Emergenza covid in carcere: per ora la cedu grazia l'Italia

di Angela Stella Il Riformista 24 aprile 2020

Qualche giorno fa vi avevamo parlato del trentenne modenese recluso nel carcere di Vicenza a cui, pur dovendo scontare una pena residua sotto i 18 mesi, era stata negata dal magistrato di sorveglianza di Verona la detenzione domiciliare con o senza braccialetto. Gli avvocati Roberto Ghini e Pina Di Credico avevano presentato ricorso al Riesame di Venezia e si erano rivolti con una istanza urgente alla Cedu. Due giorni fa la Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo ha comunicato che non darà indicazioni al Governo italiano di adottare, allo stato, una misura provvisoria. Dunque il detenuto resta in carcere. Sconosciute le motivazioni. Come ci spiegano gli avvocati "ha probabilmente avuto peso nella decisione la circostanza che proprio durante questa procedura urgente, e probabilmente grazie all’immediato intervento della CEDU stessa, con tempistiche alle quali raramente si è abituati, il Tribunale di Sorveglianza competente ha immediatamente fissato udienza nell’interesse del nostro assistito il prossimo 28 aprile". Insomma la Cedu sembra voler dire 'risolvete la questione a casa vostra' altrimenti - ha scritto ai legali - avete tempo fino al 2 giugno per presentare un nuovo ricorso. Però, ci tengono a sottolineare gli avvocati,  "il Governo ha spiegato le proprie difese in maniera caotica e, spesso, non convincente", soprattutto sulla questione del braccialetti elettronici: " ha testualmente riferito alla Corte di avere acquistato il giorno 15 aprile n. 6.600 braccialetti elettronici e che tali strumenti erano già nella sua piena disponibilità. È stato agevole replicare come tale circostanza fosse “non veritiera” e come, piuttosto, la notizia riferita riguardasse un impegno “futuro”. Nel successivo intervento il Governo ha dovuto riconoscere come il termine utilizzato - “ora disponibili” -  fosse da interpretare in maniera non letterale". Abbiamo chiesto un commento al Ministero della Giustizia sulla decisione della Cedu ma nel momento in cui chiudiamo questo articolo non è giunta alcuna risposta. Intanto il numero delle persone presenti in carcere è sceso a 54.323, come ha reso noto il Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale: "si tratta di un calo sensibile che tuttavia va messo in relazione con l’effettiva capienza degli Istituti penitenziari che è attestata a 46.875 posti: tale relazione impone l’ulteriore sforzo finalizzato a non superare la totalità della disponibilità di posti per assicurare la tutela della salute e della qualità di vita delle persone detenute". Sul fronte contagi da covid-19 dobbiamo registrare che se il Piemonte è la terza regione più colpita in Italia, detiene purtroppo il primato per il numero di contagi in carcere come ci racconta il garante regionale dei detenuti Bruno Mellano: "facendo riferimento ai dati resi noti sabato dal sottosegretario Giorgis, posso dire che su 140 detenuti affetti da covid-19 in Italia, circa 50 sono in Piemonte, tra Torino, Saluzzo ed Alessandria. Nel carcere di Saluzzo comunque al momento è in corso una campagna di tamponi a tutta la popolazione detenuta e agli agenti penitenziari". Gli chiediamo un commento sulle dichiarazioni di Leo Beneduci, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp per cui " tra i detenuti sarebbe in uso scambiarsi effusioni in maniera più che palese, con l'evidente scopo di contrarre una positività che faciliterebbe l'uscita all'esterno": " è chiaramente una boutade - ci dice Mellano - i reclusi non sono mica così scriteriati. Il problema vero è che oltre il contagio da virus c'è quello da panico. In questo momento occorre trasparenza su ciò che avviene nelle carceri e sul numero del contagi. Bisogna evitare l'angoscia nella famiglie. Come è una illusione tenere il virus fuori dal carcere così è una illusione tenere fuori le informazioni".

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