Tunisia Paese sicuro?

 Angela Stella Unità 19 settembre 2024

Con un provvedimento del 17 settembre il Presidente della sezione specializzata sulla protezione internazionale del Tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento del Cpr di Pozzallo di cittadino tunisino che ha presentato domanda di riconoscimento della protezione internazionale a Lampedusa per “insanabile contrasto tra il decreto del ministero Affari esteri e cooperazione internazionale 7/5/2024, letto in uno alla Scheda paese, e la norma di legge primaria ossia il citato art. 2 bis del d.l.vo 18.01.2008 n. 25”. Pur essendo la Tunisia designato come Paese sicuro, scrive il giudice che non si può “in alcun modo definirsi paese che tutela dalle persecuzioni i dissidenti e le minoranze all’interno di un quadro democratico, un paese che, come la Tunisia, per valutazioni richiamate dallo stesso ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale: non rispetta il divieto di arresti e detenzioni arbitrarie; pratica arresti con prove inesistenti; applica misure cautelari senza il vaglio giudiziario; chiude network televisivi contrari al governo; reprime la liberà di associazione con detenzione arbitrarie di manifestanti; discrimina i diritti LGBT perseguendo gli omosessuali con possibilità di condanne a pene detentive fino a tre anni; tollera la violenza diffusa sulle donne, non combattendo adeguatamente il fenomeno dello stupro, donne discriminate in maniera diffusa e sistemica; consente la tortura nelle stazioni di polizie e nelle carceri; non offre sufficienti garanzie sul fatto che richiedenti asilo (migranti sub sahariani) non siano respinti ancorché rientranti nel novero dei richiedenti rifugio”. Il 16 settembre sempre giudici di Catania hanno liberato dal Cpr di Pozzallo un cittadino egiziano. Sebbene anche l’Egitto sia considerato un Paese sicuro, il provvedimento di trattenimento è stato considerato illegittimo nel metodo e nel merito. Non solo la privazione della libertà personale deve essere considerata come ultima ratio ma altresì il racconto del migrante avrebbe convinto i magistrati a liberarlo. “Sono scappato dall’Egitto perché sono stato condannato ingiustamente a tre anni”, ha spiegato durante l’udienza di convalida. “Mio cugino ha colpito una persona alla testa, ma io non c’entro niente”. Per i giudici ““Il timore di incarcerazione per una condanna ingiusta per un fatto non commesso integra di per sé il rischio di un trattamento degradante che può in astratto giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria”.

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