Negli ultimi venti anni il sistema sanitario nazionale è stato sistematicamente impoverito per effetto di scellerate politiche di tagli. Negli ultimi sei mesi sono stati fatti sforzi enormi per potenziare le strutture sanitarie e metterle in grado di sostenere l’urto della pandemia, ma per quanto la percentuale di ricoverati e di ammessi nelle terapie intensive sia oggi molto più bassa che durante la prima ondata, se il numero complessivo dei positivi salisse oltre un certo livello la sofferenza complessiva del sistema sarebbe inevitabile.

Secondo lei funziona il sistema di tracciamento o vede delle criticità? Ad esempio, a suo parere, l'app Immuni è un efficace strumento?

Torno al discorso fatto prima: nessuna misura serve se non è adottata convintamente dalla popolazione. Immuni è una app semplice, funzionale, rispettosa della privacy individuale, ma serve a poco se non raggiunge una massa critica di utenti che la utilizzano. Ed in ogni caso, non può sostituire il tracciamento “umano”, che rimane lo strumento fondamentale per contenere la diffusione del virus attraverso i contatti dei casi positivi. Ed anche in questo caso torno al discorso di prima: dopo avere negli anni sistematicamente svuotato i dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali, si possono forse pretendere miracoli? È in tempo di pace che bisogna prepararsi alle guerre, è durante le fasi di calma che bisogna pianificare la risposta alle minacce pandemiche: ricordiamocelo per il futuro quando arriverà il politico di turno a dirci che per far quadrare i conti dobbiamo chiudere gli ospedali.

La comunità spera in un vaccino al più presto. Su questo le chiedo due cose: davvero una volta che è stato approvato un vaccino, possiamo tranquillamente dire che il problema è risolto? E secondo: a che punto è la sperimentazione presso lo Spallanzani?

Quando un vaccino sarà stato approvato saremo solo all’inizio del percorso: poi bisognerà produrlo nelle dosi richieste, stabilire le priorità di vaccinazione, distribuirlo, verificare nel tempo se l’immunità che offre è definitiva o temporanea. Il vaccino è solo una tessera del puzzle delle misure necessarie per superare l’epidemia, assieme ai comportamenti individuali ed alla ricerca sulle cure: la disponibilità di farmaci in grado di bloccare la progressione della malattia Covid- 19 verso le sue forme più severe sarebbe altrettanto importante della disponibilità di un vaccino. Lo Spallanzani è attivo su entrambi i fronti: su quello del Vaccino con la sperimentazione del preparato di Reithera, per il quale i primi risultati della fase 1 saranno disponibili tra qualche settimana, e su quello dei farmaci con il progetto sugli anticorpi monoclonali, sviluppato in collaborazione con Toscana Life Sciences e per il quale entro la fine dell’anno inizieranno i test sull’uomo.

Lei è d'accordo su quanto riportato qualche giorno fa dalla rivista Lancet riguardo all'immunità di gregge?

Totalmente. I medici che hanno firmato la Great Barrington Declaration,

il documento che promuove il raggiungimento dell’immunità di gregge favorendo la diffusione del virus, farebbero bene a rileggersi il giuramento di Ippocrate.

Secondo lei cosa non ha funzionato nella comunicazione scientifica alla popolazione in questi mesi? Ritiene che ci sia stata troppa esposizione mediatica?

Oggi in ogni trasmissione televisiva che si rispetti, accanto al conduttore, agli autori, ai cameramen, ai fonici, agli addetti luci, a truccatori e parrucchieri, non può mancare il “virologo”. Basta farsi un giro su Scopus o su altri siti che indicizzano l’attività di pubblicazione scientifica per rendersi conto di come molti dei colleghi che affollano quotidianamente gli studi televisivi hanno una produzione scientifica sul SARS- CoV- 2 che eufemisticamente definirei modesta, e purtroppo in molti casi anche su altri virus e sulla gestione di eventi epidemici. Mi risulta addirittura che alcuni hanno l’agente che contratta la loro partecipazione alle trasmissioni, come se fossero dei comici. Molti in effetti fanno proprio ridere, come ci ha detto Elio Guzzanti, un grande maestro della medicina, in un'intervista ' quasi impossibile” che abbiamo riportato nel libro che ho scritto con Salvatore Curiale “Cosa sarà. Come cambierà la nostra vita dopo la grande pandemia. La sanità, il lavoro, la scuola, la politica”, pubblicato da Mind Edizioni.

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