Covid in carcere: aumentano i casi

 di Angela Stella Il Riformista 24 ottobre 2020

Sono attualmente 71 i positivi al Covid tra i detenuti in 34 diverse carceri, 112 tra gli operatori penitenziari: questi dati sono stati resi noti ieri dal sindacato Uilpa Polizia penitenziaria ma sono purtroppo aggiornati a lunedì scorso. Erano 35 i detenuti e 61 i poliziotti penitenziari positivi all’11 ottobre: quindi quasi un raddoppio nel giro di dodici giorni. Se torniamo ancora indietro di un mese, il 10 settembre scorso si contavano 10 detenuti e 11 agenti positivi.
La situazione non è allarmante, ma l’attenzione va mantenuta alta, come nel resto del Paese. E così come avviene per le regioni, anche nelle carceri il tracciamento dei contagi è a macchia di leopardo: il Garante nazionale Mauro Palma ha riferito a Radio Radicale che in Lombardia sono stati fatti nelle carceri 8821 tamponi, in Calabria solo 415.
L’aspetto positivo è che, a differenza della scorsa primavera, la distribuzione dei casi positivi non è concentrata in pochi istituti. Volendo fare un raffronto con i dati della prima ondata, dobbiamo far riferimento al rapporto di metà anno di Antigone per cui i casi totali al 7 luglio erano stati 287. Quattro in totale le vittime secondo quanto riportato il 3 settembre sempre dal Garante delle persone private della libertà personale, che a breve riprenderà a diramare il consueto bollettino.  Si può facilmente evincere quanto sia difficile districarsi tra le fonti per avere una fotografia chiara della situazione pandemica nelle carceri. Purtroppo abbiamo anche appurato che non è possibile reperire i numeri direttamente dall’amministrazione penitenziaria. Ma forse una buona notizia c’è: sempre ieri è stata raggiunta un’intesa per la condivisione di un  protocollo sanitario per la prevenzione e il contenimento dei rischi da contagio da coronavirus fra il Dap, il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità e la quasi totalità delle organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo di polizia penitenziaria. All’interno di tale protocollo è previsto anche che Dap e Dgmc forniranno sistematicamente alle organizzazioni sindacali i numeri relativi al personale e ai detenuti risultati positivi. Ci riesce complicato comprendere perché il Ministero della Giustizia non possa farsi in prima persona promotore di un bollettino per aggiornare sull’andamento della pandemia nelle carceri. Comunque se misure soft per contrastare l’emergenza sono state prese per limitare alcune attività nel Paese, si potrebbe pensare di mettere in campo anche per l’esecuzione penale alcuni provvedimenti atti a prevenire un espandersi del contagio. Grazie una testimonianza arrivata alla radicale Rita Bernardini veniamo a sapere, per esempio, che i detenuti semiliberi del carcere Fuorni di Salerno chiedono di ripristinare ciò che era previsto nella prima fase, cioè rientrare a casa la sera anziché in carcere: «nonostante il Dpcm vieti categoricamente assembramenti, questo la sera al rientro in carcere non avviene, in quanto varcato il cancello, veniamo riuniti - scrive un detenuto -  in circa 20 persone in uno spazio fortemente limitato, veniamo tutti da zone dove è presente un alto tasso di contagiati asintomatici e dormiamo sempre in 5 in una cella dove i letti sono distanziati di circa 40 centimetri».
Ad una situazione sanitaria precaria si aggiungono pure le numerose restrizioni e contrazioni delle opportunità trattamentali e degli spazi residui di libertà e la risalita delle presenze in carcere (al 30 settembre sono 54.277 i reclusi presenti): per questo Rita Bernardini rilancia la proposta di legge elaborata dal Partito Radicale e da Nessuno Tocchi Caino, e presentata dall’onorevole di Italia Viva Roberto Giachetti, che indica in 75 giorni, e non più in 45, la detrazione di pena ai fini della liberazione anticipata per ogni singolo semestre di pena scontata.

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