Renoldi: meno carcere

 Di Angela Stella Il Riformista 1 ottobre 2022


Il carcere è una emergenza e con la nuova maggioranza politica rischia di essere dimenticato o addirittura riportato indietro, rispetto ai passi avanti fatti da Cartabia e Renoldi. Per questo ieri il Congresso straordinario dell’Unione Camere Penali italiane in corso a Pescara è stato aperto con un focus sull’esecuzione penale.  Ha esordito il Segretario dell’Unione, Eriberto Rosso: “Negli ultimi 10 mesi vi sono stati 65 suicidi. È necessario che la politica ritrovi la consapevolezza istituzionale per operare secondo Costituzione, abbandonando l’idea carcero - centrica della sanzione penale e le ostatività. Debbono essere valorizzate le forme alternative alla detenzione, il potenziamento di percorsi di reinserimento, l’ampliamento dei casi di oblazione e il ricorso a condotte riparatorie. Fondamentale è da parte del Legislatore una concreta opera di depenalizzazione. L’intervento riformatore dovrà avere ad oggetto l’intera materia dell’esecuzione penale; in questa prospettiva è necessario recuperare il prezioso lavoro svolto dagli Stati Generali dell’Esecuzione Penale promossi nel 2017”. Per l’avvocato Rosso “La custodia cautelare in carcere non può che assumere la dimensione di misura residuale, dovendosene limitare il ricorso solo alle ipotesi di gravi reati e per esigenze di cautela che non possono essere affrontate con altre modalità. La riforma della Ministra Cartabia qualche segno ha dato; quella sull’esecuzione è certamente la parte più interessante della delega, unitamente ad un nuovo approccio della direzione del DAP, ma ovviamente ciò non basta”. Anche per il professore Giovanni Fiandaca “la Ministra avrebbe potuto più attenzione normativa al carcere”. Il Garante dei diritti dei detenuti siciliani ha poi tenuto il suo intervento: “dinanzi a tale scenario politico un interrogativo che non può non incombere è ‘che vogliamo fare del carcere nell’immediato futuro’? Vogliamo attribuire al carcere la funzione retributiva, o vogliamo ritentare di recuperare, di rivitalizzare la funzione rieducativa? Nel dibattito pre elettorale la responsabile giustizia del Pd, Anna Rossomando, ha affermato che dobbiamo restituire al carcere la sua funzione costituzionale, alludendo alla finalità rieducativa. Ma voglio evidenziare che anche nel centrodestra non tutte le posizioni sono state carcerocentriche in senso forte. È vero che il responsabile giustizia di Fratelli d’Italia ha sintetizzato la loro politica criminale con l’espressione ‘siamo garantisti nel processo e giustizialisti nell’esecuzione penale’. Tuttavia nello stesso centrodestra ho apprezzato quanto detto da Carlo Nordio che vedrei bene come Ministro della giustizia. Egli ha espresso un orientamento vicino a quella concezione della pena costituzionalmente orientata condivisa dalla Rossomando. L’ex magistrato ha infatti detto: la destra deve rivedere il concetto di pena, il carcere deve essere extrema ratio”. Un intervento per nulla scontato è stato quello del capo del Dap Carlo Renoldi che già la Lega ha messo in bilico ma a cui tutti i penalisti hanno augurato di rimanere al suo posto con un affettuoso applauso: “Il carcere non è l’unica pena – ha evidenziato il magistrato -  Questo è un dato acquisito dal punto di vista normativo ma non dal punto di vista culturale. Non esistono sistemi che si fondano solo sul carcere. Qualunque politica penale, che pure pone al centro esigenze di tutela della collettività, non può fare a meno di un sistema di sanzioni che deve lasciare spazio a misure diverse dal carcere”. In tal senso “l’ultima riforma voluta dalla ministra Cartabia ha consegnato al giudice di cognizione più strumenti che gli consentono fin dalla prima fase del processo di modellare la misura sanzionatoria. Questo è un dato che caratterizza tutti gli ordinamenti ed è un dato su cui anche la nuova maggioranza dovrà fare le sue valutazioni: se il carcere resta irrinunciabile, per risolvere le problematiche dell’esecuzione occorre pensare anche alle sue alternative. Occorre evitare di rimanere ostaggi degli slogan e delle semplificazioni”. Ha concluso Rita Bernardini, Presidente Nessuno Tocchi Caino: “con la Cartabia c’è stato un cambiamento. Prima gli interventi erano tendenti a ridurre, adesso ci sono i concorsi. Tuttavia i 50 nuovi direttori riusciranno a malapena a coprire quelli che andranno in pensione, ma ben vengano. In passato quando leggevo le circolari del Dap mi annoiavo per l’estremo linguaggio burocratico. Invece le ultime fatte, in particolare quella su maggiori numeri di telefonate a cui ho collaborato, a leggerle davvero si scopre che non si usa il linguaggio burocratico ma è vestita da riferimenti ai principi fondamentali, che purtroppo sono costantemente negati. Nella realtà di oggi la nostra esecuzione penale ha dei profili di illegalità mostruosi. I 65 suicidi dicono molto del grado di disperazione”.  

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