Da Franzoni a Benno, fino ad Alessia Pifferi. Così la giustizia ha “rifiutato” il disagio psichiatrico

 Valentina Stella Dubbio 23 settembre 2024

La cronaca nera in questo ultimo periodo ci tiene occupati con molti fatti delittuosi e processi giudiziari: da Chiara Petrolini arrestata venerdì per l’omicidio dei due neonati all’imminente inizio del processo a carico di Filippo Turetta accusato dell’omicidio di Giulia Cecchettin, passando per la morte di Giulia Tramontano per mano di Alessandro Impagnatiello. Dai salotti televisivi, dalle pagine facebook, dalle colonne di giornali e dai tavoli dei bar si emettono sentenze - prima dei tribunali - interrogandosi su moventi e dinamiche dei gesti criminali. Tra le questioni discusse c'è spesso quella sulla capacità di intendere e volere: la giornalista Federica Sciarelli nella puntata una volta disse: "Sono tutti pazzi quando devono andare in carcere ma tutti lucidi quando devono uccidere". In realtà la questione è molto più complessa. Immaginando questi individui come una arma è corretto ipotizzare che la genetica carica il fucile, la psicologia mira e l'ambiente tira il grilletto? Secondo alcuni studiosi è possibile identificare elementi nel cervello e nel profilo genetico di un individuo che possano dar vita ad un comportamento criminale. La responsabilità penale va dunque ripensata così come di conseguenza la pena da infliggere. Ripercorriamo alcuni dei casi più famosi da passato e recente. Stefania Albertani fu dichiarata colpevole, nel maggio 2011 con rito abbreviato, per omicidio e occultamento di cadavere della sorella, e per il doppio tentativo di uccisione di entrambi i genitori. Il Gip di Como, Luisa Lo Gatto, condannò la Albertani a venti anni di reclusione invece che all'ergastolo, riconoscendole un vizio parziale di mente per la presenza di «alterazioni» in «un'area del cervello che ha la funzione» di regolare «le azioni aggressive» e, dal punto di vista genetico, di fattori «significativamente associati ad un maggior rischio di comportamento impulsivo, aggressivo e violento». La decisione fu supportata oltre che da accertamenti psichiatrici tradizionali, anche da analisi neuroscientifiche, che indagarono la morfologia del cervello e il patrimonio genetico dell’imputata. Si trattò del primo riconoscimento in Italia, e fra i primi al mondo, della validità delle neuroscienze per l’accertamento dell’imputabilità. Il caso fu trattato anche sulla prestigiosa rivista scientifica Nature. Luigi Chiatti, conosciuto come il mostro di Foligno,  tra il 1992 e il 1993 uccidi due bambini, Simone Alegretti e Lorenzo Paolucci. Il 1º dicembre 1994 cominciò il processo a suo carico. Il 28 dicembre dello stesso anno, Luigi Chiatti venne condannato a due ergastoli. L'11 aprile 1996 la corte d'Assise d'Appello di Perugia riformò la sentenza di primo grado, dichiarando Luigi Chiatti semi-infermo di mente e condannandolo a 30 anni di reclusione; sentenza confermata dalla Cassazione. Finita di scontare la pena è stato internato e dalle ultime notizie risalenti a febbraio sono in corso perizie psichiatriche per valutarne la pericolosità. Come non ricordare il caso di Annamaria Franzoni, condannata per l’omicidio di suo figlio Samuele, avvenuto il 30 gennaio 2002. Franzoni fu periziata diverse volte.  Nella sentenza d'appello l'imputata venne di fatto ritenuta pienamente sana di mente al momento del delitto. Nelle motivazioni della sentenza, rese note il 19 ottobre 2007, si legge infatti: "La Corte non può non tenere conto del fatto che Annamaria Franzoni ha sofferto di un reale disturbo, che rientra nel novero delle patologie clinicamente riconosciute (degne anche di trattamento terapeutico), ma che nel sistema giuridico-penale vigente non costituisce di per se stesso infermità che causa vizio di mente". A giugno di quest’anno la prima Corte d’Assise di Milano ha dato incarico a due periti che dovranno chiarire se l’ex barman Alessandro Impagnatiello, reo confesso dell’omicidio di Giulia Tramontano, era «pienamente consapevole durante il fatto», «affetto da un vizio parziale di mente», la «pericolosità sociale» e se ci siano disturbi della personalità e in quale misura possano eventualmente avere influito sul delitto. Mentre il prof. avv. Giovanni Caruso, legale di Filippo Turetta, a luglio aveva annunciato: "non è intenzione della difesa, né di Filippo Turetta, contrariamente a quanto preannunciato senza titolo e a sproposito dalla grancassa mediatico-giudiziaria chiedere che l'imputato venga sottoposto a perizia psichiatrica". Scatenò polemiche nel 2022 la decisione del gip di Milano di rifiutare l’accesso al carcere a due consulenti psichiatrici per un accertamento neuro-psichiatrico di Alessia Pifferi, imputata per aver lasciato morire di stenti sua figlia Diana. Successivamente una perizia psichiatrica d’ufficio stabilì che era capace di intendere e volere, condannandola così all’ergastolo in primo grado. Si è invece conclusa qualche settimana in Cassazione la vicenda di Benno Neumair, il 33 enne bolzanino anch’egli condannato all’ergastolo per il duplice omicidio e l'occultamento dei cadaveri dei genitori Laura Perselli e Peter Neumair. Le sentenze di merito avevano escluso il riconoscimento della seminfermità. Eppure era stato riconosciuto  un “mosaico di disturbi della personalità” da ben undici periti, del tribunale, dell’accusa, della difesa e delle parti civili. 

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