Intervista a Giuseppe Benedetto
Valentina Stella dubbio 17 luglio 2025
La Fondazione Luigi Einaudi, i Radicali Italiani, il magazine online “L’Europeista” e altri movimenti civici hanno presentato due giorni fa, presso la Corte di Cassazione, la proposta di legge di iniziativa popolare per reintrodurre l’immunità parlamentare. Ne parliamo con il presidente della Fondazione Einaudi, Giuseppe Benedetto.
Perché presentare adesso una proposta di legge per reintrodurre l’immunità parlamentare?
Perché oggi più che mai serve ristabilire un equilibrio tra i poteri dello Stato. L’abolizione dell’autorizzazione a procedere – figlia della stagione giustizialista dei primi anni ’90 – ha generato uno squilibrio profondo tra Parlamento e magistratura, rendendo i rappresentanti del popolo esposti a un uso distorto e talvolta strumentale dell’azione penale. Questo ha prodotto non solo danni personali ma anche un indebolimento strutturale dell’istituzione parlamentare. Proponiamo ora una riforma non per difendere i parlamentari in quanto tali, ma per proteggere il libero esercizio delle loro funzioni democratiche. È proprio attraverso l’istituto dell’autorizzazione a procedere che si preserva il necessario equilibrio tra i poteri dello Stato: giudiziario, legislativo ed esecutivo.
Nel dettaglio cosa prevede la vostra pdl e in cosa si differenzia dall’attuale normativa?
La nostra proposta è volta a ripristinare l’originaria formulazione dell’articolo 68 della Costituzione, così come concepita dai Padri costituenti, da figure come Piero Calamandrei, Alcide de Gasperi e Luigi Einaudi. In concreto, prevede che un parlamentare non possa essere sottoposto a procedimento penale senza l’autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza. Oggi, invece, questa autorizzazione è richiesta solo per misure coercitive (arresti, intercettazioni, perquisizioni), mentre il procedimento può iniziare ad libitum. Noi vogliamo che anche l’avvio stesso del procedimento torni sotto la tutela del Parlamento, a garanzia dell’autonomia del potere legislativo.
Nella relazione alla pdl si parla di procure che hanno fatto cattivo uso dei procedimenti penali e di criticità del sistema per l’unione delle carriere di pm e giudici. Come si lega tutto questo al tema della vostra pdl?
È un nodo centrale. Il nostro sistema giudiziario manca della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, cosa che accade invece in tutte le democrazie liberali avanzate. Questo consente ai pm di agire senza un vero controllo, talvolta politicizzando l’azione penale e influenzando l'opinione pubblica attraverso i media. La riforma dell’articolo 68, unitamente alla separazione delle carriere, è una risposta concreta a questo squilibrio: serve a ripristinare i confini tra poteri, tutelando l’indipendenza del Parlamento da ingerenze indebite.
Come replica a chi potrebbe sostenere che i parlamentari sarebbero ancora meno uguali degli altri cittadini dinanzi alla legge?
Rispondo che l’uguaglianza formale non va confusa con l’omologazione. I parlamentari non sono superiori ai cittadini (al termine del mandato torneranno a esserlo a pieno titolo) ma durante l’incarico esercitano una funzione pubblica straordinaria: rappresentano la sovranità popolare. E come tale, quella funzione va protetta. La nostra proposta non crea privilegi, ma è volta a garantire che le indagini non siano usate come strumento di delegittimazione politica, come purtroppo è spesso accaduto. In tutte le democrazie liberali del mondo, l’immunità parlamentare rappresenta una garanzia imprescindibile per l’equilibrio tra poteri. In una democrazia rappresentativa, “uno non vale uno”: un parlamentare ha un mandato popolare da esercitare liberamente. Ovviamente se commette un reato sarà perseguito nei modi e nei termini stabiliti.
Chi vorrà sostenere la vostra iniziativa cosa dovrà fare: firmare ad un banchetto o anche online?
A partire dal 1° agosto, le firme a sostegno della nostra proposta di legge di iniziativa popolare potranno essere raccolte online, attraverso la piattaforma ufficiale del Ministero della Giustizia, accessibile con SPID o Carta d’Identità Elettronica (CIE). Questa modalità, introdotta per semplificare e digitalizzare gli strumenti di partecipazione civica, rappresenta una grande innovazione democratica: consente a ogni cittadino di esercitare un diritto costituzionale in modo semplice, sicuro e trasparente, direttamente dal proprio computer o smartphone. Invitiamo dunque tutti i cittadini a sottoscrivere questa iniziativa, non per difendere i privilegi di qualcuno, ma per tutelare l'autonomia delle istituzioni che ci rappresentano e che, se indebolite, rischiano di compromettere l’intero impianto democratico.
Qualora venissero raccolte le 50 mila firme quali sarebbero i passaggi successivi?
Una volta depositate le firme, la proposta di legge dovrà essere formalmente presa in carico dal Parlamento. A quel punto, le Commissioni competenti dovranno esaminarla e avviare l’iter legislativo. Ma oltre all’iter tecnico, c’è un valore politico e culturale enorme: con 50.000 cittadini che chiedono la riforma dell’articolo 68, sarà difficile per il Parlamento ignorare la richiesta. Sarà una spinta forte verso il ripristino dell’equilibrio istituzionale e della cultura delle garanzie.
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