Separazione carriere: ripartono audizioni

 Valentina Stella dubbio 13 settembre 2024

«È necessario considerare l'opportunità di avere due concorsi separati per la magistratura requirente e giudicante. Questo rappresenta un punto saliente per realizzare davvero due carriere distinte, garantendo un giusto processo con tre soggetti che siano realmente estranei tra loro: il giudice, il pubblico ministero e l'avvocato. La semplice separazione post-concorsuale non è sufficiente a raggiungere tale obiettivo»: così ieri il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Francesco Greco, audito dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera in merito ai quattro progetti di legge e al ddl costituzionale del Governo sulla separazione delle carriere, sorteggio dei membri del Csm, Alta Corte disciplinare. Ha proseguito il vertice della massima istituzione forense: «In merito all'ipotesi del sorteggio per il Consiglio superiore della magistratura pur riconoscendo che potrebbe non essere la soluzione migliore in assoluto, ritengo sia l'unica strada praticabile per contrastare efficacemente il fenomeno del 'correntismo' nella magistratura. Tutti noi addetti ai lavori siamo consapevoli di come le correnti spesso assegnino i ruoli apicali. Il Csm non deve essere l'organo di autogoverno delle correnti, ma deve rappresentare l'intera magistratura. L'obiezione secondo cui il sorteggio dei componenti togati potrebbe portare al Csm magistrati non adeguatamente capaci di giudicare i loro colleghi stride con l'idea che questi stessi magistrati poi giudichino i cittadini. Una soluzione possibile potrebbe essere quella del sorteggio temperato tra coloro che hanno espresso la disponibilità ad essere designati. Il disegno di legge del Governo tende a dare una prevalenza nei due Csm e nell’Alta Corte alla componente togata: quest’ultima non può essere prevalente rispetto a quella scelta dal Parlamento. Occorre un opportuno equilibrio». Ha concluso Greco: «Condivido appieno l'idea dell'istituzione di un'Alta Corte Disciplinare, considerando i molti casi, in questi anni, di procedimenti disciplinari a carico di magistrati che nella maggior parte dei casi si sono definiti con sanzioni enormemente irrisorie rispetto alle contestazioni che il magistrato aveva subito. Infine sottolineo l'importanza, per la nostra democrazia, di mantenere l'obbligatorietà dell'azione penale».  Davanti ai commissari sono intervenuti anche Francesco Petrelli e Rinaldo Romanelli, rispettivamente Presidente e Segretario dell’Unione Camere Penali. I due penalisti hanno riproposto «il reclutamento laterale, ossia la necessità di formare il corpo della magistratura in modo più aperto, prevedendo anche posti riservati ad avvocati con un certo numero di anni di esperienza professionale, al fine accrescere complessivamente la qualità della giurisdizione e dunque l’affidabilità e l’autorevolezza della decisione giudiziaria, che è un valore fondamentale per ogni democrazia consolidata. Al contempo un significativo reclutamento di avvocati, ed eventualmente di altre figure professionali idonee, sulla base del modello già da anni vigente in Francia, da attuarsi sempre per concorso, consentirebbe di contenere la deriva corporativa ed autoreferenziale che ormai connota fortemente il corpo della magistratura». Un punto che ha interessato il presidente della Commissione, il forzista Nazario Pagano, che ha chiesto esplicitamente ai due di presentare un emendamento è la questione che riguarda le autoattribuzioni dei poteri da parte di Palazzo Bachelet: «Ferma l’opportunità di attribuire ad un organo diverso dal CSM i poteri disciplinari, resta comunque il tema che l’organo di governo autonomo della magistratura si sia visto attribuire, ma anche in parte sia autoattribuito nel tempo, sulla base della teoria dei “poteri impliciti del CSM”, una quantità di competenze che non vede eguali in altri analoghi organi di governo della magistratura esistenti in paesi europei. La proposta UCPI, per ricondurre la natura e le funzioni del CSM alle previsioni del costituente, aveva ipotizzato di modificare l’art. 105 Cost. aggiungendo un secondo comma del seguente tenore: “Altre competenze possono essere attribuite solo con legge costituzionale». Intervenuti anche per l’Ocf il coordinatore Mario Scialla e il tesoriere Antonino La Lumia. «In questi ultimi mesi – ha detto il primo -  ho notato che, all'interno della magistratura, sono uscite sempre più voci favorevoli al sorteggio (per le nomine nel Csm, ndr), anche durante i convegni, e questo ci convince della bontà del sistema». Ha poi sottolineato che «nessuno di noi vuole perdere un pubblico ministero libero, sereno, indipendente, addirittura coraggioso e non condizionato dall'esecutivo. È chiaro che noi di una questione tecnica di diritto in fase di indagini preliminari vogliamo parlare col pm e non con la polizia giudiziaria. In questo senso il ddl Nord non può suscitare alcun allarme; del resto rimane immodificato l'articolo 109 della Costituzione sui rapporti tra Polizia Giudiziaria e Pubblico Ministero che trova poi corrispondenza nel 327 del codice di procedura penale che prevede la direzione delle indagini al pm». Da questo punto di vista, ha concluso il secondo «non possiamo condividere i toni politicamente belligeranti adottati dall'Associazione Nazionale Magistrati (Anm) che, in più occasioni, ha voluto adombrare un complessivo disegno di indebolimento della magistratura, prefigurando un'involuzione della figura del pubblico ministero e parlando addirittura di "cavallo di Troia" volto ad assoggettare tutti i magistrati al potere politico, con l'effetto di ridurre le garanzie e i diritti di libertà dei cittadini». Contro la riforma costituzionale si sono espressi invece Domenico Airoma, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Avellino, Maurizio Fumo, già presidente titolare di Sezione della Corte di Cassazione, Domenico Gallo, già presidente di Sezione della Corte di Cassazione per i quali nessuna statistica dimostra che i giudici sono appiattiti sui pm, che ottenuto il sorteggio per depotenziare le correnti allora la funzione disciplinare non dovrebbe essere portata fuori dal Csm, e infine che non tutti i magistrati sarebbero idonei per sedere a Palazzo Bachelet. Si è distinta la posizione di Roberto Rossi, procuratore generale della Corte d’Appello di Ancona: «Non vedo come una riforma del genere possa modificare la figura del pm posto che i poteri e i doveri del pm stabiliti dalle norme processuali rimangono gli stessi». Inoltre coloro che, ossia la magistratura nella quasi totalità, «sostengono che con la riforma il pm sarebbe assoggettato all’Esecutivo stanno facendo un processo alle intenzioni».

Commenti

Post popolari in questo blog

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

Accuse al pm di Bergamo, il procuratore: seguo il dossier

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue