Il popolo palestinese ha diritto a ribellarsi?

 Angela Stella Unità 11 luglio 2024

Oggi la Corte di Cassazione deciderà se far rimanere in carcere tre ragazzi palestinesi arrestati perché ritenuti appartenenti alla resistenza armata operante in Cisgiordania, qualificata come attività terroristica dai giudici dell'Aquila. Piazza Cavour dovrà quindi decidere se la resistenza è un diritto del popolo palestinese oppure costituisce un reato perseguibile in Italia. Ma ripercorriamo la vicenda così come la illustra il loro avvocato Flavio Rossi Albertini: “a gennaio 2023 il governo italiano accoglieva la richiesta di arresto provvisorio a fini estradizionali avanzata dal governo Israeliano nei confronti di Anan Yaeesh. Il crimine a lui addebitato era quello di essere un membro attivo della resistenza palestinese intrapresa in Cisgiordania”. Pertanto, il nostro governo inoltrava la domanda di arresto alla Corte di Appello de l’Aquila che ne disponeva “pedissequamente” la custodia cautelare in carcere. A febbraio la difesa ha avanzato di revoca della misura cautelare per i seguenti motivi: “concreto ed effettivo che Anan, qualora estradato in Israele, sarebbe stato sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, a tortura, rischio documentato dai report delle organizzazioni non governative ritenute affidabili sul piano internazionale, dal Rapporto delle Nazioni Unite redatto dalla Relatrice Speciale sulla situazione diritti umani nel territorio palestinese. Infine perché il rischio di violazioni dei diritti umani di Anan era già stato espressamente riconosciuto dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Foggia, ovvero da una articolazione del Ministero degli interni, la quale dal 2019 aveva ritenuto sussistenti i presupposti per la concessione della protezione speciale”. Inoltre la difesa ha evidenziato la “ ‘clausola di non discriminazione’ ” che si sostanzia nel doppio standard normativo e giudiziario - cd. Apartheid - , applicato ai palestinesi dei territori occupati rispetto ai coloni israeliani; nella deportazione e detenzione dei palestinesi in territorio israeliano; nella detenzione amministrativa”. A marzo la Corte d’Appello de L’Aquila, in accoglimento degli argomenti difensivi, disponeva la revoca della custodia cautelare in favore di Yaeesh e dichiarava non luogo a provvedere in ordine all’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione, ritirata nel frattempo da Israele. Tuttavia, esattamente due giorni prima la revoca della custodia cautelare disposta dalla Corte d’Appello, ad Anan, unitamente a due ragazzi palestinesi amici dello stesso e con lo stesso dimoranti a l’Aquila, Irar Ali e Doghmosh Mansour, veniva notificata un’ordinanza di custodia cautelare perché accusati di terrorismo per aver  partecipato alla lotta armata contro l’occupante straniero in Cisgiordania, fenomeno resistenziale ricondotto dalla magistratura requirente e giudicante alla categoria del terrorismo invece che al legittimo diritto alla autodeterminazione dei popoli. “Ciò, nonostante il diritto internazionale umanitario – spiega Albertini -  riconosca alle popolazioni sottoposte all’occupazione il diritto, anche con la lotta armata, all’ indipendenza, salvo il limite integrato dal compimento di azioni militari di ribellione contro la popolazione civile”. La difesa ha proposto il riesame evidenziando, tra l’altro, “la pacifica riconducibilità dei fatti sottesi alla presente vicenda nell'alveo del diritto internazionale umanitario in tema di autodeterminazione dei popoli” e “l’impossibilità di ricondurre i territori teatro dei fatti alla nozione di Stato Estero” in quanto “gli atti di violenza sarebbero commessi in Palestina, ossia in un territorio, che da una parte non è stato ancora riconosciuto come tale dal diritto internazionale, e dall'altro è un'occupazione”. In data 4 aprile  il Tribunale della Libertà confermava l’ordinanza del Gip, in particolare ravvisando il superamento del limite posto alla ribellione armata per il diritto all’autodeterminazione, ossia il compimento di azioni contro obiettivi civili, nella pianificazione di un attentato ad Avnei. Pertanto, la difesa si è rivolta alla Cassazione. Ci dice l’avvocato Rossi Albertini: “Nonostante la collocazione del governo italiano a sostegno dello stato di Israele, la speranza è che la Corte di Cassazione faccia prevalere il diritto e le convenzioni internazionali riconoscendo la piena legittimità del popolo palestinese di lottare contro la potenza occupante e conseguentemente annulli le misure cautelari”.

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