Elezioni camera penale Roma: è già polemica

 Valentina Stella Il Dubbio 18 ottobre 2022

Neanche vi è stata la presentazione ufficiale dei candidati – che dovrebbero essere gli avvocati Gaetano Scalise e Fabrizio Merluzzi – che già monta una forte polemica per l’elezione dei nuovi Presidente e Consiglio Direttivo della Camera Penale di Roma, fissata per il 16-17-18 novembre.  Sei giorni fa, su proposta del Presidente uscente Vincenzo Comi, l’attuale Direttivo ha stabilito a maggioranza - con la contrarietà del segretario Emma Tosi e dei consiglieri Francesco Romeo e Francesco Rotundo - che si potrà votare anche a distanza, come era già avvenuto due anni or sono a causa della pandemia. Il motivo? La scelta favorirà la più ampia partecipazione dei soci. Però non tutti sembrano accogliere positivamente tale deliberazione, come si evince dai commenti apparsi sotto l’annuncio di Facebook, sintetizzati così: perché se ufficialmente l’emergenza pandemica è terminata, si continua ad utilizzare un metodo di voto ‘eccezionale’? Giorgio Colangeli e Mattia Moscardini, iscritti alla Camera Penale, sono fra coloro che hanno promosso una raccolta firme per chiedere la revoca della decisione: “Siamo semplicemente increduli di quanto riferito dai Consiglieri”, ci dicono i due legali.  Per loro la violazione sarebbe duplice: “abbiamo tutti sostenuto che il rischio sanitario della pandemia non doveva portare con sé alcun rischio per il rispetto delle garanzie in genere e in particolare per la celebrazione del processo in presenza. La normativa emergenziale, anche sul voto da remoto per le assemblee in assenza di previsioni statutarie, è tollerabile solo per periodi limitati di tempo che sono fortunatamente scaduti”. Colangeli e Moscardini ricordano: “abbiamo appena votato in presenza per le elezioni politiche e per l’elezione dei delegati alla Cassa Forense, abbiamo celebrato a Pescara un Congresso Straordinario della UCPI con circa settecento delegati, e adesso dovremmo accettare una scelta presa a maggioranza contro le previsioni dello Statuto e motivata dal rischio sanitario o peggio – per puro calcolo – per agevolare chi non frequenta abitualmente le aule penali, il tutto con notevoli costi per le casse dell’associazione”.  In conclusione per Colangeli e Moscardini “la fase dello spoglio fisico delle schede, con facoltà per ogni socio di verificare le espressioni di voto e le preferenze, è il momento di maggior vigore della vita democratica dell’associazione; ridurlo ai termini di una verifica da televoto è un impoverimento che lo Statuto, non a caso, non prevede e che solo la tempesta sanitaria dell’autunno 2020 poteva giustificare. Il solo fatto che si possa decidere a maggioranza una questione che riguarda la competizione elettorale e il funzionamento della nostra Associazione è di per sé stesso assurdo, se poi lo si fa addirittura in senso contrario allo Statuto, viene meno il rispetto delle regole che noi stessi ci siamo dati. Accettare questo sarebbe tradire ciò per cui ci battiamo ogni giorno in aula e fuori”. Prima dell’estate, il confronto fra le diverse anime della Camera Penale capitolina era invece avvenuto su altri due argomenti: sul sistema elettorale e sul ruolo da attribuire agli avvocati civilisti. Dopo la raccolta di 201 firme, la proposta volta a favorire la libera scelta dei consiglieri senza vincoli di lista con il candidato presidente aveva raggiunto la maggioranza semplice ma non invece il quorum dei due terzi previsto dallo Statuto. Proprio in quel frangente era poi emersa la presenza di avvocati che svolgono la loro attività in ambito civile, con conseguente riapertura di un tema assai delicato, sul quale si è recentemente espresso il Consiglio delle Camere Penali, secondo il quale la partecipazione dovrebbe essere riservata ai colleghi penalisti. Secondo l’attuale segretario Emma Tosi il momento è particolarmente difficile: “negli ultimi anni si è creato un grave deficit di partecipazione, mentre molti soci storici hanno scelto di dimettersi o di farsi da parte proprio perché non si riconoscono più nella Camera Penale di Roma, che è stata invece da sempre uno dei principali centri di elaborazione della cultura garantista. Dobbiamo riuscire a ricreare un tessuto comune coinvolgendo tutti coloro che hanno a cuore gli scopi statutari, senza sterili contrapposizioni o interessi di parte”.


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