«Covid, a settembre i risultati dei test del vaccino nato tra Pomezia e Oxford»

di Valentina Stella Il Dubbio 16 aprile 2020

Corsa al vaccino contro il coronavirus: l'Italia è in prima fila, grazie anche a un progetto congiunto tra un centro di ricerca italiano e la Oxford University. Ne abbiamo parlato con Matteo Liguori, amministratore delegato di Irbm SpA, società con sede a Pomezia ( Roma) che sta collaborando, attraverso la sua divisione vaccini Advent Srl, con lo Jenner Institute dell'Università di Oxford ( Regno Unito) per la produzione di un vaccino dal nome provvisorio “ChAdOx1 nCoV- 19” per sconfiggere il coronavirus. Proprio a Pomezia, nel 2010, in un bunker di vetro e cemento è nato il vaccino italiano anti- Ebola.
Come nasce la collaborazione con lo Jenner Institute?
La nostra collaborazione dura da ormai dieci anni su diversi progetti. Lo Jenner Institute ha lavorato su un vaccino contro un altro coronavirus, la sindrome respiratoria del Medio Oriente ( Mers), che ha dimostrato di indurre forti risposte immunitarie contro la Mers dopo una singola dose del vaccino nella prima sperimentazione clinica che ha avuto luogo a Oxford. Un secondo test clinico del vaccino Mers è in corso in Arabia Saudita, dove si sono verificati la maggior parte dei casi di Mers. Lo stesso approccio alla produzione del vaccino è stato adottato per il nuovo vaccino contro il coronavirus. Le loro conoscenze sui coronavirus sono state messe insieme con le nostre in ambito di adenovirus.
In che modo?
La tecnica sviluppata qui all'Irbm, in collaborazione con lo Jenner Institute di Oxford, utilizza una piccola porzione del codice genetico del coronavirus che dà origine ad una protuberanza sulla superficie che abbiamo imparato a conoscere dalle immagini del virus. Essa viene trasferita su un altro virus, come quello del comune raffreddore, che viene
prima opportunamente disattivato. L'adenovirus diviene il vettore della proteina Spike, quella che permette al nuovo coronavirus di attaccare e infettare le cellule umane dei polmoni, e funziona per attivare il sistema immunitario che la riconoscerà come pericolosa. In questo modo viene insegnato all'organismo a difendersi da un eventuale attacco del Covid- 19.
È stata saltata la sperimentazione sugli animali?
No, non è stata saltata alcuna fase indispensabile per lo sviluppo di un vaccino. La fase di sperimentazione sugli animali è stata fatta in Inghilterra.
Come mai verrà testato sui volontari in Inghilterra e non in Italia?
Era già previsto nel progetto iniziale che la fase clinica 1 si svolgesse in Inghilterra. Hanno aperto un sito internet in cui è stato pubblicato l'appello per la ricerca dei volontari, con una età tra i 18 e i 55 anni, residenti nella valle del Tamigi, che non abbiano già contratto il virus e non abbiano gravidanze in corso. Circa la metà di loro saranno vaccinati con una versione sintetica del virus, mentre il gruppo di controllo riceverà un placebo. I volontari comunicheranno ai ricercatori eventuali effetti collaterali o sintomi che potrebbero verificarsi durante lo studio.
Quando si avranno i risultati dai primi 550 volontari?
Lo studio durerà sei mesi, quindi a settembre. Questa fase mira a verificare in primis che il vaccino non sia tossico e non produca effetti negativi collaterali sull'uomo. In parallelo si verificherà la corrispondenza degli anticorpi, se essi si attivano.
Le fasi successive quali sarebbero?
Terminata questa fase, ci sarà la possibilità di proseguire la sperimentazione clinica su un campione più ampio adottando quelle che sono le regole per rispondere all'emergenza, perché lo studio clinico
viene disegnato in accordo con gli enti regolatori in base alle situazioni da affrontare, nel caso specifico una emergenza internazionale. Ciò vuol dire che da settembre potranno essere coinvolti soggetti che sono più esposti, come personale sanitario e forze dell'ordine, sempre in Inghilterra.
Se anche questa seconda fase clinica andasse bene, si passerebbe alla somministrazione del vaccino in larga scala?
La somministrazione a 7 miliardi di persone non è affatto semplice. Dipenderà da molti fattori, quali la capacità di produrlo. Noi riteniamo che il vaccino arriverà e anche la professoressa Sarah Gilbert dello Jenner Institute ha dichiarato al Times che questo progetto congiunto ha l' 80% di possibilità di raggiungere la grande platea di persone che ne hanno necessità. È vero che stiamo sviluppando una cosa che non esiste, è vero che stiamo affrontando un grande sfida ma dobbiamo essere ottimisti.
Con quali finanziamenti avverrebbe la produzione?
Allo stato attuale si parla di una produzione privata con finanziatori esterni ma si guarda anche ai governi che vorrebbero essere coinvolti.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue