L’avvocato di Contrada: “Esamineremo provvedimento per eventuale impugnazione”

Angela Stella (Il Riformista 8 aprile 2020)

Con ordinanza depositata il 6 aprile 2020, la Corte d’Appello di Palermo ha liquidato a favore di Bruno Contrada la somma di Euro 667.000,00 a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione. L’uomo aveva scontato circa 4 anni in carcere e oltre 4 anni ai domiciliari; da qui la somma, così dettagliata: 235,82 euro per ogni giorno dietro le sbarre, 117, 91 euro per ciascun giorno ai domiciliari, a cui vanno sommate altre somme risarcitorie, legate alla sofferenze patite da moglie e figli. Sarà il Ministero dell’Economia e delle Finanze a liquidare la somma. Alla richiesta di risarcimento si era opposta la Procura Generale e l’Avvocatura dello Stato.
La storia processuale dell’ex numero tre del Sisde, che ha portato a questa decisione, è lunga e complessa, ma ripercorriamo qui le tappe principali. Nel 2008 la Corte d’Appello di Palermo condannava Contrada alla pena di dieci anni di reclusione e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione mafiosa, relativamente a fatti commessi tra il 1979 e il 1988. Secondo i giudici l’ex capo della Mobile di Palermo si sarebbe reso responsabile di un apporto contributivo alle attività ed al perseguimento degli scopi illeciti di “Cosa Nostra”.
Successivamente, con sentenza divenuta definitiva il 14 settembre 2015, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, su ricorso di Contrada, ha ritenuta illegittima la precedente condanna perché per i giudici della Cedu all’epoca dei fatti contestati a Contrada il reato di concorso esterno non era sufficientemente tipizzato, quindi il processo sarebbe stato celebrato illegittimamente. La Cedu fissò al 1994, anno della sentenza Demitry che specificò i contorni del concorso in associazione mafiosa, lo spartiacque oltre il quale il reato ha assunto una connotazione chiara. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ritenne dunque lo Stato Italiano responsabile della violazione dell’art. 7 della Convenzione- Nulla poena sine lege-. Nonostante questo la Corte di Appello di Caltanissetta ha respinto l’istanza di revisione della sentenza di condanna; decisione a cui non è seguito ricorso in Cassazione.
Pur tuttavia, Contrada ha fatto richiesta di risarcimento, tramite il suo avvocato Stefano Giordano, legale del Foro di Palermo che lo assiste da anni Contrada, che così commenta: “riteniamo che la pronuncia della Corte d’Appello sia perfettamente in linea con la decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e ne dia la giusta esecuzione: al di là del quantum liquidato, la Corte d’Appello – con un provvedimento libero e coraggioso – ha statuito che Bruno Contrada non andava né processato, né tanto meno condannato e che, dunque, non avrebbe dovuto scontare neppure un solo giorno di detenzione, disattendendo le obiezioni della Procura Generale e dell’Avvocatura dello Stato“. La difesa di Bruno Contrada potrebbe impugnare la decisione della Corte d’Appello di Palermo, per ottenere una somma superiore rispetto ai 667 mila euro liquidati: “Ci riserviamo ora di esaminare attentamente il provvedimento, per valutare eventuali spazi per l’impugnazione avanti la Corte di Cassazione”. Ma non è detto che anche la Procura Generale, guidata da Roberto Scarpinato, possa impugnare la decisione.

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