Maradona non era un evasore

 Valentina Stella dubbio 2 luglio 2024

«Maradona è stato perseguitato per oltre 35 anni dal sistema Equitalia e dalla  ingiustizia italiana, è stato mortificato, umiliato ed esiliato dal nostro Paese, hanno tentato di pignorargli tutto ma con la terza sentenza di oggi (ieri, ndr) il bene vince sul male, ma purtroppo lo fa quanto el Pibe de Oro è morto (2020, ndr) e già gli hanno indebitamente preso tutto quello che oggi dovranno restituire: così al Dubbio l’avvocato storico Angelo Pisani che, a capo di un pool di dieci legali, ha ottenuto ieri anche dinanzi la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania una sentenza che riabilita il fuoriclasse argentino dopo una battaglia legale con il fisco durata decenni. Pisani arriva addirittura a paragonare il suo assistito a Tortora come a Zuncheddu, pastore sardo che ha passato quasi 33 anni dietro le sbarre senza colpe: sono  «tre innocenti vittime di ingiustizia che hanno pagato per tutta la vita». Ci spiega Pisani: « Maradona è stato utilizzato e perseguitato ingiustamente anche dal sistema mediatico/politico dell’epoca:  secondo il fisco avrebbe dovuto allo Stato italiano ben 80 miliardi di lire (relativi ai periodi fiscali 1985, 1986, 1987, 1988, 1989 e 1990), poi lievitata negli anni a oltre 40 milioni di euro, più di metà dei quali in sanzioni ed interessi di mora». Oggi, «nel 2024 si riconosce che non doveva al fisco più di 952 euro, mentre aveva un credito di 1000 non rimborsabile da condono e quindi rispetto a tutto quanto gli hanno pignorato oltre alle scuse c’è qualcuno che deve rimborsare il maltolto senza trattenere indebitamente patrimonio altrui. Oltre a questi attacchi illegittimi Diego ha patito umiliazioni indicibili e pignoramenti che ora dovranno essere restituiti e ripagati con i danni e rimborsi spese legali. Non ci fermeremo qui, faremo ricorso per le spese legali e per i danni subìti». Ma riavvolgiamo il nastro di questa intricata vicenda, caratterizzata da ben 10 ricorsi, alcuni dei quali ancora pendenti. La storia inizia negli anni ’80 quando Maradona giocava con il Napoli e i suoi compensi erano miliardari. Si ipotizzò che alcuni diritti di immagine versati su conti esteri fossero un espediente per mascherare stipendi al fine di sottrarsi al fisco italiano. Come ci spiega sempre il legale «l’accusa coinvolse non solo Diego ma anche il calcio Napoli e altri due campioni come Alemao e Careca». Per tutti la questione si risolse con il condono e l’estinzione del debito, eccetto che per Maradona, che non impugnò nulla essendo volato via da Napoli. In quel periodo il Pibe sta male, è impegnato a superare i suoi problemi con la droga e impugnerà solo nel 2001 l’unico atto di cui viene a conoscenza, ma il ricorso venne rigettato per questioni di rito. Si ritrovò così inseguito dal Fisco italiano. Il punto di svolta arriva nel febbraio 2005, quando una sentenza della Cassazione ufficializza il suo stato di evasore fiscale: il suo debito supera ormai i 36 milioni di euro, legato a mancati versamenti dell'Irpef nella seconda metà degli anni '80, e aumenta ogni giorno di oltre 3.000 euro, solo di interessi. Negli anni arrivarono i sequestri; ogni volta che il Pibe metteva piede in Italia trovava agenti della Tributaria: una volta, nel 2005, gli sequestrarono il cachet da 3 milioni della sua partecipazione a "Ballando con le stelle", e lui diede forfait in trasmissione; un'altra, nel 2006, quando gli fu confiscato un orologio Rolex da 11mila euro, e nel 2009 un paio di orecchini dal valore di 4mila euro. Negli anni a venire quando tutti pensavano che la partita era finita l’avvocato Pisani rilancia la palla in campo e convince Maradona a rientrare in Italia ottenendo subito una sospensiva dell’esecuzione a suo carico. Poi i legali invocarono più volte anche l'autotutela, chiedendo che fosse esteso anche a lui il condono di cui, per la stessa vicenda, aveva beneficiato la società calcistica e gli altri due calciatori. Ma le commissioni tributarie provinciale e regionale rigettarono i ricorsi. Di qui la scelta di andare in Cassazione. Nel marzo 2021 la prima vittoria: Piazza Cavour aveva stabilito che il calciatore argentino avrebbe potuto beneficiare del condono e che i giudici di merito avrebbero dovuto valutare la sua posizione tributaria solo per il debito eventualmente residuo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Come è stato confermato nel pronunciamento del gennaio 2023 quando gli ermellini, in particolare la sezione tributaria della Cassazione, hanno accolto il ricorso discusso dai legali di Maradona e rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania. Insomma la Cassazione ha dato ragione a Maradona. E ieri la conferma che Maradona non era un evasore è arrivata nelle 20 pagine di sentenza della Corte di giustizia tributaria dove leggiamo: «l'appello incidentale di Maradona va parzialmente accolto, stabilendo che per i titoli di imposta IRPEF di cui agli accertamenti per i periodi di imposta», «l'imposta complessiva residuata a seguito degli effetti della definizione della lite da parte del SSC Napoli», «ammonta a complessivi euro 951,82». «Ne deriva che il pignoramento impugnato va parzialmente annullato quanto alle imposte richieste e ai relativi interessi, ad eccezione che per euro 951,82 per imposte complessive e correlativi interessi, ma non riguardo alle sanzioni; l'aggio dovuto va riproporzionato». Pertanto «rimane infondato l'appello principale di AdE», mentre «l'appello di Equitalia (oggi Agenzia delle Entrate Riscossione), […] diviene improcedibile per carenza di interesse sopravvenuto». «E pensare – conclude l’avvocato Pisani– che Diego ed io fummo accusati di diffamazione da Equitalia perché sostenevamo che lo perseguitavano ma fummo per fortuna assolti».

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