Mascherin: «Col linguaggio dell’odio si offende il giornalismo»

Di Valentina Stella Il Dubbio 9 giugno 2018
Non sono di certo mancate le reazioni al post di Lirio Abbate, in primis dal mondo dell’avvocatura. Da twitter arriva il duro commento del Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin: «Le argomentazioni difensive possono essere criticate a torto o ragione ma se lo si fa come Lirio Abbate nei confronti di Cesare Placanica con arroganza, linguaggio d’odio, presunzione di impunità non si offende tanto l’avvocatura ma il decoro del giornalismo». Per Beniamino Migliucci, Presidente dell’Unione delle Camere Penali, si tratta di un post «gravemente insultante, privo di qualsiasi giustificazione». Il penalista Renato Borzone, Responsabile dell’Osservatorio sull’informazione giudiziaria dell’UCPI, giudica il messaggio del giornalista «gravissimo e inaccettabile. Ha tenore minaccioso e intimidatorio. Osa associare la figura del difensore ai criminali e alla criminalità mafiosa. Si permette, secondo una concezione autoritaria, di definire ' amico dei criminali' il legale che compie il proprio dovere. Tutto questo è inaudito».
La pensano in maniera opposta la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’ Ordine nazionale dei giornalisti che si sono schierati a difesa del vice direttore de L’Espresso: «Per l’ennesima volta, a Roma, durante una delle udienze del processo al ' Mondo di Mezzo', un avvocato della difesa ha sferrato un duro attacco, condito da pesanti insinuazioni, nei confronti di un cronista del quale non ha pronunciato il nome, ma che forse potrebbe essere identificato nella persona di Lirio Abbate. Un metodo questo, intollerante e intollerabile, che si sta tuttavia diffondendo in particolare nei processi contro mafia, ‘ ndrangheta e corruzione».
Per questo Odg e FNSI, precisano nella nota, chiederanno «all’Ordine nazionale forense ( Consiglio Nazionale Forense ndr) di avviare un confronto affinché il diritto costituzionale alla difesa non diventi, come alcuni avvocati tentano di fare, un’occasione per delegittimare il lavoro dei giornalisti». Replica l’avvocato Vincenzo Comi, vice presidente della Camera Penale di Roma: «Ma quale duro attacco? Il collega ha semplicemente esercitato la sua funzione di difensore. Non può dunque essere consentito un attacco al ruolo del difensore e alla modalità con cui l’avvocato esercita la difesa nel processo. A maggior ragione quando avviene l’identificazione del difensore con i propri assistiti, circostanza avvenuta nella pubblicazione del comunicato di Abbate. La stampa non è parte in causa nei processi ma ha il ruolo fondamentale di farne la cronaca. Si tratta di un attacco personale. L’Avvocatura romana non si lascerà intimidire».
Infatti i penalisti romani hanno deciso di riunirsi in assemblea la prossima settimana per valutare i provvedimenti da adottare. Sulla sua pagina Facebook intanto Lirio Abbate riceve solidarietà ma incassa anche dure critiche, come quella di Renata B., che scrive: «Da studentessa di giurisprudenza che da qualche anno si è avvicinata al giornalismo, Le dico che se mai un giorno avrò bisogno di un avvocato perché verrò accusata di un qualsiasi reato, tremerò al solo pensiero che qualcuno possa definire il mio avvocato un delinquente per il semplice fatto di difendere i miei diritti prima ancora che la mia persona». Alessandro Maresca, invece, lo invita coerentemente ad agire: «Ritiene di essere stato diffamato? Invece di scrivere post su fb, abbia il coraggio delle sue azioni e presenti una querela. La vita reale è fuori, non nel virtuale». A conclusione Giuseppe S.: «Colga l’occasione per rimodulare il suo post e, se vi sono i presupposti, eserciti i suoi diritti nelle sedi opportune. Tenga conto che per fare questo avrà bisogno di essere assistito da un Avvocato!».

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