Disse: «Avvocati amici dei boss». Esposto per Abbate

di Valentina Stella Il Dubbio 13 giugno 2018

È un esposto disciplinare all’ordine dei giornalisti il primo atto che la Camera penale di Roma ha intenzione di intraprendere in merito alle affermazioni del vice direttore de L’Espresso Lirio Abbate che venerdì scorso su facebook aveva definito l’avvocato Cesare Placanica, impegnato nel processo Mafia Capitale, come un «para- difensore».

Non solo, Abbate si era anche augurato che «il fango che tu e i tuoi amici mafiosi volete spargere sulla mia correttezza professionale vi si ritorcerà sommergendovi».

La proposta - a cui nei prossimi giorni il direttivo della CPR è chiamato a dare corso - è partita ieri in assemblea dall’avvocato Giandomenico Caiazza che ritiene necessario che «l’Ordine dei giornalisti e la Fnsi tornino a pronunciarsi e valutino se è professionale e corretto che un giornalista equipari il difensore al proprio assistito e lasci anche intendere che gli onorari che un avvocato riceve possano essere rappresentati come un mezzo per prezzolare il legale».

All’origine dell’ira di Abbate ci sarebbe l’arringa con cui l’avvocato Placanica ha smontato la credibilità di un vecchio libro del giornalista, secondo il quale giudici e pubblici ministeri sarebbero stati ricattati da Massimo Carminati che avrebbe conquistato una certa impunità sottraendo i loro riservatissimi documenti dal caveau della Banca di Roma.

Per i penalisti romani si tratta invece di una «leggenda» mai acquisita come dato processuale. «Una vera e propria idiozia» l’ha definita l’avvocato Bruno Naso, difensore di Carminati: «Se lui fosse venuto in possesso di quei documenti, io ne avrei avuto copia e la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata quella di renderli pubblici».

L’avvocato Naso ha poi spostato l’attenzione su un altro problema che andrebbe affrontato: «Non possiamo più tacere sui metodi utilizzati dalla procura di Roma, non possiamo più tollerare che, come accaduto a mia figlia, un avvocato venga intercettato telefonicamente e pedinato nell’esercizio della sua funzione, che io trovi una cimice sul pianerottolo del mio studio professionale, non possiamo più far finta di niente dinanzi al fatto che al Tribunale del Riesame a giudicare ci sia- no i coniugi dei pm». Con lui altri avvocati, tra cui Gaetano Scalise, Giuliano Dominici, Giuseppe Belcastro, Cesare Gai, Oliviero De Carolis, Gianluca Tognozzi, Livia Rossi hanno ribadito che non è la prima volta che la funzione difensionale viene messa in discussione. Per l’avvocato Comi, vice presidente della Camera Penale di Roma, che ha

ringraziato il Presidente del Cnf Mascherin, l’Ucpi e le Camere Penali di Latina, Brindisi, Nola per i messaggi di solidarietà, quindi «in ogni sede bisogna rivendicare che la tutela del diritto del difensore non può essere mai più intaccata e minacciata con i toni virulenti utilizzati da Lirio Abbate» . Per questo, oltre all’esposto, sono in campo altre iniziative: comprare la pagina di un giornale per denunciare quanto accaduto e replicare ad Abbate, scegliere una data in cui tutti gli avvocati all’inizio di ogni udienza leggano il messaggio in quanto, come qualche avvocato ha ricordato, «se certi giornalisti si permettono di usare questi toni è perché si sentono legittimati da qualcuno».

In merito a questo punto a fare chiarezza è intervenuto l’avvocato Renato Borzone, Responsabile dell’Osservatorio sull’informazione giudiziaria dell’UCPI, attraverso una dichiarazione letta in assemblea: «Il vero problema è la sinergia che si istaura tra investigatori e una parte della stampa, fino a produrre il fenomeno dei cronisti embedded delle Procure che tendono a sposare la visione etica del processo come strumento di difesa sociale e non di accertamento della verità del caso concreto. La pressione mediatica si esercita anche con la comunicazione allestita dagli investigatori e dagli inquirenti attraverso la conferenza stampa al momento degli arresti e con i video giudiziari che vengono pubblicati per supportare le inchieste della magistratura». Le conclusioni dell’assemblea sono state affidate proprio all’avvocato Placanica che ha ringraziato per la solidarietà ricevuta e senza tornare nel merito delle affermazioni di Abbate ha detto che «quello che traspare e di cui bisogna preoccuparsi è che per molti il nemico sociale non ha diritto alla difesa: per Carminati, Previti, Dell’Utri, Riina prima si è creata la cappa mediatica, poi endo- processualmente noi difensori non siamo stati ascoltati perché veniamo visti come un intralcio ad una giustizia che si ritiene esista già da prima»

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