La Commissione del Csm: Davigo via dal Consiglio dopo la pensione

 

di Angela Stella Il Riformista 14 ottobre 2020

 

Il consigliere Piercamillo Davigo dovrà lasciare il Csm quando, tra qualche giorno, compirà 70 anni , l'età massima per la permanenza in magistratura: è la conclusione alla quale è giunta ieri la maggioranza (2 componenti su 3) della Commissione Verifica Titoli del Csm. A favore della proposta della maggioranza hanno votato la presidente Loredana Miccichè e la consigliera Paola Braggion, entrambe di Magistratura Indipendente, la corrente di cui è stato un esponente lo stesso Davigo prima di fondare il gruppo di Autonomia e Indipendenza. Non ha espresso un voto contrario ma si è astenuto il consigliere laico del M5S Alberto Maria Benedetti: "Mi sono astenuto soprattutto perché la questione è complessa e merita di essere approfondita- dice interpellato dall'Ansa - e la complessità della questione non riguarda soltanto ragioni giuridiche ma anche ragioni diverse sul funzionamento del Csm, la messa in sicurezza dei suoi provvedimenti e della loro validità. C'è una valutazione complessiva che mi ha indotto in questa fase, quella della Commissione, a tenere un atteggiamento di astensione. Mentre in plenum naturalmente potrei anche decidere di votare in un senso o nell'altro".  A propendere per la decadenza di Davigo dal Csm anche il parere reso dall'Avvocatura dello Stato su richiesta della Commissione Verifica Titoli, parere che era stato rimasto stranamente secretato per diversi giorni.  È molto probabile che l'orientamento fin qui emerso venga ribaltato dal plenum di Palazzo dei marescialli, previsto non più per oggi o domani bensì per lunedì 19 ottobre a partire dalle ore 15, proprio alla vigilia del settantesimo compleanno di Davigo. Altre due sedute di plenum sono state convocate nei due giorni successivi: il 20 alle 9,30 con eventuale prosecuzione pomeridiana e il 21 alle 10. Il giorno decisivo resta comunque il 19. La questione da sciogliere non è affatto semplice, anche dal punto di vista giuridico. L'articolo 24 della legge 195 del 1958 istitutiva del Csm stabilisce che per essere eletti consiglieri togati bisogna essere magistrati in servizio, ma il successivo articolo 37 non prevede il collocamento a riposo quale esplicita causa di decadenza di diritto dalla carica. È su questa base che Davigo sostiene di avere il diritto di restare, anche da pensionato, sino alla fine del suo quadriennale mandato. Il Consiglio di Stato tuttavia in una sentenza del 2011, attenta ai valori e ai principi costituzionali, ha sancito che l'appartenenza alla magistratura è "condizione sempre essenziale e imprescindibile per l'esercizio della funzione di autogoverno" svolta dai consiglieri, non limitabile al solo accesso al Csm. E proprio a quella sentenza si rifà l'Avvocatura dello Stato nel parere che ha costituito la base della pronuncia della Commissione. Se l'elemento certo è dunque finalmente la data in cui si deciderà il destino di Davigo, ci si chiede il perché di questo slittamento. Una possibile ragione potrebbe essere che da domenica 18 a martedì 20 ottobre si terrà contemporaneamente la tre giorni per l'elezioni del parlamentino dell'Associazione Nazionale Magistrati: sbaglieremmo a pensare che dunque il rinvio potrebbe essere dettato dal timore di qualcuno di perdere consenso elettorale in base alla decisione su Davigo? Non è irragionevole, anzi, ipotizzare che la scelta finale del plenum del Csm potrebbe spostare consenso da una parte o dall'altra all'interno dell'Anm, sempre che l'Anm rimanga integra, considerate le ipotesi di scissione che stanno circolando in questi giorni. Diciamolo chiaramente: c'è poca voglia di esporsi sulla questione Davigo, terreno troppo scivoloso per molti, come lo è stato il caso Palamara, archiviato per il momento alla velocità della luce. I tatticismi hanno prevalso sulla trasparenza, fatta eccezione per Magistratura Democratica che ha preso una posizione esplicita, chiara grazie all'intervento del Presidente Riccardo De Vito  sulla rivista Questione Giustizia per cui "occorre essere ben avvertiti, infatti, del gravissimo pericolo che si corre nel gettare a mare la rappresentatività democratica del Consiglio superiore per sostenere la tesi della permanenza in carica di un consigliere non più appartenente all’ordine giudiziario" aggiungendo che "la decisione che il plenum dovrà assumere rappresenta un banco di prova per il governo autonomo". Posizioni pilatesche sono invece giunte da Area Democratica per la Giustizia che auspica "che il plenum del CSM possa adottare la deliberazione finale attraverso un dibattito pubblico e un voto palese affinché le ragioni del voto e delle relative posizioni siano il più possibile intellegibili e trasparenti"; e da Magistratura Indipendente che chiede "scelte tecniche e non politiche".

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