Impresentabili perché “imparentati coi boss”, la commissione Antimafia cerca una via più “garantista”

 Valentina Stella Dubbio 5 aprile 2024

Si discuterà probabilmente tra due settimane nella bicamerale parlamentare antimafia la proposta di modifica del codice di autoregolamentazione dei partiti per i cosiddetti «impresentabili». Le elezioni Comunali e quella regionale del Piemonte ci saranno i prossimi 8 e 9 giugno, accorpate a quelle europee: l’obiettivo della presidente Chiara Colosimo (Fratelli d’Italia), molto vicina alla premier Giorgia Meloni, è quello di giungere quanto prima all’approvazione del nuovo testo, prima delle amministrative quindi. Già due mesi fa aveva presentato degli ‘emendamenti’ al codice precedente che porta la firma apposta nella scorsa legislatura dall’ex pentastellato Nicola Morra, adesso ha aggiunto altre modifiche, collegate anche ai recenti fatti di Bari e al tema dello scioglimento dei Comuni. «Vorrei inserire il controllo sull'amministrazione e i ruoli apicali obbligatoriamente sui Comuni sciolti per mafia e su richiesta se qualche Comune ha un dubbio o segnala anomalie» aveva detto due giorni fa al forum dell’Adnkronos, aggiungendo che il controllo dovrebbe riguardare, ad esempio, anche «dirigenti, amministratori delegati delle società, direttori generali». «Riguardo alle infiltrazioni, non possiamo pensare che il problema sia sempre della politica», ha sottolineato Colosimo che vorrebbe inserire nel «codice di autoregolamentazione la possibilità di controllo dell'apparato burocratico delle amministrazioni. Io, ad oggi, controllo i candidati, ma perché la Commissione parlamentare Antimafia non controlla chi ha un ruolo pubblico nei Comuni e nelle partecipate quando ci sono scioglimenti per mafia?». In realtà il vero cuore della proposta di modifica della Colosimo sulle black list riguarda un altro aspetto: l'idea di inserire il controllo sul quarto grado di parentela per i reati di mafia. In pratica applicare le norme sugli impresentabili anche a chi ha parenti condannati in via definitiva per reati di criminalità organizzata. Parenti fino al quarto grado, che significa, per dire, anche cugini alla lontana. «È evidente che per controllare il quarto grado – ha detto la parlamentare  -  non puoi fare altro che rivolgerti alla prefettura di zona e chiedere se, dei candidati, qualcuno appartiene a una famiglia mafiosa perché non esiste una banca dati sui parenti dei mafiosi. Bisogna capire come fare ciò perché non si improvvisa e va fatta con tutte le regole – ha sottolineato - Poi bisogna capire come permettere a quella persona di dimostrare che non ha rapporti con quel parente». Insomma, le responsabilità penali sono e restano personali ma tu che vuoi candidarti devi dimostrare di non avere alcun legame con quel soggetto malavitoso. «Quanti politici conosciamo che hanno un parente che ha avuto un problema con la giustizia? Peraltro ce l'ho anche io. Non vuol dire che sei automaticamente una persona che ha un problema con la giustizia – ha proseguito Colosimo - Il tema è un altro: sulla criminalità organizzata il vincolo familistico ha un peso. Ma se sei Peppino Impastato nessuno ti viene a chiedere conto perché hai fatto delle cose per cui hai preso le distanze da quella famiglia». Comunque, dalle sue parole, si evince che l’onorevole di Fd’I è pronta a dialogare costruttivamente con le altre forze di maggioranza e trovare un bilanciamento tra le posizioni in campo: lo scopo è quello di poter far affrancare dallo stigma mafioso i parenti ‘puliti’ dei condannati per reati gravi ma con una seria discussione in Commissione che trovi il metodo giusto per raggiungere l’obiettivo. «Io ho fatto una mia proposta, ma come è corretto che sia, le proposte devono poi essere condivise ed era giusto che tutti i partiti potessero fare le loro. Queste proposte sarebbero dovute arrivare prima di Pasqua, la Commissione è stata occupata con molto altro e quindi non mi sento di dare colpe a nessuno». L’iter si è bloccato a causa delle audizioni sul presunto dossieraggio, sul quale sta investigando la Procura di Perugia, e questo pit stop è stato anche provvidenziale per la maggioranza che sul tema sembra non essere pienamente in sintonia. È chiaro che, ad esempio, Forza Italia non sia sulla stessa linea della Colosimo, come già emerso sul Dubbio a febbraio quando   il vicepresidente azzurro della Camera Giorgio Mulè disse: «Non vorrei che un approccio sicuramente encomiabile da parte della presidente Colosimo venga travisato e finisca per diventare una formidabile arma nelle mani dei giustizialisti un tanto al chilo che pretendono di giudicare le persone sulla base di un cognome o di una parentela». Tuttavia le dichiarazioni della Colosimo sembrano voler ammorbidire gli arroccamenti e puntare al dialogo. 

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