Intervista Giuseppe Tiani
Valentina Stella dubbio 16 gennaio 2024
Scudo penale per le forze dell’ordine. Ne parliamo con Giuseppe Tiani, Segretario Generale SIAP, Sindacato Italiano Appartenenti Polizia.
Lei è d’accordo con questa previsione?
Riteniamo che l’espressione ‘scudo penale’ sia stata posta male, perché noi non chiediamo misure che pongano i poliziotti nell'esecuzione del loro lavoro al di fuori o al di sopra della legge. I poliziotti rappresentano la legge e fanno rispettare la legge, quindi non chiediamo né immunità né impunità. Siamo cittadini al pari degli altri, per cui stiamo nelle regole della democrazia e della legalità. Detto questo, riteniamo però che l'iscrizione sic et simpliciter nel registro degli indagati per un poliziotto, per uno che vive di legalità, sia un disonore, a parte poi tutte le conseguenze disciplinari che ci sono: il blocco della carriera, la sospensione dal servizio, e un'altra serie di effetti negativi.
Quindi cosa chiedete?
Che nel caso in cui le azioni del poliziotto e del carabiniere avvengano nell'ambito del perimetro delle cause di giustificazione disciplinate dal codice penale di rito, il vaglio del magistrato abbia una procedibilità diversa rispetto all’iscrizione immediata nel registro degli indagati. Solo se ci sono elementi per cui il poliziotto o il carabiniere violano la legge o il perimetro delle cause di giustificazione, deve essere iscritto nel registro degli indagati, ma non prima.
Ma non viene meno l'obbligatorietà dell'azione penale?
Ecco perché ho detto che noi non parliamo di scudo penale. No, non viene meno perché il magistrato comunque dovrà procedere al vaglio di legittimità dei comportamenti. Gli atti compiuti da un poliziotto o da un carabiniere sono tutti verificabili, non siamo assoldati da eserciti irregolari di Stati non democratici e autoritari. Le nostre funzioni, i nostri codici, i nostri nomi, i nostri cognomi sono sempre identificabili in tutti i momenti della giornata, sia in servizio che fuori.
Non è così, tanto è vero che il ddl sicurezza prevede le body cam ma voi vi siete opposti ai codici identificativi. In fondo un cittadino ha diritto di sapere chi ha dinanzi e l’Italia è rimasta tra i pochi Paesi europei a non prevedere alcuna misura identificativa per gli agenti.
Sul codice identificativo noi siamo fermamente contrari perché il nostro Paese non ha la serenità sociopolitica affinché quell'uso venga fatto in maniera adeguata. Siamo favorevoli alle body cam perché non avendo nulla da nascondere, le nostre azioni possono essere tranquillamente filmate e andare al vaglio dei magistrati.
E però ci sono cittadini che hanno subìto abusi nelle piazze dalle forze polizie.
Come in tutte le grandi amministrazioni, anche noi possiamo sbagliare. i casi isolati degli abusi vanno parametrati alle decine e decine di migliaia di servizi, errare è umano per carità e noi non siamo infallibili, siamo esseri umani. Tuttavia l’anno scorso abbiamo svolto circa 13 mila servizi di ordine pubblico e migliaia e migliaia di interventi. Sfido chiunque a dimostrarmi che i numeri degli interventi rispetto agli errori siano a nostro sfavore circa i presunti abusi commessi.
Quindi le storie che noi giornalisti raccontiamo, anche in questi giorni, descrivono solo mele marce?
Se ci sono degli abusi gratuiti - lo dico a chiare lettere - devono essere perseguiti al pari di tutti i cittadini. C'è un dibattito velenoso nel Paese, il dibattito avrebbe bisogno di una voce distonica, diversa da maggioranza e opposizione, ma i media nazionali, parlo delle televisioni in particolare, non ci danno spazio; vogliono il poliziotto che si presenta, fa alcune dichiarazioni per poi essere manipolato e strumentalizzato. Gli elementi corporativi dentro le forze di polizia ce li siamo lasciati alle spalle. E questo dovrebbe essere condiviso nella pubblica opinione. Va restituita ai poliziotti e militari che servono lo Stato quella dignità delle funzioni che ogni giorno di più viene erosa, anche per le posizioni strumentali, pretestuose e culturalmente volgari di una parte consistente e confusa della classe politica a cui chiediamo maggiore senso di responsabilità su temi come quello della sicurezza.
Per quanto riguarda il DDL sicurezza, molti giuristi sostengono che è un ddl repressivo, che limita la libertà di espressione, di manifestazione. Che ne pensa?
Nel Paese la legge deve avere sempre il suo valore. La legge non può avere, come posso dire, un'applicazione binaria. Quando si parla di determinati comparti dello Stato, allora prevale sempre la legge. Quando si parla di comparti dello Stato diversi, come quelli delle forze di polizia, allora la legge viene interpretata in maniera sbilanciata. Io ho fatto centinaia di manifestazioni, ho aperto sempre i cortei a partire da quando frequentavo il liceo e prima di entrare in polizia, ma la Digos non mi ha mai impedito di manifestare, non mi ha mai impedito di urlare, non mi ha mai impedito di usare il megafono. Se manifestare non vuol dire distruggere e devastare le città allora lo si può e lo si deve fare in piena libertà.
La Lega vorrebbe il patrocinio a spese dello Stato per le forze dell’ordine. Non sarebbe una eccezione inopportuna?
Il patrocinio gratuito è previsto per tutti i pubblici dipendenti. Adesso il dibattito prende piega perché alcuni parlamentari lo usano come una clava contro di noi. Ma lo Stato o lo si rispetta sempre o non lo si può rispettare a fasi alterne. Per quanto attiene le forze di polizia: non vogliamo differenziazioni con gli altri, però va riconosciuta la specificità e unicità del nostro lavoro. Noi subiamo statisticamente, dato ufficiale, un'aggressione ogni tre ore ma soprattutto le forze di polizia dovrebbero riacquisire l'autorevolezza delle funzioni e non vedersi legate le mani legate da un dibattito surreale e antistorico.
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