Arrestato il garante dei detenuti di Napoli

 Angela Stella Il Riformista 19 ottobre 2022

La notizia è “sconvolgente”, come ha scritto la presidente di Nessuno Tocchi Caino, Rita Bernardini: il garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Napoli, Pietro Ioia, è stato arrestato ieri insieme ad altre sette persone nell’ambito di una indagine, condotta dai carabinieri e coordinata dalla Procura partenopea, mirata a sgominare una presunta associazione per delinquere, radicata nel capoluogo partenopeo, finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti tra cui l'introduzione illegale di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti all'interno della Casa Circondariale di Napoli - Poggioreale. Gli episodi contestati risalirebbero al periodo compreso tra il giugno del 2021 e il gennaio di quest’anno. La Direzione del carcere e la polizia penitenziaria hanno collaborato alle indagini nella fase di osservazione dei colloqui. Ioia sarebbe addirittura il deus ex machina di questa strutturata associazione per delinquere (reato contestato a tutti gli indagati nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip) composta da alcuni reclusi e dalle loro mogli, oltre che dal garante appunto. Secondo le indagini Ioia avrebbe approfittato del suo ruolo, e della facilità di accesso alla casa circondariale che questo comportava, per incontrare i detenuti coinvolti nell’organizzazione e consegnare durante i colloqui, dietro un compenso di 500/600 euro, la droga e i cellulari, avuti dalla compagna di uno dei reclusi. A fare da intermediario tra Ioia e la donna, la moglie del garante. Hashish e cocaina venivano poi spacciati in carcere fruttando all’organizzazione un guadagno che successivamente era ripartito tra i vari partecipanti. Le indagini avrebbero evidenziato l’esistenza di un dilagante fenomeno di spaccio di sostanze stupefacenti (hashish e cocaina), del valore economico di diverse migliaia di euro, all’interno dell’istituto penitenziario. Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli ha emesso, su richiesta della Procura partenopea, sei misure cautelari in carcere e due ai domiciliari. Dietro le sbarre rimane Ioia, 63 anni, con un passato da narcotrafficante che lo ha portato a scontare ventidue anni di reclusione. Nel dicembre del 2019 l’allora sindaco Luigi de Magistris lo nominò Garante dei diritti delle persone private o limitate nella libertà personale. Alla luce dell'inchiesta giudiziaria, il Comune “sta predisponendo gli opportuni provvedimenti di revoca della carica affidata a Ioia dalla precedente amministrazione”, si è letto in una nota di palazzo San Giacomo. Ioia è anche autore di un libro sulla cosiddetta “cella zero”, una stanza del carcere di Poggioreale che sarebbe stata utilizzata per pestaggi e violenze sui detenuti. Le indagini sono partite nel giugno 2021 con l’intercettazione di una utenza telefonica in uso a diversi detenuti i quali, mentre parlavano con i propri familiari, facevano riferimento ad un certo ‘Pierino’ poi identificato dagli inquirenti con Ioia, che avrebbe usato anche il nome di copertura ‘avvocato’. Da lì sono state poste sotto monitoraggio le utenze della compagna di un recluso e del garante, a cui è stato anche inserito un trojan nel cellulare. In più Ioia sarebbe stato beccato, grazie alle telecamere in carcere, mentre passava la merce ai detenuti. Il condizionale è d'obbligo e non solo per puro formalismo perché fino a condanna definitiva vige la presunzione di innocenza di tutti i coinvolti. Diverse comunque le reazioni alla notizia. Non aspettava altro l’onorevole leghista Jacopo Morrone, pronto forse a tornare a Via Arenula nuovamente come sottosegretario: “In attesa di conoscere più dettagliatamente i risultati delle indagini e che la magistratura svolga il proprio lavoro, non possiamo che ricordare le perplessità che furono sollevate in tempi non sospetti rispetto a questa nomina poco meditata e più d’effetto ideologico/propagandistico che determinata da valutazioni obiettive e oggettive e da un curriculum adeguato al ruolo”. Di parere opposto Sandra Berardi, Presidente presso Associazione Yairaiha Onlus: “Non credo minimamente che Pietro Ioia sia stato così stupido da portare droga e telefoni in carcere. Credo, piuttosto, che si stia cercando di infangare e silenziare una voce libera che non ha paura di stare al fianco degli ultimi e di denunciare, invece, i crimini del sistema carcerario”. Ha parlato anche il Garante nazionale dei diritti dei detenuti che ha precisato come “non esista una connessione istituzionale tra il suo ruolo e quello delle figure che territorialmente le singole Amministrazioni nominano”. Una netta presa di distanza a cui ha aggiunto di aver “più volte sollecitato negli anni l’adozione di ‘Linee guida’ per indicare parametri di indipendenza, professionalità e integrità che le Amministrazioni stesse potessero seguire nella delicata individuazione di tali figure”. Quasi a dire che forse Roia non sarebbe stato candidabile con quei parametri. Infine il garante auspica che Roia “possa mostrare la sua estraneità ai fatti”. In realtà nel nostro sistema giudiziario l’onere della prova spetta all’accusa. In una nota si è espresso anche Stefano Anastasia, Portavoce della Conferenza dei Garanti, per cui il lavoro ventennale dei garanti “nella tutela dei diritti dei detenuti non può essere messo in ombra dall’eventuale abuso dei propri poteri da parte di uno di loro”.

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