Avvocati ancora 'perseguitati' per i loro abbracci ai 41 bis
Valentina Stella dubbio 15 luglio 2025
Continuano le segnalazioni verso gli avvocati che 'abbracciano' i loro assistiti al 41 bis. Dopo la vicenda del legale di Alfredo Cospito, Flavio Rossi Albertini, segnalato dal carcere di Sassari per aver stretto la mano e dato due baci sulla guancia al suo assistito, ad essere redarguita per lo stesso motivo per la quinta volta è stata l’avvocato Maria Teresa Pintus. Ieri, infatti, ha ricevuto l’ennesima notifica da parte del suo Coa di appartenenza con la quale le viene appunto comunicato che il 5 giugno è giunto l’ennesimo esposto dalla casa circondariale di Bancali firmato dal direttore con il quale viene segnalata per comportamento professionale non corretto: «in data 09/05/2025, al termine del colloquio effettuato con il suo assistito AP, salutava quest’ultimo con una stretta di mano e due baci sulle guance». Ora bisognerà capire se questo comportamento è deontologicamente scorretto. «Aridaje, ci risiamo» commenta al Dubbio la legale, che aggiunge: «il solito copia e incolla della precedente segnalazione, è diverso solo il nome del mio assistito. Che dire? Persecuzione, accanimento, vessazioni al limite dello stalking: sicuramente vi sono tutti gli estremi e credo sia arrivato il momento di segnalare a mia volta alla procura competente questa situazione». Flavio Rossi Albertini e Maria Teresa Pintus non sono gli unici a finire prima nel mirino del Gom (Gruppo operativo Mobile) e quindi poi dei direttori delle carceri: anche le avvocate Barbara Amicarella e Piera Farina sono state segnalate recentemente sempre dalla casa circondariale di Bancali e dal carcere milanese di Opera. Rispetto a queste ultime due vicende, si è anche espresso l’Osservatorio carcere dell’Unione camere penali per cui siamo dinanzi ad una «reazionaria concezione ideologica del sistema carcerario, nonostante la chiara indicazione della Corte costituzionale con la decisione 18/2022. Un sistema che si basa su una “generale e insostenibile presunzione – già stigmatizzata dalla sentenza n. 143 del 2013 – di collusione del difensore con il sodalizio criminale, finendo così per gettare una luce di sospetto sul ruolo insostituibile che la professione forense svolge per la tutela non solo dei diritti fondamentali del detenuto, ma anche dello stato di diritto nel suo complesso”». «Alla diffidenza verso il difensore però, allo sguardo velato dal sospetto, nel caso in questione – concludono i penalisti guidati da Francesco Petrelli - si aggiunge la volontà da sempre palesata di vedere le persone in 41 bis private dei più elementari diritti, strette in una morsa punitiva e di controllo totale sempre più sfaccettata e marcatamente irragionevole».
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