Intervista a Nunzia De Girolamo

 Angela Stella Il Riformista 13 ottobre 2022

La Corte di Appello di Benevento ha confermato la piena assoluzione per l'ex Ministro delle politiche agricole Nunzia De Girolamo e per altri cinque imputati. L'ipotesi accusatoria era quella di concussione, consumata e tentata, nell’ambito di una inchiesta partita nel 2013 e relativa all'esistenza di quello che gli inquirenti all'epoca definirono "un direttorio politico-partitico" che avrebbe influenzato la gestione dell'Asl sannita. Il pg aveva chiesto sei anni per lei. Accuse rivelatasi inconsistenti e con una doppia assolutoria che pesa come un macigno. Ora l’onorevole De Girolamo, assistita dagli avvocati Domenico Di Terlizzi e Gian Domenico Caiazza, parla con noi di questi lunghi anni. Per l'inchiesta si dimise da Ministro e lasciò la politica.

Cosa ha provato dopo l'ennesima assoluzione?

Sono scoppiata in un pianto liberatorio. In un solo istante mi sono passati davanti anni di sofferenze. Anni di difficoltà, notti insonni, grandi dubbi e paure. È difficile descrivere cosa si prova quando si sprofonda in un incubo durato nove anni e quando si esce a rivedere la luce. Vorrei ricordare che nel fango che mi hanno lanciato addosso hanno preso di mira anche i miei affetti più cari. Lo hanno fatto senza remore, senza umanità. Comunque, sono sempre stata sicurissima di non aver fatto nulla. Ma spesso nel nostro Paese il paradigma è inverso: dovrebbe valere la presunzione di innocenza. Invece, almeno a livello mediatico, vale l’esatto contrario. Oggi, però, sono molto felice e serena.

La stampa che ruolo ha giocato nella sua vicenda?

Centrale. Ci sono giornali che mi hanno dedicato decine di prime pagine, con titoli roboanti. Ho conservato i ritagli di quei giorni.  Titoli da film dell'orrore. Non ho da conservare nulla, quasi nulla sull'assoluzione. Penso che i giornali parlino a un mondo che non conoscono. A parte qualche giornalista onesto la stragrande maggioranza in questa vicenda ha mostrato tutta la sua modestia. Ora farò ciò che riterrò di fare dopo aver sentito il mio avvocato.

Cosa significa essere prigionieri della giustizia per nove anni?

Significa guardare la vita in maniera diversa perché ti senti guardato in maniera diversa. Io poi sono molto socievole, amo rapportarmi con la gente e quindi mi sono ritrovata in un tunnel buio. Le confesso che non riuscivo a vedere la luce anche se io avevo agito in piena luce. È facile dire un incubo. Ma bisogna provarlo.  Penso alle decine di persone che lo provano. Non parlo di malagiustizia perché è stata la fiducia nella giustizia a salvarmi. Ma nove anni sono una fetta di esistenza e ho avuto paura nei momenti più bui di non riuscire a vedere la fine di questo incubo.

C'è nel nostro sistema giustizia un problema di "super potere" privo di controllo e responsabilità dei pubblici ministeri?

I numeri impietosi dei procedimenti instaurati per responsabilità civile o anche solo disciplinare dei magistrati, ivi compresi dei pubblici ministeri, sono la risposta migliore a questa domanda. A questo dato si somma il costo non indifferente che indagini spesso prive di sbocchi, come ritengo sia stata la mia, hanno sulla collettività (si pensi ai consulenti nominati, alle trascrizioni, alle intercettazioni e quant’altro). Parliamo di spese non indifferenti e delle quali al momento nessuno è chiamato a rispondere.  Dico, senza dubbio, che qualche correttivo al sistema va messo. Faccio un esempio. Il pm per sua istituzione deve condurre le indagini ma poi diventare quasi arbitro nel senso che se l'indagine non ha avuto riscontri un pm chiede l'archiviazione.  E poi ci sono i tempi della giustizia indegni di un Paese civile.

Lei era stata assolta in primo grado. Ma la procura ha fatto appello. Accanimento nei suoi confronti?

Più che vero e proprio accanimento continuerei a parlare di zelo inquisitorio innanzitutto degli inquirenti dell’epoca, probabilmente accentuato dal ruolo di parlamentare e poi di Ministro che rivestivo. Zelo che poi ha mantenuto anche il P.M. che è subentrato, non solo allorquando ha formulato in primo grado delle “roboanti” richieste di pena che non si vedono neanche per delitti di criminalità organizzata, ma soprattutto nel proporre appello, continuando a perorare la causa di vedere un ex Ministro condannato, nonostante le risposte più che esaustive che il Tribunale di Benevento aveva dato su ogni profilo della vicenda. Invito a riflettere sulla proposta di evitare il secondo grado dopo una assoluzione perché il fatto non sussiste. Non dobbiamo ridurre tutto a una guerra tra accusa e difesa. In ballo c’è la vita della gente. Dietro ogni processo c’è sofferenza.

A proposito di questo, l'Unione delle Camere Penali ha rivolto un appello alla politica per una riforma liberale della giustizia. Tra i punti l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione. Hanno risposto positivamente dal centrodestra e dal Terzo Polo. Ritiene dunque anche lei che sia fondamentale portare avanti questa istanza?

Il presidente dell’Ucpi Caiazza è, tra le altre cose, il mio avvocato. Come ho detto nella risposta precedente è un tema che va sicuramente affrontato.  La base di partenza di questa istanza è rappresentata dalla presunzione di non colpevolezza sancita dall’art. 27 della nostra Costituzione. Addirittura la Carta Europea dei Diritti dell’Uomo parla di presunzione di innocenza, che a mio avviso rappresenta un concetto ancora più ampio.

A proposito di riforme della giustizia, crede che adesso la politica sia pronta a portarle avanti senza 'temere' la magistratura?

La politica non deve temere la magistratura e viceversa. Ora abbiamo l'occasione unica di un governo che ha un forte mandato popolare.  Penso che ora ci sia un'occasione straordinaria perché abbiamo una papabile premier che non si siede sul trono dei migliori ma prende in mano i problemi del popolo. Cosa serve? Un atto di fiducia reciproca sia dei magistrati che della politica.

Avrà fatto un bilancio di questi nove anni: chi deve ringraziare e chi no?

Devo ringraziare mio marito, la mia famiglia d'origine, pochi amici ma di quelli veri e i miei avvocati Di Terlizzi, Caiazza e Capurso. Hanno fatto un lavoro straordinario, davvero. Ma, prima di ogni cosa, quello che mi ha davvero salvata è mia figlia perché il suo sorriso in alcuni momenti non mi ha fatto sprofondare nel burrone.  Spesso la vita frenetica ci porta a non pensare alle cose importanti.  Il sorriso di un figlio ti cambia tutto.


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