Pd presenta proposta per incompatibilità in Commissione antimafia

 Valentina Stella Dubbio 30 ottobre 2024

Presentata ieri all’attenzione dell’ufficio di presidenza della Commissione parlamentare antimafia la proposta del Partito democratico atta a normare  i casi in cui i commissari, deputati e senatori, che si trovano in una situazione di conflitto di interessi in relazione a fatti oggetto di inchiesta della Commissione, devono astenersi sia dai lavori che dalla consultazione degli atti. La questione, com’è noto, è nata con la presenza in Commissione dei due ex magistrati, ora rispettivamente senatore e deputato del Movimento Cinque Stelle, Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho, e con la loro eventuale incompatibilità, dato che nella Bicamerale si sta discutendo di indagini relative alla loro attività di magistrati. Da un lato la proposta della Presidente Colosimo, appoggiata dalla maggioranza, dall’altra quella dei dem volta a tipizzare il concetto di ‘conflitto di interesse’. In particolare, secondo la proposta dem, “Si trova in conflitto di interessi il componente che: è indagato in un procedimento penale relativo a presunte condotte di mafia o gravi reati contro la pubblica amministrazione. Non rileva che del procedimento si stia occupando o possa occuparsi la Commissione”. Si legge ancora: “Ha rapporti qualificati con indagato in procedimento penale relativo a presunte condotte di mafia o gravi reati contro la PA, di cui la Commissione si occupa; ha rapporti qualificati con soggetto che la Commissione intenda sentire nelle forme della audizione testimoniale, nell’ambito di una propria inchiesta”. Si intendono per rapporti qualificati, “l’essere parente o affine, l’essere o l’essere stato socio, legale rappresentante, commensale abituale, l’essere citato come testimone dalla difesa dell’indagato quando si sia aperto il processo; abbia assunto personali iniziative giudiziarie (es.: querele) contro soggetto della cui vicenda la Commissione si occupi”. Un punto importante della proposta per evitare che ci possano essere discrezionalità derivanti dalle maggioranze di turno è che “l’UdP dopo aver valutato tutti gli elementi a disposizione, assume una ipotesi di deliberazione che viene portata al plenum della Commissione parlamentare, che la approva con i voti favorevoli dei due terzi degli aventi diritto”. Come ci spiega il senatore  e capogruppo dem in Commissione parlamentare Antimafia Walter Verini: “se si vuole fare sul serio il Pd c’è, tanto che abbiamo presentato delle proposte su cui si può discutere insieme. Altro sarebbero forme arbitrarie e inaccettabili   di esclusione di deputati e/o senatori che, al di là dei casi specifici, rischiano di ledere le prerogative costituzionali dei parlamentari”. Al momento non esiste un passo formale della Commissione, i gruppi valuteranno tutte le ipotesi in campo. Sempre ieri, durante l’ufficio di presidenza, il Pd ha chiesto alla Commissione Antimafia “di provare ad approfondire le connessioni con la vicenda di Milano e altri gravi episodi di violazione di banche dati, apparati informatici di diversi pezzi dello Stato. C'è un dato comune ossia l'allarme, lanciato a suo tempo anche in Commissione Antimafia dal procuratore nazionale Melillo” ha spiegato Verini. “Quella di Milano appare essere una vicenda di dimensioni molto più gravi di quella Striano-Laudati, tuttavia hanno un dato comune, la vulnerabilità del sistema degli apparati di sicurezza, della cybersicurezza del Paese”. Per Verini “C'è da essere davvero allarmati perché le mafie, le organizzazioni criminali, da tempo devono investire tanti soldi del narcotraffico e nelle attività illecite sia per proteggere le loro piattaforme sia per aggredire quelle degli Stati o per acquistare sul mercato clandestino e illecito banche dati, dati sensibili, a scopo di ricatto ed estorsione sia nei confronti di privati che degli Stati, quindi è importante capire cosa è successo e se è stata ed è messa a rischio la sicurezza del nostro Paese”. Ha proseguito l’esponente dem: “Abbiamo chiesto magari una nuova audizione di Melillo che potrebbe offrire al nostro lavoro elementi di utilità”. “In generale ribadiamo la necessità che sia il presidente del Consiglio a dire al parlamento cosa è successo, quali rischi il Paese ha corso e cosa si fa per proteggere il sistema informatico e il sistema di sicurezza italiano, soprattutto le banche dati sensibili, da questi pericoli e aggressioni. Non è bello che oggi (ieri, ndr) sia stato rinviato il provvedimento in Cdm, segno di un esecutivo non propriamente pronto”. 


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