Negli Ipm si rischia di accumulare reati

 Valentina Stella dubbio 31 agosto 2024

Due giorni fa il garante campano dei diritti delle persone private della libertà personale, Samuele Ciambriello, ha visitato il carcere minorile di Nisida a Napoli. Durante la visita il garante ha incontrato anche il magistrato di sorveglianza dei minori, Margherita di Giglio, che si trovava nell'istituto per svolgere i colloqui con i giovani detenuti. All'interno del carcere di Nisida erano presenti 71 ragazzi, di cui 22 stranieri, provenienti in gran parte da Tunisia, Marocco ed Egitto, e 7 a lavoro in articolo 21. È emerso, inoltre, che solo 18 dei 71 detenuti ha una condanna definitiva e che nell’istituto ci sono 7 educatori. In Italia sono 555 i giovani ristretti nei 15 istituti penali per minorenni. «È cambiata l'utenza delle carceri minorili – ha dichiarato Ciambriello - e questa nuova utenza ha bisogno di psichiatri a tempo pieno, psicologi e, soprattutto, di un serD di riferimento fisso, interno. C'è bisogno di una vera e propria presa in carico. Le continue risse, i gesti di autolesionismo hanno bisogno di personale qualificato, specializzato, aggiornato e rimotivato. Il rischio è che molti giovani che entrano con problemi di tossicodipendenza, di separatezza affettiva, di disagio psichico, in carcere accumulano reati. Pur entrando per un piccolo reato, rischiano di aggravare la pena in carcere». Occorre soffermarsi, in particolare, su un allarme lanciato dal Garante ossia che i giovani proprio dentro l’istituto rischiano di sporcare ulteriormente la loro fedina penale. «Questi ragazzi  - spiega ancora al Dubbio - si rendono protagonisti di risse e spaccio e uso di droga. Alcuni con una scusa si fanno portare in infermeria, sottraggono l’alcol e poi lo mettono dentro la Coca Cola per sballarsi. Altri, a soli 16 anni, sono già giovani padri che in alcuni casi hanno perso la patria potestà e soffrono per questo. Non si tratta più tanto di figli di camorristi ma di ragazzi, di cui molti stranieri, che abituati nel loro Paese d’origine a picchiare o essere picchiati replicano quei gesti. E si rovinano la vita. Insomma, all’interno di questi istituti c’è molto disagio che non si può risolvere costruendo nuovi istituti ma implementando le risorse umane a disposizione di questi giovani reclusi». Insomma quando descritto dalla fortunata serie Mare Fuori non pare essere assai distante dalla realtà. Ha concluso Ciambriello: «con il decreto Caivano si è giunti all’introduzione di nuove fattispecie di reato, all’innalzamento della durata delle pene detentive e all’inasprimento dell’applicazione di misure cautelari, anche per reati di minore entità. Per non parlare del fatto che con le disposizioni di questo decreto il Direttore dell’Istituto penale per minorenni ha maggiore facilità nel richiedere al Magistrato di Sorveglianza il nulla osta al trasferimento in Istituto per adulti, qualora il detenuto abbia compiuto 21 anni di età e con i suoi comportamenti abbia compromesso la sicurezza e turbato l’ordine dell’Istituto. Quando questo accade, come sta succedendo in tutta Italia e negli Istituti campani, è da considerarsi un fallimento collettivo».

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