La storia di Ezio Chiesa

 Valentina Stella Dubbio 25 luglio 2025

Ricordate la storia di Ezio Chiesa, ex consigliere regionale del Partito democratico in Liguria, poi uscito dal gruppo, che ha subìto quindici procedimenti, ha dovuto sospendere la sua carriera politica, vedere la sua vita provata e professionale sbattuta sui giornali, per poi essere assolto? Se la memoria non vi aiuta, lo facciamo noi: l’uomo per dieci anni è finito nel tritacarne giudiziario e mediatico per due filoni di inchiesta sulle cosiddette “spese pazze” della Regione Liguria. Era il dicembre 2012 quando la Guardia di Finanza fece irruzione nel Consiglio regionale. La procura di Genova decise di mettere sotto osservazione cinque anni di bilanci regionali a cavallo di due legislature, dal 2008 al 2012. Chiesa fu accusato in due distinti processi per peculato ma poi sempre assolto. Dopo la prima sentenza positiva passata in giudicato nel 2019, Chiesa aveva chiesto personalmente alla Regione Liguria il rimborso delle spese legali, pari a circa 37mila euro. Ma adesso il tribunale civile di Genova ha respinto la sua richiesta, con una decisione che mette in evidenza alcuni paradossi nel nostro sistema giudiziario. Guardiamo i dettagli. La Legge 6 agosto 2015 prevede, tra l’altro, che il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile se sussistono tre condizioni: a) assenza di conflitto di interessi con l'ente amministrato; b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti; c) assenza di dolo o colpa grave. Nel caso in esame è specificamente contestata la sussistenza del presupposto di cui alla lettera b). In particolare viene contestata la realizzazione di un sito Internet che inizialmente era nato per documentare l'attività politica di Ezio Chiesa, componente del gruppo consigliare PD, ma si era poi trasformato “in un sito atto a documentare l'attività del gruppo consiliare Liguria Viva”. Si imputa a Chiesa il fatto che quel sito non si ponga in rapporto di strumentalità necessaria con l’attività del Consiglio Regionale. Si legge nella sentenza: «Non è chiaro - ad esempio - se tale comunicazione sia finalizzata a trasmettere informazioni su provvedimenti, servizi, iniziative o attività consiliari verso cittadini o piuttosto a promuovere un gruppo, una lista o un singolo consigliere, nel caso in esame coincidente con il gruppo, o a influenzare l’opinione elettorale». Quindi non solo non gli sono state risarcite le spese legali ma è stato condannato a pagare pure quelle del procedimento civile. Ci dice amareggiato Chiesa: «comincio a pensare che è davvero difficile avere fiducia nella giustizia. Prima mi accusano in sede penale, poi vengo assolto, e adesso, quando chiedo un ristoro per le spese legali, il giudice civile ribalta tutto». Chiesa in questo procedimento è stato assistito dall’avvocato Enrico Ivaldi che al Dubbio ha così commentato: «di questa vicenda mi hanno colpito due aspetti. Innanzitutto che il giudice civile abbia voluto riesaminare la natura delle spese già valutate in sede penale e dalla Corte dei Conti e che sono state ritenute legittime. Ritiene che il mio assistito abbia usato quelle somme per un uso proprio politico e non relativamente alle attività del Consiglio regionale. Invece non è così, come stabilito da altre sentenze. Il secondo elemento che mi lascia davvero perplesso è la contraddizione tra il giudizio penale, in cui Chiesa è stato completamente assolto, e quello civile. Manca una assoluta coerenza nel sistema».

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