Carceri, Anm: vince la linea reazionaria

 Angela Stella Unità 9 aprile 2024

Non si ferma l'ondata di suicidi di detenuti nelle carceri italiane. Siamo arrivati a 30 dall’inizio dell’anno. L'ultimo, in ordine di tempo, è quello di un recluso di origine straniera ristretto nella casa circondariale di Vibo Valentia. La posizione del Governo la conosciamo ormai da tempo: Nordio ripete che i suicidi sono un “fardello”, assegna 5 milioni per il potenziamento dei servizi trattamentali e psicologici negli istituti ma tutti lo criticano perché è il classico pannicello, ribatte su riutilizzo delle caserme e costruzione nuove carceri. Di questo si è discusso animatamente durante l’ultimo ‘parlamentino’ dell’Anm che si è tenuto nel fine settimana. L’Associazione Nazionale Magistrati ha approvato una mozione all’unanimità ma molto al ribasso rispetto alle risposte di cui avrebbero bisogno gli istituti di pena e i detenuti e il dibattito che l’ha preceduta ha fatto emergere la distanza profonda che esiste all’interno della magistratura sul tema. Da una parte Magistratura Indipendente, con una visione carcerocentrica e reazionaria della pena, dall’altra le correnti progressiste, Magistratura Democratica e Area, con un’altra volta all’umanizzazione della stessa. In mezzo Unicost sempre un po’ ballerina.  Enrico Infante di Mi ha detto e lo si può risentire tutto su Radio Radicale: “già con la Cartabia le sanzioni sostitutive sono ampliate a 4 anni. Ancora dobbiamo ampliare? Il nostro sistema penale si è eccessivamente illanguidito, sbracato dire. Giorgio Marinucci, penalista iscritto a Rifondazione Comunista nel ’95, diceva che con l’incremento dell’affidamento in prova e delle sanzioni sostitutive il nostro sistema si è disintegrato. L’efficacia deterrente della pena è venuta meno”. Oggi però le statistiche dicono altro: meno carcere, meno recidiva. Secondo diversi studi la percentuale dei recidivi fra coloro che scontano una pena in carcere è del 68,45%, mentre la percentuale scende al 19% se si guarda chi è destinatario di misure alternative. Persino studi d’oltreoceano hanno dimostrato che negli Stati Uniti la pena di morte non fa da deterrente al crimine. Paradossalmente dove viene praticata ancora si delinque di più. Ma tornando all’Anm, diversa la posizione di  Luca Poniz di Area: “chi di noi ha chiesto di essere ammesso nelle celle si è reso conto con mano quanto distante sia, più che in ogni altro ambito, la distanza tra i principi costituzionali che noi solennemente proclamiamo su cui giuriamo e la realtà delle persone che subisce quotidianamente delle torture perché questa è la parola più usata”.  E poi Stefano Celli di Md che, parlando della circolare del DAP sulla “media sicurezza”, che ha riportato tutti gli istituti al precedente regime c.d. “chiuso”’ ove i detenuti trascorrono venti ore all’interno di celle sovraffollate, perché le attività trattamentali da svolgere fuori dalle celle non ci sono, ha detto: “durante il Covid siamo stati in un regime paragonabile agli arresti domiciliari per due mesi e sembrava che ci avessero tagliato una mano, due braccia, due gambe e noi stavamo a casa nostra nel nostro letto, cioè non in quattro in un letto, non in otto in una stanza dove normalmente si sta in due”. E dalla platea una esponente di Mi: “ma noi eravamo innocenti”. Ecco la caratura culturale di certa magistratura. Vediamo ora uno stralcio della mozione approvata: “La condizione, come tragicamente ci ricorda il numero intollerabile dei suicidi in carcere, è gravissima”. Si è ribadito che la “necessità di ridurre l’accesso al carcere è ben presente nel percorso normativo iniziato con la riforma Cartabia, con il potenziamento delle pene sostitutive. Tuttavia, si assiste ad una sostanziale disapplicazione degli istituti a causa di inadeguatezze organizzative degli uffici chiamati ad interagire nella fase di articolazione dei percorsi rieducativi”. Si segnala quindi “l’opportunità di garantire una più incisiva efficacia ai meccanismi premiali finalizzati alla rieducazione e risocializzazione del detenuto, anche prendendo in considerazione un temporaneo ampliamento degli stessi ed una rivisitazione e razionalizzazione dell’intero sistema.  Al Ministro della Giustizia chiediamo quindi di dare corso ad investimenti urgenti e adeguati finalizzati a: aumentare l’organico delle figure direttamente coinvolte nei progetti di recupero e formazione dei detenuti e della polizia penitenziaria, garantendone l’effettiva copertura   con investimenti destinati; potenziare gli Uffici di Esecuzione esterna; dare finalmente corso ad un piano di costruzione di nuove carceri moderne e residenze per esecuzione di misure di sicurezza (R.E.M.S.); di promuovere ed attuare convenzioni con aziende e associazioni datoriali e del Terzo settore, al fine di garantire l’effettività del lavoro ad ogni detenuto; di rafforzare l’assistenza sanitaria soprattutto psicologica e psichiatrica”. Per far accettare a Magistratura Indipendente di considerare la proposta del deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, elaborata insieme alla presidente di Nessuno Tocchi Caino, Rita Bernardini, sulla liberazione anticipata speciale, ora in discussione in Commissione Giustizia della Camera, si è dovuto mettere in atto un vero e proprio gioco di prestigio linguistico: la norma si è trasformata nell’espressione “temporaneo ampliamento degli stessi (riferito ai meccanismi premiali, ndr)  ed una rivisitazione e razionalizzazione dell’intero sistema”. Mi proponeva solo la costruzione di nuove carceri e il riutilizzo delle caserme, perfettamente in accordo con la linea del Ministro Nordio e dell’Esecutivo Meloni. Tanto è vero che durante il Cdc nella saletta del Palazzaccio mentre intervenivano gli esponenti della corrente conservatrice si sentiva dalla platea un borbottio da parte di quelli di Md e Area con frasi del tipo “buttate via la chiave” e “poi non dite che non siete collaterali al Governo”. Per giungere alla mozione unitaria si sono dovute pertanto sacrificare le proposte delle correnti di sinistra che puntavano ad indulto, amnistia e una seria rivisitazione della legislazione in materia di droghe leggere. 

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