“La bellezza dentro, donne e madri nelle carceri italiane”

di Valentina Stella Il Dubbio 27 giugno 2018

Fino a tutto il mese di luglio è allestita nei locali del Tribunale di Ravenna, precisamente nel corridoio delle aule delle udienze penali, la mostra fotografica del fotoreporter ravennate Giampiero Corelli, autore dell’omonimo libro, “La bellezza dentro - donne e madri nelle carceri italiane”. L’iniziativa, nata grazie all’Ordine degli Avvocati di Ravenna e alla Presidenza del Tribunale stesso, si sarebbe dovuta concludere nel mese di giugno ma avendo riscosso ampio apprezzamento e interesse da parte degli operatori di giustizia e della cittadinanza è stata prolungata. La curatrice d'arte fotografica Maria Vittoria Baravelli ha commentato: "per molti reporter la fotografia si configura come un autentico lasciapassare; un passaporto che permette di viaggiare fino ai confini del mondo. Ma il viaggio che Giampiero Corelli racconta con la sua mostra non è esotico, lontano e sospeso in un tempo sconosciuto, ma radicato in una realtà non così lontana da noi eppure all'apparenza invisibile. Corelli – continua a Baravelli -  offre la possibilità di vedere quello che forse non avremmo mai visto, donandoci persino una temporanea ubiquità. Un viaggio dentro i confini dell’essere umano. È la prima volta che un luogo come il tribunale ospita una mostra fotografica che unisce la parte culturale, artistica della fotografia al contenuto sociale delle immagini, e questo è motivo per pensare che si possa fare cultura anche in luoghi che non sono adibiti a tale funzione". L’avvocato Mauro Cellarosi, Presidente Ordine Avvocati Ravenna, al Dubbio illustra il messaggio che gli organizzatori vogliono lanciare con l’iniziativa: “innanzitutto devo ringraziare il presidente del Tribunale Roberto Sereni Lucarelli che ha avuto l’entusiasmo di capire che la mostra sarebbe potuta essere una idea interessante su un tema attuale. Il messaggio che vogliamo lanciare è che in questo momento, in cui il carcere è visto solo nella sua connotazione afflittiva per cui la pena deve essere eseguita costi quel costi, noi vogliamo invece porre l’attenzione sul recupero di una dimensione umana della pena, ovviamente nella cornice del diritto”.  Sottolineando che anche la Camera Penale della Romagna ha sostenuto il progetto, Cellarosi ha concluso:  “noi non ci dimentichiamo del carcere anche quando qualcuno si preoccupa, come qualche magistrato, che in carcere si sta troppo poco. Sarebbe bellissimo, auspicabile che il cento per cento dei detenuti potesse usufruire di una piena rieducazione e che si puntasse maggiormente sull’accesso alle misure alternative al carcere, da considerare come ultima ratio”.

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