Il Governo depone i giudici di sorveglianza

di Angela Stella Il Riformista 30 aprile 2020

"La lotta alla mafia è una cosa seria" ha detto ieri il Guardasigilli Alfonso Bonafede rispondendo al question time sulle "scarcerazioni" di boss: di fronte a "fatti allarmanti - ha proseguito - non si rimane inerti". E allora il Governo passa al contrattacco attraverso un decreto legge, in discussione nel Consiglio dei Ministri di ieri sera alle 21:30, che andrà a limitare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura di sorveglianza. Come? Mediante alcune importanti modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354  - Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà - . In particolare, per la concessione dei permessi e dei domiciliari nel caso di detenuti condannati per reati di grave allarme sociale come associazione mafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, terrorismo il magistrato di sorveglianza, prima di pronunciarsi, dovrà chiedere il parere del Procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis, anche quello del Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. "Salvo ricorrano esigenze di eccezionale urgenza - si legge del decreto -  il permesso non può essere concesso prima di ventiquattro ore dalla richiesta dei predetti pareri". Non finisce qui: il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello sarà "informato dei permessi concessi e del relativo esito" con relazione trimestrale degli organi che li hanno rilasciati e nel caso di permessi concessi a detenuti in 41bis ne dovrà dare comunicazione al Procuratore della Repubblica e a quello nazionale antimafia.  Tuttavia per il Ministro della Giustizia "non si tratta di sfiducia nei confronti dei giudici di sorveglianza che meritano rispetto e che in generale stanno facendo un lavoro importantissimo con grande sacrificio personale e impiego di energie. Si fa semplicemente in modo che il giudice abbia un quadro chiaro e completo della pericolosità del soggetto".  Non sono mancate le polemiche, a partire dal deputato di Italia Viva Gennaro Migliore, già sottosegretario alla Giustizia: "le dichiarazioni rese dal ministro Bonafede destano grande preoccupazione. La dichiarata volontà di sottoporre le decisioni della magistratura di sorveglianza al parere di altri organi giurisdizionali, magistratura inquirente e DNA, rischiano di compromettere l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Si tratta di un provvedimento che ha alimentato preoccupazioni espresse autorevolmente anche dalla Associazione Nazionale dei Magistrati di sorveglianza. Intanto registriamo un'incomprensibile difesa a oltranza del Dap e dei suoi vertici, veri e unici responsabili delle recenti improvvide scarcerazioni". Invece i parlamentari della Lega in Commissione Antimafia, convocata ieri pomeriggio, si sono lamentati che il Ministro Bonafede e il capo del Dap Basentini  "non si sono presentati in commissione, nonostante la formale convocazione. Non hanno fornito neanche la documentazione richiesta ufficialmente per chiarire finalmente cosa stia succedendo in merito all'assurda concessione degli arresti domiciliari a numerosi boss mafiosi. Questa è omertà". Solidarietà ai magistrati di sorveglianza arriva invece da Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone: " c'è una cattiva abitudine a legiferare e assumere decisioni all'indomani di casi di cronaca sulla base dell'emotività. Compito delle forze politiche e di governo è quello di assicurare razionalità e ordinarietà alla materia penale e penitenziaria, e non quello di inseguire la realtà". Intanto si è risolta positivamente la vicenda del trentenne modenese recluso nel carcere di Vicenza a cui, pur dovendo scontare una pena residua sotto i 18 mesi, era stata negata dal magistrato di sorveglianza di Verona la detenzione domiciliare con o senza braccialetto. Il Tribunale di Sorveglianza ieri ha ordinato che il detenuto venisse posto in detenzione domiciliare senza braccialetto elettronico. "Siamo soddisfatti del risultato", ci dicono gli avvocati Roberto Ghini e Pina Di Credico. I legali si erano rivolti anche alla Cedu  con una istanza urgente ma la Corte  aveva deliberato di non voler indicazioni al Governo italiano di adottare una misura provvisoria. "Crediamo che ben difficilmente - proseguono i legali -  sarebbero avvenute in tempi così rapidi la convocazione e la decisione del Tribunale di Sorveglianza se non ci fosse stato l’intervento della Cedu. Ovviamente dobbiamo valutare se proseguire nel giudizio davanti alla Corte al fine di ottenere il riconoscimento del fatto che per il nostro assistito  vi è stata comunque violazione dell’articolo 3: costringere  inutilmente una persona, in un contesto di pericolo di contagio, a rimanere in carcere quando non assolutamente necessario costituisce, per noi, un trattamento inumano e degradante". Ci sarà da valutare anche eventualmente se vi sia stato  nelle repliche del Governo  un atteggiamento sanzionabile.

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