Pd: la libertà di informazione non è negoziabile

 Angela Stella Unità 19 aprile 2024

“Questo Governo più che la destra – spesso è capitato infatti che provvedimenti di natura parlamentare si siano trasformati in atti dell’Esecutivo con testi che sono giunti all’improvviso  - ci sta abituando ad una sorta di panpenalismo emozionale, spesso con una spinta repressiva e sanzionatoria molto forte che, rispetto a questa proposta, sembra assumere anche una volontà vendicativa verso i giornalisti”: così ieri la responsabile giustizia del Partito democratico Debora Serracchiani durante una conferenza stampa convocata al Senato per partecipare le preoccupazioni sottese al ddl n. 466 proposto da Alberto Balboni di Fratelli d’Italia,  in discussione a Palazzo Madama, in materia di diffamazione, di segreto professionale, e disposizioni a tutela del soggetto diffamato. “Oggi la destra – ha proseguito -  con questa iniziativa insieme ad altre, come la legge bavaglio o l’occupazione della Rai, lede quelli che sono i principi fondamentali. La nostra posizione è chiara a livello legislativo e comunicativo. Vogliamo anche però sollecitare la destra italiana a intraprendere una strada diversa, che stia dentro i valori della Costituzione e nel quadro dei principi europei, nonché nel rispetto dell’equilibrio dei poteri. La libertà d’informazione non è negoziabile”. È dei giorni scorsi la notizia della presentazione da parte di senatori della maggioranza, in particolare del senatore Gianni Berrino, di alcuni emendamenti, poi ritirati, che prevedevano il carcere per i giornalisti colpevoli del reato di diffamazione. Tuttavia il ritiro degli emendamenti non ha spento l'allarme dei dem. “Noi abbiamo fortemente contestato - ha sottolineato il presidente dei senatore dem Boccia - non solo la norma ma l'atteggiamento della maggioranza, le modalità con le quali il Governo è intervenuto e il tentativo violento di intimorire la stampa e di imbavagliarla». Per Boccia si tratta di un segno di una più generale di “insofferenza ai meccanismi di controllo”, dei quali la stampa è un pilastro. Per il senatore Alfredo Bazoli le intenzioni della maggioranza e del Governo “sono diventate più evidenti con gli emendamenti del relatore la settimana scorsa, con i quali si reintroduceva la pena della detenzione per i giornalisti con sanzioni pecuniarie molto elevate, che mettevano fortemente a repentaglio la libertà di stampa. Sanzioni dal sapore intimidatorio nei confronti dei giornalisti e dell'informazione. Quegli emendamenti presentati dal relatore, e ricordo - ha aggiunto - che un relatore di un testo di legge non si muove in autonomia ma tendenzialmente in accordo col Governo, sono stati ritirati, è una cosa positiva ma che non toglie la sensazione che ci ha lasciato: che parte della maggioranza vuole cogliere l'occasione non per bilanciare, equilibrare il rapporto fra tutela della reputazione e libera informazione ma vuole operare una forte stretta”. Bazoli ha ricordato che la recente direttiva europea su questi temi “è stata chiamata legge di Dafne, in ricordo della giornalista maltese Dafne Caruana, uccisa mentre aveva a suo carico 48 procedimenti legali, ovviamente e evidentemente di natura intimidatoria”. Il parlamentare Walter Verini, dal canto suo, ha ricordato che nel 2022 «sono state 500 le liti temerarie a danno di giornalisti”. A suo giudizio “il tema emergenziale oggi, dopo che l'intervento dell'allora ministro Andrea Orlando aveva corretto alcune storture, non è la lesione della reputazione ma la tutela del giornalismo. Quello che accade con il servizio pubblico radiotelevisivo, con la stretta sulla pubblicazione delle notizie, con le pressioni sui giornalisti d'inchiesta, con la compravendita dell'Agi, con l'attacco alla par condicio e alle fonti: l'insieme di queste cose delinea un fastidio per i controlli, i contropoteri democratici sanciti dalla Costituzione, come l'attacco alla magistratura, ai poteri indipendenti e al contropotere dell'informazione”. “Stiamo discutendo - ha concluso la vice presidente del Senato Anna Rossomando - del rapporto tra la libertà e il potere: questo interroga le democrazie moderne e la direzione che debbono prendere, se vogliamo chiamarle democrazie liberali. Quando parliamo delle intimidazioni ai giornalisti stiamo parlando del fatto che è inaccettabile che qualcuno decida cosa si può e cosa non si può dire, e che lo faccia chi è più forte, chi ha il potere”.

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