Caso Almasri: esperti divisi

 Angela  Stella Unità 30 gennaio 2025

L’indagine che coinvolge la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il Sottosegretario Alfredo Mantovano, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per favoreggiamento e peculato in relazione al rimpatrio del comandante libico Osama Najim (Almasri) rappresenta un problema politico e giuridico, sul piano nazionale ed internazionale. Tra le diverse questioni che si stanno affrontando ce ne sono due che cerchiamo qui di affrontare: si poteva procedere contro i quattro, a prescindere dall’esposto dell’avvocato Li Gotti? E l’iscrizione nel registro degli indagati da parte di Voi è un atto dovuto? Abbiamo raccolto pareri di avvocati, magistrati, costituzionalisti ma il tema resta complesso.  Per l’avvocato Oliviero Mazza, Ordinario di Diritto processuale penale presso  l’ Università degli Studi di Milano-Bicocca, la denuncia non poteva essere presentata a prescindere dall’esposto dell’avvocato Li Gotti: “non ravviso una notizia di reato. L’arresto di Almasri è stato illegittimamente eseguito dalla polizia di sua iniziativa, mentre spetta al Ministro della Giustizia tenere direttamente i rapporti con la Corte penale internazionale (art. 2 e 14 l. 237/2012). In materia di estradizione o di rapporti internazionali le decisioni finali sono politiche e sindacabili solo a livello politico, non certo penale”. Per quanto concerne l’iscrizione nel registro degli indagati conclude: “la denuncia presentata riguardava una pseudo notizia di reato da iscrivere a modello 45 senza originare un procedimento penale. Non direi proprio che l’iscrizione fosse un atto dovuto”. Invece per l’avvocato Michele Passione, del Foro di Firenze e componente del Comitato scientifico de La Società della Ragione, “pur essendoci  un delicato rapporto tra gli  330 e 335 del codice di procedura penale e l’articolo 6 della legge 1 del 1989 che disciplina i procedimenti a carico dei membri del Governo, tuttavia credo che poiché la notizia che riguarda Meloni e gli altri membri del Governo non sia la rappresentazione di un fatto inverosimile ma determinato, ferma poi la valutazione che verrà data dal Tribunale dei Ministri, penso che la notizia di reato potesse essere acquisita in autonomia a prescindere dall’iniziativa dell’avvocato Li Gotti”. Secondo il pubblico ministero Rocco Maruotti, appena rieletto nel parlamentino dell’Anm in quota AreaDg, tra i papabili alla presidenza dell’Anm in rotazione con un esponente di Magistratura Indipendente: “La trasmissione degli atti al Tribunale per i Ministri è stato un atto dovuto, come previsto dalla legge costituzionale n. 1/89, che impone anche di darne comunicazione ai ministri interessati ed al Presidente del Consiglio per consentire da subito la più ampia difesa. Chi afferma cose diverse da queste, chi ipotizza atti strumentali o persino ritorsivi della magistratura contro la politica, non dice la verità e intende sfruttare la vicenda per fini propagandistici, ma soprattutto non rende un buon servizio alle istituzioni, non aiuta a risolvere le tensioni già esistenti tra politica e magistratura e neppure consente ai cittadini di comprendere la reale portata della vicenda”. Rispetto alla possibilità di aprire una indagine appena il libico è stato rimpatriato Stefano Celli, pm di Magistratura Democratica, ci dice: “Non sono un esperto della materia, però il governo, nel suo complesso, compie atti politici. E bisogna capire se la richiesta di misura cautelare per Almasri, quale adempimento di un obbligo internazionale, sia caratterizzata da discrezionalità tecnica o politica. Se, come mi pare a prima vista, è la seconda (politica) mi pare difficile ipotizzare un rifiuto di atti di ufficio. Se procedere d'ufficio o a denuncia è un falso problema. Se c’è la ragion di stato che motiva la liberazione del soggetto, la ragion di stato può giustificare il trasporto in Libia. Il fatto è che nessuno del Governo dice ‘abbiamo deciso che era meglio così, altrimenti sarebbero arrivati 10.000 disperati liberati dalle galere libiche in tre giorni’. Tuttavia questo è un fatto politico, da valutare politicamente, che dà luogo a responsabilità politica”. Secondo Salvatore Curreri, ordinario di Diritto costituzionale e pubblico comparato presso l'Università di Enna, “si poteva procedere a prescindere dalla denuncia, in base all’art. 330 Codice di procedura penale per cui ‘il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse’. Se il pubblico ministero fosse vincolato dalle notizie di reato pervenute dai semplici cittadini, potrebbe sussistere l'ipotesi che un reato non segnalato non sarebbe perseguibile . Il che sarebbe assurdo”. Discorso più ampio quello di Nicola Canestrini, avvocato abilitato a difendere dinanzi alla Corte Penale Internazionale: la questione pone in “effetti un problema per la giustizia. Ma non quella italiana, come ha falsamente  affermato la Presidente via social, ma per la giustizia internazionale, creando un caso senza precedenti nel rapporto tra l’Italia e la Corte Penale Internazionale (CPI)”. Secondo Canestrini “il caso Almasri rappresenta un precedente gravissimo sotto il profilo del diritto internazionale e della cooperazione giudiziaria. L’Italia, in quanto Stato parte della CPI , ha l’obbligo giuridico di eseguire gli arresti e consegnare i soggetti ricercati dalla Corte. Il mancato rispetto di questo obbligo configura una violazione degli artt. 86-89 dello Statuto di Roma. Dopo la recente decisione del governo Meloni di limitare la cooperazione con la CPI sull’indagine relativa ai crimini di guerra a Gaza, questo nuovo caso rafforza la percezione di un atteggiamento ostile dell’Italia nei confronti della giustizia internazionale. Il comportamento del governo potrebbe compromettere i rapporti con l’UE e con altri Stati membri della CPI, che potrebbero riconsiderare la fiducia nella cooperazione giudiziaria con l’Italia. Il Procuratore della CPI potrebbe avviare un’indagine formale per accertare le responsabilità del governo italiano, con potenziali ripercussioni diplomatiche e giuridiche”. Il legale conclude: “La mancata azione del Ministro della Giustizia, seguita dall’espulsione immediata del ricercato per assicurarsi della sua impunità e per evitare il riesame del caso, solleva seri dubbi sulla volontà dell’Italia di rispettare gli obblighi derivanti dallo Statuto di Roma. Se l’Italia, Stato fondatore della CPI, sceglie di non rispettare i suoi obblighi, quale messaggio viene inviato agli altri Stati ed alla comunità internazionale?”.

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